Migliaia di morti per amianto. Inizia il processo a Torino
Prende il via domani avanti al Tribunale penale di Torino il più grande processo in tema di sicurezza sul lavoro ed inquinamento ambientale provocato dall’amianto mai celebrato in Europa. Al banco degli imputati siederanno i vertici della multinazionale Eternit spa esercente gli stabilimenti di Casale Monferrato, Cavagnolo, Bagnoli e Rubiera, accusati di omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e disastro doloso. Oltre 2000 le vittime colpite da asbestosi e mesotelioma pleurico, causato dalla esposizione all’amianto dal 1952 al 2008, numeri talmente fuori misura da rendere necessaria la notifica del decreto che dispone il giudizio per pubblici annunzi, ovvero pubblicandolo su vari siti internet istituzionali, con diffusione di un comunicato stampa dell’ufficio di Presidenza del Tribunale di Torino e, addirittura con pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il colpevole si conosce già: l’amianto. Così come si conoscono i luoghi in cui questo terribile materiale ha mietuto le sue vittime che sono state colpite per decenni non solo all’interno degli stabilimenti ma anche in aree pubbliche e private al di fuori e nelle stesse abitazioni dei lavoratori dove quotidianamente facevano ingresso gli indumenti da lavoro non sottoposti a pulizia in ambito aziendale. Ecco perché la pubblica accusa parla di indeterminato numero di lavoratori e popolazione colpita, ed ecco perché sono diverse centinaia le parti civili, compreso il WWF, che domani occuperanno le tre maxi aule messe a disposizione dal Tribunale in cui si celebrerà il processo.
Le lunghe indagini condotte dal dott. Guariniello hanno accertato una serie di omissioni nella gestione dei cicli di produzione e una serie di danni conclamati che si sono verificati in un area ben più vasta rispetta a quello del singolo stabilimento. Basti infatti pensare che per il solo inquinamento relativo a Casale Monferrato il Ministero dell’Ambiente, che ha individuato l’area interessata direttamente dall’inquinamento di amianto, ha dovuto perimetrare 738,95 chilometri quadrati ricadenti nei territori di ben 48 comuni. Si tratta di territori interessati non solo dalla massiccia presenza di materiali in eternit (cioè di amianto-cemento con cui sono state fatte tettoie, tubature, cassoni dell’acqua, coibentazioni ecc), ma anche dalla diffusione degli scarichi della lavorazione di questo. Quest’area è oggi Sito d’Importanza Nazionale (S.I.N.) soggetto a bonifica ed è già stato avviato un complesso intervento con uno stanziamento di 35,5 milioni di euro. Complesso il piano degli interventi che interessa, non solo le aree di pertinenza dello stabilimento Eternit, ma addirittura anche un pezzo della sponda del Po dove lo stabilimento scaricava; migliaia poi gli interventi puntuali di rimozione di materiali che hanno reso necessaria anche la predisposizione di una discarica ad hoc. Per saperne di più sulla storia dell’amianto a Casale, vi segnaliamo questo sito: http://www.comune.casale-monferrato.al.it/IT/Amianto/Approfondimenti/Programmi_finanziamento_bonifiche.htm Inoltre si è costituita un’apposita associazione delle vittime dell’amianto, ed è anche stata costituita una fondazione: http://fondazionebepiferro.myblog.it/archive/2009/03/18/10-aprile-2009.html
Nel nostro ordinamento l’amianto è stato messo al bando con un’apposita legge solo nel 1992 e solo nel 1998 sono state individuate (sempre per legge) le prime aree da sottoporre a bonifica. Oggi i S.I.N. da bonifica individuati per legge o per decreto ministeriale sono 7: oltre a Casale Monderrato, sempre in Piemonte c’è anche Balangero (in provincia di Torino), ci sono poi Emarese in provincia di Aosta, Broni in provincia di Pavia, Bari, Bagnoli a Napoli e Targia a Siracusa.
Il problema dell’amianto è troppo spesso sottovalutato poiché questo materiale ha avuto anche nel nostro Paese un’enorme diffusione dal dopoguerra sino agli anni 70. Si può dire che sia presente in ogni città e gli interventi di rimozione, pur essendo rigidamente normati, sono spesso lenti e in molti casi non ancora effettuati. Le conseguenze di questa forma d’inquinamento sono ormai conosciute anche se l’evoluzione di queste non è perfettamente nota. Basti pensare infatti che è stato stimato che l’apice delle forme tumorali a causa dell’amianto sarà riscontrabile tra il 2015 ed il 2020.
Il processo di Torino non costituisce solo la risposta dovuta dallo Stato nei confronti di una situazione così grave, ma anche un monito per tutti coloro che continuano ad essere ciechi e sordi rispetto ai criteri di precauzione che devono sempre essere adottati quando non si è in grado di escludere scientificamente che determinate materie o sostanze possano compromettere la salute e l’ambiente.