Dalla concessione demaniale alla rivendicazione del diritto di superficie
Qualcuno si è chiesto perché le concessioni demaniali più recenti hanno di media una durata di almeno 6 anni? Basta leggere l’art. 42 del Codice della navigazione per chiarirsi le idee: perché se fossero di meno di quattro potrebbero essere “revocabili in tutto o in parte a giudizio discrezionale dell’amministrazione marittima”; lo stesso articolo prevede che “le concessioni di durata superiore al quadriennio o che comunque importino impianti di difficile sgombero sono revocabili per specifici motivi inerenti al pubblico uso del mare o per altre ragioni di pubblico interesse”, anche in questo caso sempre a giudizio discrezionale dell’amministrazione marittima ma appare evidente quanto e come la cosa si complichi poiché anche uno stabilimento balneare in molte situazioni risponde ad un interesse pubblico, non fosse che per fattori legati alla sorveglianza e sicurezza alla balneazione. Si consideri poi che un’eventuale revoca non dà diritto a indennizzo se le opere realizzate sono di facile sgombero, mentre “nelle concessioni che hanno dato luogo a una costruzione di opere stabili l’amministrazione marittima, salvo che non sia diversamente stabilito, è tenuta a corrispondere un indennizzo pari al rimborso di tante quote parti del costo delle opere quanti sono gli anni mancanti al termine di scadenza fissato” in misura comunque “superiore al valore delle opere al momento della revoca”. Insomma se le concessioni sono superiori a quattro anni nei fatti ogni forma di revoca è improvabile, difficilissima se non impossibile.
Gli stabilimenti con le strutture più pesanti hanno concessioni tra i 20 e i 25 anni. A volte si tratta di vere e proprie cittadelle recintate: piscina, palestra, sauna, bar, ristorante, negozietti oltre ai soliti spogliatoi, cabine, bagni e docce costituiscono un’insieme dove ombrelloni e sdraio sono l’ammennicolo che giustifica la concessione demaniale. E questa è prospettiva che molti vorrebbero quasi non bastasse quanto sino ad oggi si è fatto, quasi si ritenesse ancora insufficiente la quantità di cemento riversata sulle spiagge. E’ così addirittura in Parlamento c’è qualcuno che vorrebbe portare le concessioni delle spiagge a 50 anni:
Un precedente che potrebbe favorire quest’impostazione c’è già visto che per valorizzare il patrimonio immobiliare dello stato una nuova forma di concessone detta appunto “di valorizzazione”. In questo caso si tratta di un migliaio di bene quali caserme e arsenali che necessitano di ingenti investimenti per essere recuperati a nuove destinazioni d’uso definite in accordo con gli Enti Locali. In questo caso una concessione lunga per recuperare gli investimenti in un qualche modo si spiega anche se 50 anni sono francamente comunque tanti e comunque il precedente pericoloso si è creato.
Ma la vera variabile che rischia di far impazzire il sistema si chiama “federalismo demaniale”. Anche in questo caso difficile fare previsioni, ma il trasferimento di molti beni alle Regioni potrebbe portare non solo un sistema di gestione fortemente differenziato, ma un’attribuzione di maggiori competenze ai Comuni. In fatto di concessioni i Comuni già oggi hanno competenze, ma un conto è attribuire concessioni su beni dello Stato con regole uguali per tutti, un conto è gestire le cose avendo la disponibilità dei beni e la possibilità di stabilirne i criteri d’uso. Nel caso delle concessioni demaniali balneari non occorre fare previsioni per scoprire i rischi, basta ancora una volta ascoltare le richieste dei gestori degli stabilimenti che già hanno individuato la loro strategia: con il demanio che passa alle Regioni e le concessioni gestite dai Comuni si potranno ottenere diritti di superficie e la richiesta è che questi siano di 99 anni. Insomma, la spiaggia rimane dello Stato ma gli immobili rimano ai privati per la durata del diritto di superficie.
Questa richiesta è stata avanzata a chiare lettere dall’ASSOBALNEARI, consociata Confindustria, nell’incontro con il Ministro del Turismo On.le Brambilla, richiesta a cui si aggiunge l’obiettivo (sempre esplicitamente dichiarato nello stesso incontro ) di portare a 50 ani la durata delle concessioni demaniali marittime (http://www.panfilo.com/pdf/Binder3.pdf) .
Non tutti sanno che immobili sul demanio appartengo al demanio stesso indipendentemente da chi li ha realizzati. A tale proposito l’art. 49 del Codice della Navigazione è chiarissimo: “salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato. In quest’ultimo caso, l’amministrazione, ove il concessionario non esegua l’ordine di demolizione, può provvedervi d’ufficio”. Ecco dunque che oltre al danno ora si rischia la beffa: le concessioni erano lunghe a sufficienza per ammortizzare gli investimenti fatti, i canoni erano bassi proprio perché tutti gli oneri erano a carico dei privati ed ora che la collettività dovrebbe guadagnare mettendo all’asta le nuove concessioni (eventualmente con i relativi immobili) si vede sottrarre questa possibilità garantendo ai privati l’uso di questi attraverso il riconoscimento del diritto di superficie. E’ da scommetterci che in questo settore se ne vedranno delle belle, se possibili ancor più clamorose di quante no ne siano già viste.