Sabbia, l’oro di tutti a vantaggio di pochi
Sono 12.000 gli stabilimenti (erano circa 5400 nel 2001) che insistono sui 4000 km di costa italiana che ha caratteristiche idonee per la balneabilità. Una media di uno stabilimento ogni 350 metri con un’occupazione complessiva che il WWF stima in circe 18 milioni di metri quadri con l’occupazione di una linea di costa pari a non meno di 900 km durante il periodo estivo. Questi stabilimenti a volte sono delle vere e proprie cittadelle, con piscine e negozi, palestre e centri benessere, a volte sorgono in ambiti delicatissimi come quelli caratterizzati dalle dune costiere. Il tutto frutta enormi vantaggi ai privati e pochissimo allo Stato che deve farsi carico anche dei problemi ambientali come il rinascimento delle spiagge soggette ai fenomeni di erosione costiera.
Il dossier del WWF “Sabbia: l’oro di tutti a vantaggio di pochi” focalizza questi temi con molti dati, incrociando situazioni diverse ma che mettono a fuoco un sistema che sembra essere scappato di mano.
Non solo gli stabilimenti balneari pagano pochissimo a fronte della concessione delle aree demaniali, ma addirittura hanno il privilegio (cosa questa poco nota) di non essere tenuti al rilascio dello scontrino fiscale per le attività connesse alla concessione. Il WWF ripercorre le norme di questo privilegio e mostra gli atti del Sindacato Balneari. Così a fronte di solo 103 milioni di euro d’incasso per lo Stato gli introiti sono enormi. Il dichiarato è di circa due miliardi di euro, ma secondo l’analisi del WWF che considera gli occupati dichiarati (600.000 con l’indotto che sono stati considerati anche in rapporto ad un potenziale fatturato per singolo occupato) la cifra non è credibile, così come sempre il WWF ritiene sottostimata anche l’ipotesi avanzata dall’Agenzia del Demanio secondo cui gli incassi sarebbero il doppio secondo quanto dichiarato.
L’evasione è talmente clamorosa che il WWF ritiene sia in qualche modo sia “programmata a tavolino”: dei 573 controlli svolti nel 2009 dall’Agenzia del Demanio 551 hanno rilevato irregolarità (nel 2008, le irregolarità rilevate sono state 403 su 439 controlli). Ed anche i fati della Guardia di Finanza documentano una situazione di evasione diffusa: su 4000 controlli annui sul litorale laziale le irregolarità sono il 45%. Percentuale che sale al 61% se si considera solo la parte relativa agli scontrini fiscali (a cui gli stabilimenti sono tenuti per la somministrazione di bevande ed alimenti oltre che per la ristorazione). Così mentre lo Stato di media incassa per ogni metro quadro di spiaggia data in concessione meno di 50 centesimi di euro al mese (5 euro e 72 centesimi l’anno), i privati fanno affari d’oro sotto gli occhi di tutti.
Il dossier del WWF ripercorre anche i tentativi fatti per aumentare i canoni, dalla proposta du triplicarli fatta dal Governo Berlusconi del 2003 di triplicarli, allo stop dato del Governo Prodi che voleva situazioni più idonee caso per caso, alla legge del 2006 sui criteri di ricognizione dei canoni, alla proroga sino a tutto il 2015 recentemente data dal Governo Berlusconi per tutte le concessioni in scadenza, alla possibilità di chiedere rinnovi ventennali sempre per le concessioni in scadenza e sempre accordata dal Governo Berlusconi. A fronte di un’impostazione normativa contraddittoria il WWF analizza anche le richieste dei gestori, sostenute dall’Assobalneari e dal Sindacato Italiani Balneari, che vorrebbero proroghe di 50 anni e il riconoscimento di un diritto di superficie per 99 che renderebbe inamovibili e sostanzialmente di loro proprietà gli immobili realizzati sul demanio.
L’analisi del WWF fa luce anche sull’accesso alla battigia, documenta perché gli stabilimenti balneari non dovrebbero occupare la fascia di 5 metri dal mare e perché questa può essere utilizzati da chiunque ma senza attrezzature quali lettini o ombrelloni. Ma l’accesso alla battigia è ostacolato dalla presenza degli stabilimenti che, soprattutto al Centro Sud, in moltissimi casi pretendono un pagamento ingiusto quanto illegittimo per accedervi. Per queste regioni il WWF parla di miraggio della spiaggia libera tant’è che alcune Regioni hanno dovuto fare apposite leggi per garantirla. In Liguria i Comuni dovrebbero garantire come spiaggia libera il 40% delle costa accessibile, ma soltanto 12 dei 63 comuni rivieraschi lo fanno con situazioni che situazioni limite come Santa Margherita ligure che ha solo l’!!% di spiagge libere o Rapallo e Chiavari che ne hanno il 13% o Noli che ne ha il 14%. In Puglia invece la legge prevede che solo il 40% delle spiagge possa essere dato in concessioni, meglio che altrove, ma il WWF ricorda che in Francia il limite dato per assegnare le spiagge in concessione è del 20%. Così, nel concreto, le spiagge libere sono spesso corridoi di sabbia tra le recinzioni degli stabilimenti limitrofi che danno l’effetto dell’ora d’aria concessa ai detenuti; a tale proposito il WWF documenta due casi emblematici, uno a Varazze ed uno a Mazzara del Vallo.
Sotto il profilo meramente ambientale il WWF, dopo aver sostenuto che la concentrazioni di stabilimenti ha portato in molti casi una trasformazione metropolitana dei lungomare e abbia prodotto un furto di paesaggio impedendo spesso di godere anche della vista del mare dai marciapiedi o dalle strade a causa delle recinzioni e delle strutture realizzate, analizza la problematica dell’erosione costiera che interessa il 42 % delle spiagge italiane (di cui il 65% delle spiagge pugliesi pari al 22% dell’intera costa regionale o ben 300 km in Calabria o 117 km nel Lazio o 78 km nelle marche). Altre a ricordare i fenomeni globali (cambiamenti climatici e maree) o di cattiva gestione del territorio (cementificazione dei fiumi, distruzione delle praterie di posidonia, strutture rigide lungo la costa ecc), il WWF illustra come alcune cose sottovalutate abbiano una significativa incidenza sul fenomeno. In particolar viene segnalato come la pulizia meccanizzata delle spiagge e la rimozione delle posidonia spiaggiata costituiscano pratiche sbagliate: A supporta di tale tesi si ricordano gli studi dell’ICRAM e dell’ENEA.
Secondo il WWF il mix più pericoloso è quello degli stabilimenti istallati in via permanente su spiagge strette a ridosso delle dune, dove con le mareggiate invernali si favorisce l’erosione della duna. La situazione delle dune è certamente quelle che richiederebbe maggior attenzione, appositi piani di gestioni, strutture che consentano l’accesso alla spiaggia solo tramite apposite passerelle, mentre invece in alcune situazioni (come nella Riserva Statale del Litorale Romane) tra le dune si è addirittura provveduto a ricavare posteggi per migliaia di automobili.
Cosa fare? Il WWF propone dieci concetti: Fermare il rilascio di nuove concessioni, Censire la situazione per avere elementi chiari, Ridiscutere il sistema scandaloso dei canoni e del regime fiscale degli stabilimenti,
Stare in Europa mettendo fine agli escamotage italiani per non assegnare per gara le concessioni scadute, Tutelare le sono ormai poche spiagge libere, Gestire introducendo elementi di attenzione ambientale nella gestione delle spiagge, Controllare per porre fine all’altissima percentuale di illeciti, Ripensare tutto il sistema degli stabilimenti in concessione, Riscoprire la bellezza del mare, delle coste, delle dune, Sottrarre invece di continuare ad aggiungere e costruire
In sostanza, la proliferazione degli stabilimenti, spesso irregolare e scandalosamente ‘economica’ per i gestori, insieme alla cementificazione selvaggia, agli abusi e alle situazioni di degrado che caratterizzano il litorale ‘libero’, hanno sottratto alla natura e alla libera godibilità di tutti le nostre bellissime coste, un vero e proprio ‘furto’ di ambiente e di paesaggio che hanno impatti e conseguenze spesso irreversibili.
Per fermare questo scempio, dobbiamo al più presto uscire dalla logica speculativa e privatistica con cui è stato gestito il patrimonio di tutti e rientrare nell’alveo dove le prime cose che si tengono in considerazione sono gli interessi collettivi e, tra questi, la tutela dello straordinario patrimonio ambientale costituito dalle nostre spiagge, che se vogliamo continuino a dare ricchezza devono essere ben diversamente tutelate.
Gaetano Benedetto