Il federalismo all’italiana rischia non solo di spaccare l’Italia, ma anche di aumentare il consumo di suolo
Il dibattito sul Federalismo nasce certamente da molto lontano, ha caratteristiche storiche ben diverse dalla spinte secessionistiche (federalismo deriva da “foedus” che vuol dire “patto”, cioè l’accordo che Comunità diverse siglavano per poter convivere e per meglio difendersi da minacce esterne). Rimanendo ai giorni nostri ed all’attualità politica, molte delle cose di cui oggi si discute trovano origine nella riforma del Titolo V della Costituzione approvata nel 2001; in relazione ad esempio al cosiddetto “federalismo fiscale” va letto l’art. 119 che nel testo riformato sancisce che “I Comuni, Le Province, Le Città Metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa”, soggetti istituzionali questi che “hanno risorse autonome” anche stabilendo ed applicando “tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”; possono inoltre disporre “di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al territorio”. E’ chiaro che le modalità applicative di questa previsione possono essere ampie e molteplici ed è altrettanto chiaro che oggi i Comuni sono stati messi sul lastrico. Certamente una qualche modalità per accrescere i finanziamenti degli Enti Locali va trovata, ma la vicenda del Federalismo, letta attraverso la sua evoluzione, va meglio valutata sul piano degli effetti possibili perché in campo ambientale ha già fatto danni seri.
Limitando la riflessione ai Comuni, va subito detto che per motivi solamente ideologici si è voluto abrogare la tassa sulla prima casa (l’ICI è stato abrogato a decorrere dal 1 gennaio 2008) quando tutti sapevano che quella era una fonte di entrate fondamentale per i Comuni. Con un taglio di risorse così cospicuo i Comuni hanno dovuto arrangiarsi ed anche a seguito di questo problema abbiamo visto una vera e propria esplosione di concessioni edilizie i cui oneri versati hanno compensato parzialmente le mancate entrate ICI. Le procedure di sanatoria e successiva legittimazione di decine di migliaia di cartelloni abusivi (a Roma la situazione è scandalosamente clamorosa) è stata un’altra forma di entrata di cui tutti avremmo fatto molto volentieri a meno. Ricordiamo poi l’aumento degli spazi pubblici in concessione che in alcune città hanno santificato quello che prima veniva chiamato “tavolino selvaggio”. A Roma ricordiamo anche l’autorizzazione degli stalli per i pulman in pieno centro storico cioè l’occupazione abusiva di piazze e strade da parte di bar e ristoranti che mettevano un numero di tavoli ben maggiore a quello autorizzato. A Roma ricordiamo anche l’autorizzazione degli stalli per i pulman in pieno centro storico (i mega pulman davanti a San Pietro a Via della Cociliazione prima erano abusivi ed erano invitati ad utilizzare l’apposito posteggio sotto il Gianicolo, oggi pagano e sono autorizzati e “chissenefrega” del terribile effetto che questi producono). Per non dire poi dei rincari a tutti i servizi comunali ad iniziare dalle mense scolastiche e dalle tasse di soggiorno.
In questi anni si è anche pasticciato intorno alla cosiddetta addizionale IRPEF (il cui limite massimo era stato fissato allo 0,8% con la Finanziaria 2007) e già sotto questo aspetto la situazione in Italia tutt’altro che uniforme. Ora con il Federalismo fiscale s’intenderebbe attribuire ai Comuni una percentuale dell’IRPEF (si dice il 2,5%) ed una addizionale che verrebbe riconosciuta in cambio di un impegno a combattere l’evasione fiscale. Ciò in concreto significa che la capacità di reddito dei Comuni sarà proporzionato sostanzialmente alla capacità di reddito dei propri cittadini, cioè esattamente quello che veniva chiesto con la campagna “Roma Ladrona”: qui si produce il reddito, qui le tasse devono innanzi tutto rimanere.
Il concetto di Stato era incentrato su ben altri principi solidaristici. La ripartizione del gettito fiscale serviva proprio a compensare le situazioni più deboli e svantaggiate del Paese. Non si può esprimere un giudizio ancora sul federalismo fiscale poiché il testo è in fase di riscrittura, ma il modo con cui il dibattito sta procedendo (e quanto già accaduto in tema di federalismo demaniale) lasci intravvedere un aggravamento del Paese a due velocità e a due livelli di servizi. Inevitabilmente e drammaticamente se i Comuni saranno costretti a “valorizzare” il loro territorio e questo nel linguaggio della politica attuale significa incrementare la già pesantissimo consumo di suolo libero, ad iniziare dei terreni agricoli e dalle fasce costiere, sarà inevitabile. Con tutto quello che ne consegue.