Il Paese vulnerabile
L’ospedale di San Salvatore a L’Aquila è stato inaugurato nel 2000. Oggi, dopo una scossa di terremoto del 5.8 della scala Richter è stato dichiarato inagibile per il 90% delle strutture. Si tratta di un edificio in cemento armato, costruito (in teoria) nel pieno rispetto anche delle normative antisisimiche che in Italia sono vigenti dal 1974, quindi obbligatorie e non derogabili soprattutto nel caso di costruzione di edifici pubblici.
Fermo restando il cordoglio per le vite che si sono perse, nella solidarietà per il dramma umano che migliaia di nostri concittadini stanno vivendo, quanto si è visto scatena una rabbia infinita per come ancora una volta questo nostro benedetto Paese non sia in grado di agire in modo coerente alle situazioni di rischio che ben si conoscono.
L’Italia è da sempre un territorio ad altissima vulnerabilità sismica. È stato stimato che negli ultimi 1000 anni i terremoti di media e forte intensità siano stati circa 30.000 e di questi almeno 2.000 siano stati d’intensità tale da potersi definire disastrosi. Si stima inoltre che dall’inizio del ‘900 il nostro Paese abbia avuto circa 120.000 morti dovuti ad eventi sismici (di 80.000 nel solo terremoto di Messina del 1908): 300 vittime nel 1968 nel Belice, 970 nel 1976 in Friuli, 2750 in Irpinia nel 1980, giusto per citare gli eventi che sono nella memoria di tutti.
Dopo la tragedia a San Giuliano (nel Molise il 31 ottobre 2002) si accelerarono i lavori per ultimare la mappa del rischio sismico in Italia, mappa che finalmente è stata finita nel 2003. Questa mappa è stata poi ulteriormente aggiornata nel 2006 (http://zonesismiche.mi.ingv.it/ ) ed è risultato che il 70% del territorio del nostro Paese risulta a rischio sismico. Dati comunque che in modo dettagliato si conoscevano da anni, tant’è che un’accurata analisi avviata dopo il terremoto dell’Irpinia aveva portato a classificare ben 368 Comuni in prima categoria di rischio, 2498 in seconda categoria, e 99 in terza (per un complessivo di 2965 Comuni sugli 8102 del nostro Paese).
Secondo la Protezione civile in Italia sono 80.000 gli edifici pubblici «vulnerabili». Oltre questi vanno considerate le infrastrutture quali strade, ferrovie, ponti presenti nelle aree a rischio sismico. Tra gli edifici pubblici le scuole costituiscono l’aspetto più critico visto che sono 22.000 quelle presenti nelle zone a rischio di cui ben 16.000 nelle aree ad alto rischio. Sempre la protezione civile ha stimato che ben 9.000 di queste scuole sarebbero prive di criteri antisismici. Sempre la protezione civile calcola che gli ospedali non a norma sotto il profilo sismico siano 500.
Possiamo dire con sufficiente certezza che se fossero state adottate per tempo le conoscenze tecniche a disposizione, i morti che oggi conteremmo sarebbero molti, molti meno. Non si tratta solo di tecniche che riguardano i palazzi nuovi (si pensi a quanto in questo settore è fatto in Giappone), ma anche i centri storici visto che esistono tecniche antisismiche per il recupero strutturale di fabbricati in muratura tradizionali. E’ un problema economico, certamente, ma è anche un problema di volontà e di controlli. Non a caso la Procura sul terremoto ha aperto un fascicolo ipotizzando il reato di omicidio colposo.