“Freccia Rossa” o Freccia d’Oro??
Siamo sinceri, si viaggia bene con l’alta velocità. Il servizio, seppur certamente caro, è veloce, mediamente affidabile e rappresenta un deciso salto in avanti rispetto all’offerta ferroviaria del nostro Paese. E’ certo però che la nostra alta velocità sia costata ben di più di quanto previsto, che la lievitazione dei costi in alcuni casi si è dovuta più a meccanismi speculativi che non a reali problemi; inoltre alcune delle scelte tecniche, soprattutto in relazione ad alcuni tratti del tracciato prescelto, rimangono fortemente discutibili. la scelta prioritaria degli investimenti è stata a favore delle costosissime linee ad Alta Velocità.
Secondo i dati elaborati dal WWF Italia, dal 1991 i costi sono lievitati di oltre il 500%, passando da circa 13 miliardi di allora agli attuali 67 miliardi. L’Italia ha 15.923 km di rete ferroviaria ordinaria con soli 6363 km a doppio binario; solo un terzo circa della rete ferroviaria italiana (pari a 5.603 km) è a doppio binario ed elettrificato. In Francia la rete a doppio binario è quasi estesa come l’intera rete italiana (14.135 km pari al 44.6% dell’intera rete delle ferrovie francesi); in Germania la rete a doppio binario elettrificata è di poco inferiore a quella francese (12.267 km pari al 43% di tutta la rete tedesca). Anche per questi motivi strutturali in Italia abbiamo l’84% del traffico ferroviario complessivo concentrato su 6.000 km di linee (35.7% del totale). I progetti dell’Alta Velocità prevedono interventi su circa 1500 km.
Un’analisi fatta da Stefano Lenzi, responsabile dell’Ufficio Legislativo del WWF Italia, documenta come la continua e spesso ingiustificata lievitazione dei costi dell’Alta Velocità, siano stati spesso dovuti ai sistemi di finanziamento e al meccanismo dei subappalti. Anche per arginare i rilievi per questo sollevati dalla Corte dei Conti, il terzo Governo Berlusconi decise di portare fuori dei meccanismi della contabilità pubblica le risorse destinate alla realizzazione dell’Alta Velocità, affidandole a “Infrastrutture Spa”, la società creata nel 2002. Ma questa scelta, ricorda sempre Stefano Lenzi, fu duramente criticata a livello europeo tant’è che Eurostat, il 18 marzo del 2005, minacciò di bocciare i conti pubblici italiani del 2003 e del 2004 includendo, tra i sei punti critici su cui ha chiesto chiarimenti al Governo italiano, la “classificazione settoriale di società controllate dalle pubbliche amministrazioni (ISPA)”. Successivamente con la Legge Finanziaria 2007, il Governo Prodi fu obbligato a far emergere nella contabilità’ pubblica il “debito nascosto” di ISPA che nel 2008 la Corte dei Conti valutò a consuntivo in 12.950.000.000 (circa 13 miliardi euro), più gli interessi pari ad euro 671.816.738 euro.
Mentre dunque in qualche modo si sta chiudendo un pregresso faticoso ed estremamente oneroso (per cui ci mancherebbe anche che non si viaggiasse comodi e veloci con la dovuta efficienza), rimane ora il problema dell’evoluzione del sistema e in particolare la questione della cosiddetta “linea trasversale ad Alta Velocità” che dovrebbe andare dal confine francese a quello sloveno assume una particolare rilevanza politica ed economica.
Il cosiddetto “Corridoio 5” era stato addirittura presentato come collegamento ferroviario tra Lisbona-Kiev da destinarsi soprattutto al trasporto merci che, secondo la propaganda svilupatasi nel nostro Paese, non si capisce bene perché si voleva viaggiassero su linee progettate per l’alta velocità. Oggi si parla più realisticamente di un progetto composto da due tratte tra loro connesse una Lione-Trieste ed un altra Koper-Lubiana-Budapest-frontiera ucraina; il collegamento Torino-Lione, a tutti noto come TAV, rientra in questo progetto. La Commissione Europea, con la Decisione n. 884/2004/CE, ha chiarito che questo non necessariamente significava la costruzione di una linea interamente nuova ad Alta Velocità passeggeri; per quanto riguardava le merci poi, l’ex commissario ai trasporti europeo Kinnock, sostenne giustamente che far viaggiare veloci le merci significa garantire medie di 60 km l’ora per le quali appare evidente che non servono tratte ad Alta Velocità; a tale velocità media un carro merci potrebbe percorrere circa 1.400 km al giorno, cioè tratte di tutto rispetto in tempi assolutamente accettabili. Il problema della velocità di trasporto merci infatti non è quello della velocità, ma della logistica (il tempo in cui le merci rimangono ferme nei depositi prima della consegna) oltre che quello dei “colli di bottiglia”, cioè l’ingresso e lo smistamento nei grandi nodi ferroviari e urbani dove i vagoni merci rimangono ingolfati.
Vista dal punto di vista dei passeggeri, tutte le analisi dimostrano che ci sarebbe bisogno di treni più regolari, meno costosi, e soprattutto più funzionali agli spostamenti nelle corte e medie distanze poiché l’80% dell’utenza percorre in media tratte non superiori ai 100 km. Se si fossero considerate le esigenze prioritarie dei passeggeri, la gran parte degli investimenti sarebbe dovuta andare ai treni Inter City, a quelli regionali e metropolitani, e non già alla Freccia Rossa.
Ma perché tutto questo è avvenuto? Certo per modernizzare il Paese, ma le analisi di Stefano Lenzi danno anche un’altra spiegazione. Tutte le linee ad AV sinora realizzate o progettate fanno capo a “General Contractor” promossi dalle più influenti e potenti aziende italiane (ENI, IRI, FIAT, Montedison) che si sono viste affidare i lavori a trattativa privata tra il 1991 e il 1992 prima che subentrasse l’obbligo europeo alle gare per l’assegnazione degli appalti di lavori pubblici. Nella XIII e XV Legislatura il centro sinistra aveva tentato di cancellare le convenzioni tra FS e TAV SpA e la concessioni ai General Contractor sottostanti, almeno per le linee ancora solo progettate e non realizzate, ma il terzo e poi il quarto Governo Berlusconi hanno fatto rivivere i contratti “senza soluzione di continuità”. C’è dunque un lobbismo dei grandi gruppi industriali dietro la scelta prioritaria dell’alta velocità? E’ ben difficile sostenere il contrario. Tanto “paga pantalone” e se i pendolari stanno in treni lenti ed affollati…bhe, se ne faranno una ragione.