2009 un anno nero per l’ambiente. Ed è difficile che il 2010 sia migliore
Il flop di Copenaghen chiude un anno dove le politiche ambientali hanno segnato il passo, in Italia soprattutto.
C’è infatti una significativa discrepanza tra le dichiarazioni di principio che, soprattutto a livello internazionale, il Governo assume e le scelte che poi vengono poste in essere: in larga misura condivisibili sono stati i documenti conclusivi del G8 Ambiente di Siracusa (in aprile), e del G8 dell’Aquila (a luglio), ma ben poco di tutto ciò si è visto nel pratico. A tale proposito è certamente eloquente la Finanziaria 2010 dove addirittura ci si dimentica degli impegni assunti dall’Italia sui cambiamenti climatici assunti non destinando a questi alcun fondo (la Legge Finanziaria 2007 destinava 200 milioni di euro al Fondo rotativo per Kyoto) e non individuando alcuno strumento per la riduzione delle emissioni di Co2. Inoltre, come se non bastasse, in campo energetico vengono tagliati i 50 milioni di euro fondi destinati complessivamente al Fondo sull’efficienza energetica (38,624 mln, nel 2009) e agli incentivi per il risparmio energetico (11,587 mln di euro, nel 2009) e non c’è traccia della copertura della detrazione di imposta del 55% per interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti.
Ma ben al di là di questo il 2009 è stato in Italia un anno davvero critico per l’ambiente. Il WWF ha già definito il 2009 come anno del cemento, sia per un vero e proprio bum edificatorio che si è registrato in moltissime città (clamoroso l’esempio di Roma), sia per i cosiddetti piani casa (più volte affrontati in questo blog) che approvati in modo autonomo da tutte le Regioni hanno dato vita ad una normativa disomogenea andata ben oltre gli ampliamenti delle abitazioni uni e bifamiliari arrivando, nel caso della Sardegna, ad interire pesantemente con tutti i vincoli della pianificazione paesaggistica.
Il 2009 è stato poi l’anno che ha messo ulteriormente a nudo (se ce ne fosse ancora bisogno) la fragilità del nostro territorio. Il terremoto dell’Aquila e l’alluvione con frana in provincia di Messina (e poi più recentemente anche ad Ischia ed in Toscana in Garfagnana e Versilia) hanno evidenziato un’Italia a rischio molto ben conosciuta, ma rispetto alla quale non solo tardano interventi di messa in sicurezza, ma addirittura mancano azioni preventive serie. Infinita è la fatica per impedire ulteriori infrastrutturazioni in aree sensibili sotto il profilo sismico o idrogeologico, enorme e spesso vano lo sforzo per far capire che il territorio va visto e valutato nel suo insieme.
Per questo la politica sulle grandi infrastrutture che il Governo vorrebbe attuare non convince, non c’è una visione d’insieme, le considerazioni ambientali vengono assunte dopo. Nel 2009 abbiamo assistito al tentativo di far passare la variante ferroviari di Cannitello a Reggio Calabria, opera da tempo aspettata e richiesta per migliorare il traffico ferroviario e come tale approvata, quale l’avvio della costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Anche in questo caso si tratta di una cosa emblematica che dimostra come il Governo abbia più a cuore i grandi interventi simbolo che non il tessuto del nostro territorio. Prova ne sia che sono stati destinati oltre 1 miliardo e 564 milioni di euro alle infrastrutture strategiche (autostrade e a linee ad alta velocità ferroviaria), mentre sono 15 volte inferiori i fondi per la mobilità urbana (solo 120 milioni di euro). Per non dire che la più grande opera pubblica del Paese, che certamente è la sistemazione del dissesto idrogeologico, rimane senza finanziamenti adeguati e senza un piano pluriennale d’interventi.
Sebbene ancora poco percepita dalla grande opinione pubblica, la scelta che in Italia ha maggiormente caratterizzato il 2009 è stata forse quella del rilancio del nucleare. Mancano ancora alcuni mesi per la decisione definitiva sulla localizzazione dei siti delle nuove centrali e del centro nazionale di stoccaccio dei rifiuti radioattivi, com’è noto si aspettano le elezioni regionali per timore di possibili ripercussioni sul voto, ma la scelta nucleare è stata ormai decisa dal Parlamento alla fine di luglio. Ben 10 Regioni, ritenendosi giustamente escluse dal processo decisionale, hanno ricorso in Corte Costituzionale che si pronuncerà nel 2010 quando certamente la questione inizierà ad essere percepita come concreta ed imminente aprendo nuovi confronti che inevitabilmente coinvolgeranno in modo più diretto le popolazioni delle zone prescelte per i nuovi impianti.
Nonostante le sacrosante proteste del Ministro Prestigiacomo, nel 2010 diminuiranno le risorse per l’ambiente ridotte circa 276 milioni di euro (tra Legge Finanziaria e Bilancio 2010): spiccioli se si considera che stiamo parlando di difesa mare, difesa suolo e bonifiche, aree protette, ISPRA e CITES, convenzione internazionale sul commercio delle specie protette. Il rischio è anche quello di una significativa diminuzione dei controlli ambientali per mancanza di risorse visto che a ISPRA, nella quale sono confluiti anche ICRAM (l’istituto di ricerca sul mare) e INFS, (l’istituto nazionale per la fauna selvatica) si destinano nel 2010 solo 86 milioni di euro quando alla sola APAT lo scorso anno, la Legge Finanziaria 2009 destinava 90 milioni di euro. Situazioni a rischio (pensiamo alle navi dei velini in Calabria), o situazioni dove le problematiche ambientali s’incrociano con quelle della sicurezza (pensiamo al disastro di Viareggio), avranno certamente meno strumenti e mezzi per essere gestite.
Se il 2009 è stato l’anno del clima, il 2010 sarà l’anno internazionale della biodiversità e, oltre al già citato mancato finanziamento per attuare la Convenzione internazionale sulla biodiversità, va registrato che sono continui i tentativi di modificare, peggiorandole, le leggi italiane sulla tutela della natura e della fauna selvatica, come ad esempio la Legge quadro sulla caccia . Nel corso del 2009 infatti sono stati numerosi i tentativi di approvare pessime modifiche, con la tecnica degli emendamenti “blitz” presentati in disegni di legge in discussione aventi ad oggetto materie del tutto diverse. Grazie alla mobilitazione tempestiva del WWF e delle altre associazioni queste modifiche sono state respinte. Non abbiamo, invece, registrato nel corso dell’anno alcun segnale in positivo per la tutela della fauna, dei parchi, degli habitat naturali, del mare, che sarebbero invece assolutamente necessari in un Paese che divora ogni anno una percentuale preoccupante del patrimonio di biodiversità e di territorio.
Si apre il 2010, per il mondo sarà l’anno della biodiversità, e per l’Italia? Manco a dirlo, non c’è una lira. Anzi, non c’è un euro.