Spiagge: l’oro di tutti a vantaggio di pochi
Ben difficile fare i conti in tasca agli stabilimenti balneari anche perché le norme in questo caso non aiutano. Comunque si stima che le concessioni demaniali in questo settore fruttino allo Stato un introiti di circa 103 milioni (dati 2009). Riassumendo come riferimento il dato sopra elaborato di un’occupazione complessiva di 18.000.000 milioni di metri quadri, si deduce che lo Stato incassa 5 euro e 72 centesimi all’anno per ogni metro quadro di spiaggia data in concessione. Insomma un metro quadro di spiaggia demaniale costerebbe meno di 50 centesimi al mese!!! Il tutto a fronte di introiti incassati dai privati pari a ……?
Le stime relative ai guadagni degli stabilimenti sono diversissime; i gestori dichiarano circa 2 miliardi di euro, altri hanno invece denunciato che le imprese legate alla balneazione addirittura arrivano a guadagni di oltre 16 miliardi di euro all’anno. Pur considerando le somme che lo Stato dovrebbe introitare dalla tassazione sugli utili delle attività, il guadagno per l’erario è davvero basso: la concessione demaniale incide infatti per il 5% nelle stime più basse e per poco più dello 0,6% nelle ipotesi più elevate. Un dato aiuta a stabilire un parametro ed è quello degli occupati del settore dove il Sindacato Italiano Balneari in termini di comunicazione (va visto se poi questa dichiarazione risponde anche a quella presso agli uffici del lavoro) dichiara 600.000 addetti (http://sindacatobalneari.vistaadv.com/comunicati/2010/estate-sib-domani-ombrellone-gratis-in-tutta-italia) cifra che lascerebbe presumere incassi ben superiore a 2 miliardi. Non è infatti possibile che l’incasso lordo del settore sia di circa 3.500 euro per ogni addetto occupato, cifra che dovrebbe comprendere anche la sua retribuzione; pur volendo considerare che dando tale cifra il Sindacato Balneari si riferisse anche all’indotto, e che quindi la metà degli occupati è relativa all’indotto, avremmo circa 7.000 euro anno per addetto, cifra sempre non credibile.
Sempre il Sindacato Balneari dichiara presso gli stabilimenti italiani operano circa 30.000 piccole e medie imprese. Questo perché spesso in uno stesso stabilimento molti servizi vengono frazionati ed affidati a terzi dietro il pagamento di cifre spesso di gran lunga superiori a quelle della concessione demaniale che si paga per tutto lo stabilimento. Siamo dunque manifestamente di fronte ad una situazione dove larghi margini di introito non vengono intercettati dal fisco. Perché?
Ancora una volta ci aiuta il sito del Sindacato Italiano Balneari che nella sua home page in apertura chiarisce subito che per le attività svolte dagli stabilimenti balneari nell’ambito della concessione demaniale c’è l’esonero della ricevuta fiscale e/o scontrino fiscale (http://sindacatobalneari.vistaadv.com/) . Il Sindacato, che associa 10.000 dei 12.000 stabilimenti italiani, testualmente afferma che “nelle concessioni demaniali marittime vengono elencati tutti i servizi rientranti nell’ambito della concessione medesima e, quindi, anche quelli attinenti alla piscina, al parcheggio, ecc… per cui si ritiene che anche questi ultimi rientrino nelle condizioni dettate dalla vigente normativa che regolamenta la materia e, nello specifico, dalla lettera r.r. del D.P.R. 696/96 in ordine all’esonero dall’obbligo del rilascio del documento fiscale”: Specificano inoltre che “tutti i servizi facenti parte di un unico pacchetto offerto ai clienti all’interno di uno stabilimento balneare possano rientrare nel novero delle prestazioni che la normativa vigente esonera dall’obbligo del rilascio della ricevuta fiscale e/o dello scontrino fiscale da parte del concessionario”. Questo non vuol dire ovviamente che l’esercente non debba dare riscontro delle proprie attività, infatti dovrebbe quotidianamente dichiarare in un apposito libro contabile i corrispettivi introitati per le varie attività che rientrano nell’ambito della concessione. Immaginate un agente della Guardia di Finanza che fa un sopralluogo e che, prendendo visione del libro contabile, non può riscontrare quanto dichiarato per il giorno prima e non può chiedere nulla per la giornata che deve ancora finire. Insomma i controlli sono davvero complessi. Sebbene poi da quest’esenzione siano “escluse le somministrazioni d’alimenti e bevande ed ogni altra attività non connessa”, chiunque si può facilmente rendere conto di quanto sia difficile in questo modo quantificare i reali guadagni degli stabilimenti balneari e, conseguentemente,di quanto sia arduo stabilire se a fronte degli indubbi guadagni di questi lo Stato percepisce il giusto.
E i controlli? La cosa è talmente nota che l’Agenzia del Demanio stima che l’evasione fiscale intorno agli stabilimenti balneari sia del 50%. Data la situazione verrebbe quasi ironicamente da sperare che sia vero, è legittimo infatti immaginare che la percentuale sia maggiore. Infatti, rimettendosi agli atti sempre dell’Agenzia del Demanio, si scoprono dati agghiaccianti. Nel 2008 su 439 verifiche effettuate, 403 sono risultate irregolari; nel 2009 le verifiche effettuate sono state 573 e di queste ben 551 soro risultate irregolari. Le verifiche dell’Agenzia non riguardano gli aspetti fiscali, ma la corrispondenza dell’utilizzo dell’area assegnata rispetto alla concessione, ma i dati sono estremamente indicativi del tipo di approccio che i gestori hanno. Altri dati, questa volta della Guardia di Finanza, aiutano a focalizzare meglio la situazione: stando a quanto riportato dalla stampa (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/06/20/sul-litorale-record-di-evasori-fiscali-multati.html) su circa 4.000 verifiche l’anno svolte dal Gruppo della Guardia di Finanza di Ostia (Roma) sul litorale laziale, si riscontrano irregolarità nel 45% dei casi, percentuale che sale al 61% se si considera solo i controlli effettuali per i servizi sottoposti all’obbligo di scontrino fiscale (somministrazione di bevande ed alimenti oltre che di ristorazione). Sempre la Guardia di Finanza segnala poi significative elusioni della normativa sul lavoro con significativi casi (tutt’altro che sporadici) di lavoro in nero soprattutto in relazione ai lavori più faticosi (come la posa di ombrelloni e lettini o la pulizia).
L’Italia è molto variegata, così come i comportamenti degli italiani, per cui attenzione di fare di tutte le erbe un fascio: esistono anche in questo settore aziende serie, scrupolose, rispettose delle regole, che operano in modo inappuntabile a vantaggio di tutti e senza venire meno ai propri interessi. Il complesso del sistema è però diverso, e come sempre chi opera correttamente in quest’Italia rischia di sentirsi un po’ fesso.
Lo scandalo che stiamo raccontando è sotto gli occhi di tutti e la nostra, pur più articolata e complessiva, non è certo una denuncia inedita. Meritoriamente ad esempio la trasmissione Report si è occupata della questione (http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-136a5a43-fa7a-4ff3-a271-1ba3ca11aad5.html?94660769) documentando con casi concreti alcune delle situazioni sopra descritte. Inoltre, con una certa frequenza, la stampa locale da riscontro delle azione della Polizia Municipale o della Guardia di Finanza che negli stabilimenti balneare scoprono magagne praticamente ogni volta che intervengono o che vogliono intervenire. Ed ancora, chiarissime sono le analisi dell’Agenzia del Demanio eppure… la situazione si lascia volutamente fuori controllo facendo torto a tutti i cittadini non solo e non tanta per la palese evasione fiscale e per il clamoroso vantaggio privato di pochi, quanto per la sottrazione di un bene straordinario quale quello di una spiaggia o di un accesso al mare.