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Grandi promesse per Grandi Opere, e tutti sanno che mancano i soldi

15 dicembre 2010 0 commenti

Grandi-opereIn questi giorni di bilanci politici la questione delle Grandi Opere, promesse dal Governo Berlusconi ormai da oltre 10 anni, è nuovamente balzata agli onori della cronaca.  Se si prende come riferimento il quadro delle Grandi Opere Strategiche annunciato dal presidente Berlusconi in una conferenza stampa a Palazzo Chigi esattamente nove anni fa, il 21 dicembre 2001

( http://digilander.libero.it/altavoracita/ultimora/text/op-strat.pdf ) , ci si renderà conto che nonostante tutte le procedure semplificate approvate (come quelle della cosiddetta Legge Obiettivo) molte di queste sono ancora al palo. Le priorità dell’elenco del 2001 sono state in parte modificate, ma comunque recenti studi hanno documentato come ancora il 55,07 % delle opere deliberato dal Governo sia ancora allo stato di progettazione o comunque non abbia ancora visto l’apertura dei cantieri. Soltanto il 19,72 % delle opere sarebbe stato ultimato anche se parte di queste dev’essere ancora collaudato, mentre  il 25,21% degli interventi sarebbe in fase di realizzazione.  Si potrebbe obiettare per un Paese come l’Italia tutto questo è normale, ma se questo può valere per i ritardi esecutivi,  l’aver deliberato opere e piani che non hanno coperture economiche e che servono solo per il loro effetto annuncio rappresenta  un malcostume che certo normale non è.  L’attuale programma per le infrastrutture strategiche del Governo ha un costo complessivo preventivato di 233.136 milioni di euro e di questi ne sono stati resi disponibili con appositi stanziamenti solo 92.036.  La domanda spontanea e legittima che mira a scoprire come verranno trovati i residui 141.232 milioni di euro resta ad oggi drammaticamente senza una risposta chiara.

Spulciando nelle tabelle alcuni dati clamorosi saltano agli occhi.  Il costo del Ponte sullo Stretto di Messina, ad esempio,  viene stimato (ma meglio sarebbe dire sottostimato) in 6.950 milioni, ma solo 1.493 sarebbero disponibili; i privati metteranno i mancanti 5.300?  Per la realizzazione del tanto decantato corridoio 5 (Lione – Kiev) , cioè la rete ferroviaria ad alta velocità che attraverserebbe la Pianura Padana che secondo la percezione di tutti si sarebbe impantanata in Val Susa,  vede ad oggi uno stanziamento deliberato pari a 1.501 milioni di euro contro un costo preventivato di 17.779 milioni.  Il valico del Brennero ha ad oggi risorse disponibili per 1.198 milioni, ma un costo previsto 8.159 milioni.  Problemi anche per le opere già avviate come la Salerno _ Reggio Calabria ed il Mose.  Per la Salerno – Reggio Calabria all’appello mancano poco meno di  3.000 milioni per il completamento delle opere (stanziati 7.279 milioni a fronte di un preventivo di 10.222);  per i lavori del Mose vanno ancora reperiti 2.252 milioni visto che l’opera dovrebbe costarne 5.496 e che ne sono stati stanziati “solo” 3.244.

Al di là della condivisione o meno sulla politica delle Grandi Opere ovvero su ciascuna delle opere deliberate dal Governo,  il quadro appare drammatico quanto paradossale. Come denunciato dall’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili, associata a Confindustria)  sembra quasi che il Governo abbia avuto “la volontà di rallentare la spesa per le infrastrutture” , anche se poi ad onor del vero la situazione è stata determinata più dall’indisponibilità di risorse che da una vera volontà( http://www.ance.it/ance/jsp/home.jsp?sItemId=4906384&sTipoPagina=dettaglio&sListId=4910824) . Comunque i numeri dicono che gli investimenti nel settore sono i calo costante dal 2004 ( http://www.ance.it/ance/jsp/home.jsp?sItemId=4923948&sTipoPagina=dettaglio&sListId=4920548 ) e dunque c’è da interrogarsi seriamente su tre domande. Le Grandi Opere, in un momento di recessione e di ridisegno globale dell’economia qual è quello attuale, costituiscono per un Paese come l’Italia un rilancio occupazionale oppure sono un palliativo che droga ulteriormente un sistema che non è in grado di rinnovarsi? Data l’esiguità delle risorse, non era il caso di concentrare le risorse su un numero estremamente ristretto di priorità?  Le  Grandi Opere costituiscono una risposta credibile per un Paese come il nostro che invece ha bisogno di una miriade di piccoli o medi interventi legati alla manutenzione del territorio e alla gestione in efficienza dell’esistente?