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Allarme Legambiente: la marea nera incombe sull’Italia

10 agosto 2010 0 commenti

la marea neraL’Italia è a rischio marea nera. Ogni anno il nostro Paese movimenta complessivamente oltre 343 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi ed è però impreparato ad affrontare una eventuale emergenza sul fronte della bonifica delle coste in caso di spiaggiamento di petrolio. L’allarme è contenuto in un dossier di Goletta verde di Legambiente dove con una serie di cifre impressionanti si ricorda che l’Italia ha il “primato del greggio versato nei principali incidenti degli ultimi 25 anni” e si afferma che siamo una delle “nazioni al mondo più esposte al rischio di incidente ambientale connesso allo sversamento di petrolio”.

Sono ben 162.600, si spiega, le tonnellate di idrocarburi finite nei nostri mari dal 1985 ad oggi, più della metà di tutto il petrolio finito nel Mediterraneo nello stesso periodo. E di queste la maggior parte (134mila tonnellate) a causa del catastrofico incidente del 1991 della petroliera Haven nelle acque antistanti Genova. Ogni anno verso le coste italiane viaggiano ben 178 milioni di tonnellate di petrolio, quasi la metà di tutto il greggio che arriva in direzione dei porti del Mediterraneo, crocevia delle petroliere di tutto il mondo. E con 12 raffinerie, 14 grandi porti petroliferi e 9 piattaforme di estrazione off-shore movimenta complessivamente oltre 343 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi all’anno a cui vanno aggiunte le quantità di petrolio e affini stoccati in 482 depositi collocati vicino al mare, che hanno una capacità di quasi 18 milioni di metri cubi.

Il Belpaese inoltre è al centro di ben 10 rotte all’interno del bacino del Mediterraneo che praticamente includono nel traffico dell’oro nero tutte le Regioni costiere italiane.  Con 5 raffinerie, 5 porti, 4 piattaforme e oltre 123 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi movimentati, è la Sicilia la regione più interessata, seguita dalla Liguria dove transitano quasi 65 milioni di tonnellate di petrolio e affini, il Friuli Venezia Giulia (45), la Sardegna (41), il Veneto (31) e poi Puglia (11), Lazio (9), Toscana (9), Marche (8) e il resto tra Abruzzo e Molise.
Il rapporto di Legambiente fotografa la presenza di fattori di rischio connessi alla marine pollution, l’entità dell’inquinamento da idrocarburi sulle nostre coste e le attività di mitigazione di tale rischio messe in atto da 132 comuni costieri italiani. Ed è così che si scopre che la maggior parte degli enti locali sono impreparati.

Sebbene nel 27% dei comuni costieri interpellati da Legambiente, infatti, siano presenti infrastrutture connesse al trasporto e/o all’estrazione/lavorazione di prodotti petroliferi e negli ultimi 5 anni ben il 18% di essi abbia subito spiaggiamenti di prodotti petroliferi, solo un comune su cinque ha predisposto un elenco delle zone sensibili da proteggere prioritariamente in caso di sversamento di idrocarburi (aree protette, prese d’acqua per il raffreddamento di impianti industriali, ecc.) e appena il 16% possiede piani locali di antinquinamento sulla costa. Soltanto il 13% dei comuni poi, può contare su personale formato nel campo della risposta ad inquinamento da idrocarburi per un intervento tempestivo e di qualità in caso di piccola e grande emergenza e solo il 15% tra quelli che hanno subito spiaggiamenti negli ultimi 5 anni, ha predisposto interventi di bonifica e ripristino della costa.

“Se da un lato il sistema d’intervento italiano in mare è efficace, tempestivo e di alta qualità – ha precisato il presidente Vittorio Cogliati Dezza – sul fronte della bonifica delle coste in caso di spiaggiamento di petrolio, c’è ancora molto da fare soprattutto da parte degli enti locali”. “I dati che abbiamo raccolto – ha aggiunto il presidente di Legambiente – confermano la necessità di estendere la preparazione sul fronte dell’intervento in emergenza ma anche della prevenzione di questo tipo d’incidenti, che possono causare danni incalcolabili con conseguenze catastrofiche per gli ecosistemi marini e costieri e anche per le economie del mare”.

Nonostante gli intensi controlli operati dalla Guardia Costiera, che nel biennio 2008-2009 ha realizzato ben 15.517 missioni di vigilanza Antinquinamento, di cui più di diecimila effettuate con motovedette, e con 6.711 ispezioni sui natanti per la verifica del corretto smaltimento degli olii esausti, secondo Legambiente, è necessaria una normativa internazionale più stringente sul traffico di petrolio in mare che argini la pratica criminale di scarico delle acque di sentina e di lavaggio delle cisterne. Altrettanto importante poi, sarebbe obbligare le petroliere a dotarsi di equipaggi professionalmente più preparati e imporre il divieto di navigazione alle navi che trasportano sostanze pericolose e inquinanti in condizioni meteo marine particolarmente avverse. Infine è necessario estendere anche al combustibile di bordo la copertura assicurativa in caso di incidenti e imporre un obbligo di adeguamento a livello costruttivo delle cisterne che contengono il bunker.