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2012: che sia l’anno degli investimenti in campo ambientale

12 gennaio 2012 0 commenti

calendarioPer i buoni propositi, in realtà, un nuovo anno inizia il giorno che tu decidi debba iniziare. Ma l’inizio di un vero anno nuovo, quello solare per intenderci, è sempre pieno di speranze; tra le mie c’é anche quella piccolissima di mantenere questo blog in modo più continuativo rispetto a quanto non sia sin’ora riuscito a fare.

Ben altre  speranze sono quelle che invece abbiamo come Paese.  La crisi è ormai ben nota a tutti.  Quello che negli ultimi mesi ci è toccato è un sano bagno di realisdmo dopo anni di politica “immaginifica” dove s’intendeva far credere che sarebbero bastati i tagli di spesa (in moltissimi casi certamente giusti e doverosi) per governare e rilanciare un sistema economico ormai privo d’identità  e che somma  le proprie inefficienze a quelle croniche della pubblica amministrazione.

Chi tratta i temi ambientali sa molto bene quanto il problema delle risorse sia, forse ben più che in altri settori, essenziale.  Nel momento in cui si afferma giustamente che la tutela ambientale costituisce al tempo stesso un obbligo ed un’opportunità, in assenza di risorse rimane solo la parte dell’obbligo con tutti i problemi di accettazione che questo comporta.    D’altra parte superare il consolidato sistema d’interessi, ad iniziare da quelli che si muovono intorno al petrolio, significa investire in ricerche e tecnologie, significa sostenere le imprese virtuose, finanziare le buone pratiche, prevedere programmi di sviluppo che adottino come parametro intrinseco la chiave della sostenibilità.  Oggi più che mai significa anche, ed è bene dirlo senza alcun tabù, agire sulla leva fiscale penalizzando le attività ad alto impatto e garantendo l’effettiva destinazione della fiscalità ambientale per sostenere gli interventi di sostenibilità o le opere pubbliche prioritarie legate a problemi di sicurezza quali gli interventi per l’assetto idrogeologico o per il rischio sismico.

A tale proposito è stato un vero peccato che  lo studio sulle cosiddette ecotasse elaborato dall’Associazione Piccole e Medie Imprese CGIA di Mestre non abbia avuto il riscontro e l’attenzione che meritava.  I dati prodotti sono clamorosi e per certi versi rappresentano uno scandalo: solo poco più dell’1% degli introiti delle tasse ambientali viene reinvestito in campo ambientale.  Lo studio prende in considerazione ben 17 tasse (8 relative al campo energetico, 4 ai trasporti e 5 alle attività inquinanti) e documenta come il 98,9 % di questi introiti giustificati da motivi ambientali in realtà vengono utilizzate solo per coprire spese del nostro sistema pubblico ( http://www.cgiamestre.com/2011/11/solo-l%e2%80%991-del-gettito-delle-imposte-%e2%80%9cecologiche%e2%80%9d-va-a-tutela-dell%e2%80%99ambiente/ ). Detta in “soldi”  in Italia le ecotasse fruttano  annualmente oltre 40 miliardi di euro, ma solo poco più di 400 milioni sono gli euro destini all’ambiente. E’ dunque troppo chiedere magiore coerenza tra questa forma di entrata e le relative uscite? Non è forse giusto rivendicare che proprio da queste tasse nasca la spinta per promuovere attività di sostenibilità e riconversioni aziendali in chiave di Green Economi? Non è forse doverose pretendere che, in assenza di piani di ammodernamento e riconversione,  si smetta di finanziare aziende che continuano ad operare come se il mondo in torno a loro non fosse radicalmente cambiato negli ultimi 10 anni?

Una chiave di lettura importante ci viene ancora una volta fornita dall’Unione Europea che, in relazione a questo tema tramite la propria Agenzia per l’Ambiente (E.E.A.),  indica la strada per una riforma delle tasse ambientali (http://www.eea.europa.eu/highlights/environmental-tax-reform-increasing-individual ). In buona sostanza l’Europa chiede una riforma dei sistemi fiscali nazionali attraverso un progressivo spostamento della fiscalità sul lavoro verso le attività ad alto impatto ambientali quali quelle che producono inquinamenti o comportano un grande uso di risorse naturali.  Questa nuova fiscalità, sempre secondo quanto affermato in modo condivisibile dall’Agenzia Europea per lì Ambiente,  avrebbe un ruolo positivo per favorire l’innovazione e metterebbe i Paesi nelle migliori condizioni per finanziare politiche di sostenibilità quali quelle necessarie per lo sviluppo delle energie rinnovabili.

Per il 2012 l’evento più importante in campo ambientale sarà senz’altro il summit solla sostenibilità dello sviluppo che le Nazioni Unite riorganizzato dopo vent’anni a Rio De Janeiro. Non sarà solo l’occasione per verificare lo stato di applicazione delle grandi convenzioni internazionali sul clima, sulla biodiversità e sulla desertificazione, per trattare  per tracciare un bilancio complessivo che temiamo non potrà certo essere positivo. Mancano investimenti e scarseggiano le risorse. Forse la strada della tassazione fiscale in campo ambientale, concepita come meccanismo d’incentivazione e disencintivazione, può rappresentare una risposta positiva per riorientare mercato e produzioni. Forse anche in Italia, dato il ripensamento complessivo complessivo  in atto e il costante richiamo all’Europa, si potrebbero cogliere l’occasione per dare una vera e propria sterzata in questa direzione.