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PIANO CASA SARDEGNA: UN OBROBRIO CHE IL GOVERNO DEVE IMPUGNARE

13 novembre 2009 0 commenti

cartina_animali_big[1]WWF Italia e Fondo Ambiente Italiano chiedono al Governo di impugnare in Corte Costituzionale la Legge Regionale sulla casa recentemente approvata dalla Regione Sardegna, con una nota inoltrata oggi al Presidente del Consiglio e a tutti Ministri.

La nota è stata accompagnata da una richiesta d’incontro ai Ministro dei Rapporti con le Regioni On. Raffaele Fitto ed al Ministro per i Beni Culturali On. Sandro Bondi.

Dopo il naufragio del decreto legge sul piano casa inizialmente proposto dal Governo, tutte le Regioni hanno legiferato autonomamente molte volte travalicando anche i termini dell’accordo Stato Regioni sottoscritto a fine marzo. Ne è venuto fuori una sorta di Arlecchino giuridico con norme anche profondamente differenti l’una dall’altra e col risultato paradossale che quello che si può, o non, fare in una Regione è diverso da quello consentito o vietato in un’altra. In questa tragicomica situazione, la maglia nera indubbiamente è da attribuirsi alla Sardegna che usando il piano casa è entrata a gamba tesa nella pianificazione paesaggistica vigente.

Con specifiche osservazioni inviate alla Regione Sardegna, FAI e WWF avevano segnalato, prima dell’approvazione, come le norme erano non solo in pieno contrasto con l’accordo Stato Regioni sul piano casa, ma anche con una serie di principi costituzioni. Da un lato infatti la Regione prevede ampliamenti degli immobili (non solo ad uso abitativo) senza fissare limiti di cubature di riferimento e senza stabilire un termine temporale entro cui questi ampliamenti possono essere realizzato, da un altro consente interventi (anche con cambi di destinazioni d’uso e la costruzione di nuovi immobili) all’interno di aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi di un piano vigente che può essere modificato solo con una procedura analoga a quella che ha portato alla sua approvazione.

Nell’esame della legge regionale Sardegna n. 4/2009 (pubblicata sul Bollettino Ufficiale del 31 ottobre 2009, n. 35) concernente “Disposizioni straordinarie per il sostegno dell’economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo” WWF e FAI hanno innanzitutto verificato la potestà della Regione Sardegna a normare su materie di competenza esclusiva dello Stato. A tale proposito Corte Costituzionale con la sent. 51/2006 ha avuto già modo di affermare che “è evidente che la Regione Sardegna dispone, nell’esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia e di urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale. Ciò sia sul piano amministrativo che sul piano legislativo (in forza del cosiddetto “principio del parallelismo” di cui all’art. 6 dello statuto speciale), fatto salvo, in questo secondo caso il rispetto dei limiti espressamente individuati nell’art. 3 del medesimo statuto in riferimento alle materie affidate alla potestà legislativa primaria della regione (l’armonia con la costituzione e con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica).”.

Se dunque è vero che la Regione Sardegna può normare in tema di paesaggio, è altrettanto vero che le norme approvate non rispondono ai principi dell’ordinamento giuridico e rispettose delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. Questa verifica dev’essere fatta assumendo come riferimento il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (al cui rispetto è tenuta anche la Regione Sardegna) che all’art. 131, comma 3, afferma che “le norme del Codice definiscono i principi e la disciplina di tutela dei beni paesaggistici”; inoltre il Codice all’art. 135 del Codice statuisce che: “Lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tale fine le regioni sottopongono a specifica normativa d’uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati: «piani paesaggistici»”.

La Sardegna è stata la prima regione ad approvare un Piano Paesistico (Decreto del presidente della Regione n. 82/2006) in sintonia con le prescrizioni del Codice e la vigenza di tale Piano sembra essere stata ignorata nell’approvazione del legge regionale sul piano casa. Infatti il territorio regionale sardo trova la propria disciplina d’uso e gestione nelle prescrizioni contenute nel Piano Paesistico che può essere modificato solo da un nuovo e diverso piano paesistico e non già attraverso una legge regionale che per altro tratta di materia diversa. Per questo motivo gli interventi ammessi col piano casa all’interno delle aree vincolate sotto il profilo paesaggistico non appaiono conformi al quadro costituzionale e normativo che dettano precise prescrizioni precise sulle modalità d’intervento nelle aree sottoposte a vincoli nazionali ed internazionali di tutela.

IL FAI ed il WWF inoltre hanno osservato, nella richiesta inviata al Governo, che la legge regionale sarda appare porsi in contrasto anche con le fondamentali prescrizioni dell’art. 145, comma tre, del Codice secondo cui: “Le previsioni dei piani paesaggistici (…) non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette”. Non c’è dubbio infatti che le norme contenute nella legge regionale abbiano la medesima valenza di piani, programmi o progetti regionali di sviluppo economico tant’è che la rubrica della legge regionale testualmente afferma che si tratta di “Disposizioni straordinarie per il sostegno dell’economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo”, ed inoltre l’articolo 1 afferma che la legge serve per “il sostegno dell’economia mediante il rilancio del settore edilizio”. Quindi queste norme non possono modificare le previsione dei piani paesaggistici vigenti, mentre invece lo fanno.

Macroscopica è poi la violazione dei principi dell’ordinamento e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. Infatti nell’art. 4 della legge regionale (“Interventi di ampliamento degli immobili a finalità turistico-ricettiva” si prevede che “Per gli immobili destinati allo svolgimento di attività turistico-ricettive situati nella fascia costiera dei 300 metri della linea di battigia (…) è consentito anche mediante il superamento degli indici massimi di edificabilità previsti dagli strumenti urbanistici vigenti e delle vigenti disposizioni normative regionali, l’incremento del 10% della volumetria esistente alla data di presentazione della richiesta di concessione edilizia (…); la proposta di intervento deve ottenere la positiva valutazione della Commissione regionale per il paesaggio e la qualità architettonica”.

Rispetto a questo WWF e FAI sollevano due osservazioni di merito e di forma.

La prima riguarda l’art. 142, comma uno, lett. a) del Codice (“territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare”) su cui la Regione Sardegna consente oggi interventi in difformità delle previsioni del Piano Paesaggistico vigente che (sempre ai sensi del Codice dei Beni Culturali) provvede la “determinazione di prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione”.

La nuova legge sarda altera pesantemente questo equilibrio tra previsioni e prescrizioni.

In secondo riguarda la verifica di compatibilità degli interventi con le esigenze di tutela dei beni paesaggistici che è dal Codice rimessa alla Soprintendenza e non già, come fa la legge sarda, alla Commissione Regionale per il paesaggio che risulta essere mero organo di supporto ai soggetti preposti al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

(Il presente articolo è stato scritto con il prezioso contributo giuridico del Dott. Stefano Ficorilli)