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Coste Sarde: un caso nazionale

12 giugno 2009 0 commenti

La difesa delle coste sarde è questione che travalica, e di molto, le problematiche locali. La Sardegna, si sa, non è un posto qualunque. Nel pieno rispetto delle popolazioni e della loro autonomia decisionale, va sottolineato che il patrimonio naturalistico, ambientale, paesaggistico sardo è di tale valore che indubbiamente appartiene all’umanità e come tale va considerato e trattato. Cosa sta succedendo in Sardegna? Drammaticamente semplice, si sta correndo il rischio di riaprire ai mai sopiti appetiti speculativi che sulle coste sell’isola vedono i loro principali luoghi d’interesse.Quattro elementi determinano questa situazione.

1. Il Presidente Cappellacci, sin dalla campagna, ha dichiarato l’intenzione di modificare la cosiddetta legge salva coste voluta dal suo predecessore, Renato Soru. La legge ha meritoriamente introdotto il vincolo di in edificabilità entro i mille metri dalla battigia, estendendo dunque i 300 metri previsti dal Codice dei Beni Culturali (e prima ancora dalla legge Galasso). L’annullamento di questa norma, che già con difficoltà arginava i molti interventi che a vario titolo si vogliono realizzare (vecchie concessioni, ristrutturazioni con ampliamenti, cambi di destinazione d’uso ecc), darebbe la stura ad un certo aumento di cubature, ad un proliferare di nuove seconde case, con una conseguente intensificazione dell’edificato esistente con interventi in ambiti (anche di pregio) rimasti liberi.
2. Il Presidente Cappellacci, e non solo lui; ha dichiarato l’intenzione di modificare i piani paesaggistici. Sono questi fondamentali strumento di programmazione territoriale, sovraordinati rispetto ai piani regolatori, che stabiliscono le aree su cui proprio non si deve costruire, che indicano quelle da riqualificare, che stabiliscono i criteri con cui i comuni possono pianificare sui territori dove sono ammesse edificazioni. I piani paesaggistici sardi sono costati anni di lavoro e fatica infinita, finalmente approvati sono stati determinati per salvare zone come la Gallura e fondamentali per dare criterio all’urbanistica dell’isola che si era sviluppata in termini disordinati. Riaprire i piani, rimetterli in discussione significa prestarsi a mille pressioni, a mille richieste, significa dare la stura a nuovi interventi in alcune delle zone che gli attuali piani avevano preservato e salvato.
3. Il Presidente Cappellacci ha annunciato che la Regione Sardegna farà un proprio piano casa. Su questo abbiamo già detto in un precedente intervento (vedi post del 24 aprile), ma la questione sta assumendo concretezza e ben si capisce che l’obiettivo di spostare alcune cubature dalla coste all’interno, genericamente condivisibile ma pericolosissimo, rappresenta solo un aspetto di un provvedimento che in un qualche modo vuole semplificare gli interventi edilizi. In Sardegna, del resto come in gran parte d’Italia, i controlli edilizi sono scarsi e discontinui, figuriamoci cosa potrebbe succedere se si introducono norme che consentono ai privati un “fai da te” che inevitabilmente ciascuno interpreterebbe a modo proprio.
4. Il Presidente Cappellacci e la Giunta da lui presieduta hanno approvato una delibera che consente ombreggiamenti sulle spiagge che rischiano di trasformarsi in un cavallo di Troia per nuove concessioni demaniali e quindi nuove infrastrutturazioni. Anche su questo abbiamo già detto (vedi post del 5 giugno), ma qui ci preme sottolineare come questa decisione se sommata alle tre intenzioni di cui sopra rischia di essere la ciliegina sulla torta di uno scempio che nessuno dichiara di volere, anzi, ma che nei fatti sarà impossibile evitare.

Forse, con il massimo del rispetto possibile nei confronti del popolo sardo, dovremmo tutti dare un segnale, dovremmo dire quanto amiamo quella terra, dovremo ricordare quanto proprio quelle bellezze hanno sul mercato prezzi analoghi a Maldive e Caraibi (e a volte anche di più), dovremmo chiedere che la Sardegna, vero scrigno della biodiversità mediterranea, vera anima selvaggia ed ancestrale del nostro Paese, trovando un giusto equilibrio tra conservazione e sviluppo economico, sia protetta e salvata nell’interesse di tutti.