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La Sardegna punta al 20% di rinnovabili al 2020. Per cominciare

11 giugno 2011 0 commenti

Dopo il travolgente no al nucleare sancito dal referendum consultivo il progetto ‘Sardegna CO2.zero’, passa alla fase operativa, e significa non solo ambiente, ma anche economia e lavoro. E i giovani ne sono i protagonisti, non solo in quanto generazione futura che ne godra’ i frutti, ma perche’ tocchera’ a loro, con la propria capacita’ e preparazione, dare corpo e sostanza a questo percorso della Sardegna verso la sostenibilita'”.

Lo dice Andrea Prato, ex assessore regonale della Regione Sardegna all’Agricoltura, nominato dal presidente Ugo Cappellacci responsabile del progetto Sardegna ‘CO2.zero’. Il progetto – che sara’ presentato lunedi’ a Cagliari, in coincidenza con la chiusura del referendum – ha l’obiettivo di produrre, in linea con quanto stabilito dall’Ue, almeno il 20% di energia da fonti rinnovabili entro il 2020 e di arrivare al traguardo del 35% entro il 2030. Intanto oggi mille rose “a emissione zero” sono arrivate sui banchi di scuola della Sardegna. Fiori bianchi e rossi, in omaggio alla bandiera dell’Isola, provenienti da serre alimentate a energia solare e divenuti il simbolo della “rivoluzione sostenibile” messa in cantiere da Cappellacci, che parte proprio dai giovani sardi e da nuovi master e corsi di alta specializzazione per costruire le professioni del futuro. In Italia, infatti, ricorda una nota, gli impiegati nel settore ambientale sono circa 100mila (rapporto Ires-Cgil ‘Energia e lavoro sostenibile’) e aumenteranno di un milione di unita’ nei prossimi cinque anni (fonte Kyoto club). Si stima inoltre che piu’ di 100mila nuovi posti di lavoro si potrebbero creare attraverso la riconversione del 20% dell’industria petrolchimica in bioraffinerie.

Quella della rivoluzione ‘verde’ e dei ‘green jobs’ e’ la strada intrapresa per Porto Torres, che vedra’ trasformare il vecchio impianto petrolchimico nel primo polo di chimica verde d’Europa. “Una volta a regime, nel 2016, gli occupati dello stabilimento aumenteranno del 20%, senza considerare gli effetti sull’indotto nei nuovi impianti alimentati a biomasse verranno infatti prodotti sacchetti di bioplastica, posate usa e getta di origine vegetale, prodotti in grado di biodegradarsi in brevissimo tempo, oggetti di uso comune destinati a modificare, insieme alle abitudini di vita, anche l’economia locale del territorio”.

La Sardegna “ha una forte e radicata tradizione legata alla natura, al paesaggio, ai suoi cicli vitali- aggiunge Andrea Prato, responsabile del progetto ‘Sardegna CO2.zero’- la nostra scommessa e’ riuscire a creare sviluppo e occupazione partendo dagli stessi valori che caratterizzano la nostra societa’ da migliaia di anni, riconvertendo in chiave ecosostenibile le figure tradizionali dell’economia locale. Perche’ sviluppo sostenibile non significa difendere la terra dei padri, ma quella dei figli”.

Secondo i piani della regione saranno i ‘green job’ a dare “una svolta alla lotta contro la disoccupazione giovanile, affrontata nei giorni scorsi con un piano straordinario per il lavoro che ha stanziato 200 milioni di euro destinati a giovani, donne e disoccupati e che punta a coinvolgere 108 mila studenti e 350 imprese, di cui 200 di nuova costituzione”. Nel 2010, il tasso di giovani sardi in cerca di impiego “e’ stato del 38,8%”.