Piano casa: un attentato al Bel Paese
Di straordinaria gravità il testo dello schema di decreto legge sul cosiddetto “piano casa” inviato dal Governo alla Conferenza Stato Regioni.
Sono previsti ampliamenti del 20% per tutti gli immobili realizzati, anche in sanatoria, entro il 31 dic. 2008. Le unità abitative potranno essere ampliate sino a 300 metri cubi, le altezze dei fabbricati potranno essere aumentate sino a 4 metri oltre quelle previste dagli strumenti urbanistici vigenti. Sono ammessi i cambi di destinazione d’uso. In caso di abbattimento e ricostruzione gli edifici residenziali potranno aumentare del 35%, mentre per quelli commerciali addirittura può aumentare del 35% la superficie occupata; queste ipotesi sono possibili solo in caso di adozione di tecniche di bioedilizia o di energie rinnovabili, ma il decreto non stabilisce nessun indice di efficienza energetica e addirittura rende possibile tali incrementi di volume anche solo al fine del “risparmio delle risorse idriche e potabili”. Vengono fatte salve le zone inedificabili, ma con l’esclusione delle sole zone A (ben poca cosa), gli aumenti di volume e di superficie occupata potranno essere realizzati anche nei parchi. Gli interventi non sono soggetti a concessione edilizia ma a semplice DIA (Denuncia Inizio Attività) e tutte le procedure di controllo vengono fatte attraverso autocertificazione.
Il Governo è andato ben oltre il 20% di cubature aggiuntive e certo non si è limitato, come sarebbe ampiamente auspicabile, alle sole aree metropolitane consolidate. Sono investite tutte le aree protette, le zone paesaggistiche, saltano gli indici di edificabilità fissati dai Comuni, nulla si prevede per gli standard di verde pubblico. Grandissimo regalo agli imprenditori che potranno aumentare i capannoni del 35% ed ogni tipo di immobile industriale o commerciale. Falsa la promessa di condizionare gli abbattimenti e le ricostruzioni al miglioramento ambientale: senza indici di efficienza energetica non esiste controllo e, inoltre, il testo prevede come alternativa la possibilità del risparmio idrico, come dire che basta mettere il recupero delle acque piovane e i rubinetti di nuova generazione per costruire il 35% in più.
Stravolte le procedure autorizzative ben sapendo che data la mole degli interventi che si prevede né i Comuni, né le soprintendenza saranno in grado di dare qualsivoglia risposta. Ed inoltre, inevitabilmente, tutti gli abusi realizzati, se rientrano nel limite del 20% sino a 300 metri cubi, verranno certamente fatti passare come opere nuove e quindi sanati.
Quanto si sta facendo non risponde in alcun modo ad un interesse pubblico, ma ad una sommatoria di interessi privati. E’ talmente clamoroso il tutto che sembra un tardivo scherzo di carnevale, o un pesce d’aprile anticipato, la speranza è che qualcuno si renda conto, che il Parlamento, le Regioni, la Corte Costituzionale, ma soprattutto il mondo della cultura, delle università, delle Associazioni, prendano coscienza che mai, davvero mai, il Bel Paese aveva ricevuto un simile attacco.