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L’Italia pullula di reti spadare illegali: ecco a voi la Malapesca

19 novembre 2010 0 commenti

25830-big-1-pesce-spadaOgni anno in Italia, con la chiusura a ottobre della stagione di pesca del pescespada, riemerge con forza uno dei grandi mali della Pesca italiana: la diffusissima pratica dell’uso illegale delle reti derivanti, le spadare, messe al bando dalle Nazioni unite e dal 2002 in tutta l`Unione europea, e le ferrettare, utilizzate spesso in modo illegale, che comportano la cattura accidentale di diverse specie protette o a rischio come tartarughe, delfini, squali e balene.

A denunciarlo, e a fare la mappa della ‘malapesca’ in Italia, sono Lav, Legambiente e Marevivo con il dossier “La pesca illegale, non documentata e non regolamentata nell`Unione Europea: il caso delle derivanti italiane”. Una forma di illegalità che non si attenua, con un 2010 ancora segnato da gravissimi casi di malapesca e ben 37 pescherecci sanzionati per uso illegale di reti derivanti solo nei primi sei mesi dell`anno. Si stima che il volume d’affari della pesca illegale a livello mondiale possa essere superiore a 10 miliardi di euro.

La lista allegata al rapporto elenca le barche sanzionate negli ultimi sei anni dalle Capitanerie di Porto e quelle segnalate dalle associazioni ambientaliste: si tratta di circa 300 pescherecci, che hanno utilizzato illegalmente le reti derivanti, registrati principalmente nei porti di Ponza, Bagnara Calabra, Lipari, Porticello, Santa Maria La Scala. Questi scali ospitano oltre un terzo di tutta la flotta `pirata`, ampiamente tollerata dalle autorità locali: eclatante il caso del comune di Acitrezza dove a giugno di quest`anno si è organizzata addirittura la “Sagra del Pescespada di San Giovanni” pescato dalle “storiche spadare trezzote”.

La maggior parte dei pescherecci riportati nella lista nera è stata sanzionata più volte, alcune a distanza di pochi giorni. La sanzione massima prevista è di soli 4.000 euro, la metà o ancor meno per chi patteggia; il sequestro delle reti, spesso non viene confermato dai giudici con conseguente restituzione delle stesse ai proprietari che riprendono a pescare illegalmente. L`unica misura davvero dissuasiva, contenuta in un Decreto Ministeriale del 1998, prevede la sospensione dell`autorizzazione di pesca dai 3 ai 6 mesi ma non risulta sia mai stata applicata e lo scorso ottobre la direzione generale della pesca del ministero dell`Agricoltura, denunciano ancora gli ambientalisti, ne ha addirittura sconsigliato l`applicazione.