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Diversità e razzismo

28 gennaio 2010 0 commenti

di Marcello Buiatti
Prima di entrare nel merito del fenomeno razzismo é utile definire bene questo termine. Essere razzisti significa individuare un gruppo di persone, assegnare ad esse un marchio che ci permetta di distinguerle da noi, di isolarle e, se possibile eliminarle. Il razzismo ha infatti come obiettivo teorico la omogeneizzazione delle società umane e la eliminazione della diversità fisica, mentale, culturale. Esistono molte specie di razzismo se con quest termine intendiamo correttamente individuazione di gruppi di umani “inferiori” distinguibili da “noi”,da discriminare. Infatti si é razzisti non solo se si discriminano comunità, etnie, popoli, nazioni ma anche quando si agisce contro gli handicappati, gli omosessuali, i santi e i folli, le donne, i poveri, quelli che non la pensano come noi, e perfino quelli che non posseggono gli oggetti che la strana umanità del terzo millennio ci “obbliga”ad acquistare.

Per fare un esempio, poco tempo fa mi sono trovato a parlare di razzismo a circa trecento ragazzi delle scuole medie a cui ho presentato la definizione larga di razzismo . Si é alzato un ragazzino di undici o dodici anni che mi ha contestato affermando che nella sua classe chi non aveva le scarpe “che portano tutti” veniva discriminato, e che questo é giusto perché, ha detto, chi non ha le scarpe del momento “non é uno dei nostri” Confesso che la mia angoscia é stata grande perchè un bambino era già stato influenzato dallo “spirito del tempo” tanto da discriminare qualcuno dando un giudizio tale da escluderlo non per come era ma per il bene di consumo che possedeva. Naturalmente di fatto,l’escluso era probabilmente anche povero, perché con ogni probabilità le scarpe “sbagliate”costavano meno di quelle “giuste”, e i poveri sono sempre stati discriminati ma in quanto tali e non per il “segno” astratto della povertà e per il “peccato” commesso di consumatore inadempiente..

Dietro questo comportamento c’é il tentativo antico della omologazione che adesso non é solo appiattimento culturale ma obbedienza pedissequa agli ordini di un mercato che ha vita propria ed é sempre meno legato al benessere reale.delle le società umane. A questo si aggiunge l’odio per il diverso, che é spesso anche il bisogno di scaricare su altri le colpe delle paure e dei mali che ci capitano o ci potranno capitare e che non riusciamo a combattere. Non a caso i razzismi esplodono nei momenti di insicurezza reale o indotta , delle crisi economiche , nei periodi post-bellici ecc. e coinvolgono sempre tutte le categorie di “reietti”, come é successo con il nazismo che ha sterminato insieme noi ebrei, gli zingari, gli omosessuali, gli handicappati, i contrari al regime, mentre organizzava comunità ragazzi e ragazze biondi e “ariani” obbligati a riprodursi per creare finalmente la “razza pura” .

La risposta classica alla sensazione di pericolo é infatti sempre, da un lato la ricerca di un “duce” che risolva tutti i problemi e dall’altro di un colpevole o anzi dei colpevoli da eliminare. In ambedue i casi il razzismo e la discriminazione ed anche il “conducator” servono a scuoterci di dosso ogni sgradevole senso di responsabilità e a scaricarla su altri. In realtà, lungi dal salvarci, la omologazione é suicida e veramente contro natura perchè la diversità in tutti gli esseri viventi é ed é sempre stata la base della sopravvivenza dei singoli individui e delle specie di esseri viventi che popolano il nostro Pianeta. Lo sanno molto bene i lupi, i cui giovani maschi, una volta arrivati alla maturità sessuale, non si accoppiano mai con sorelle e madri ma fanno anche centinaia di chilometri per trovare una “fidanzata” di un branco diverso ed evitare così una pericolosa consanguineità, giusto come facciamo anche noi ma istintivamente per esperienza vitale, e non per la categoria astratta del “peccato”. Tutti gli esseri viventi , dai batteri a noi umani hanno sviluppato metodi e processi che gli consentono di cambiare con le modificazioni del contesto in cui vivono. I batteri si adattano usando la variabilità genetica. Le piante e gli animali, che hanno vite molto più lunghe e non possono aspettare generazioni per adattarsi, lo fanno utilizzando la capacità di percepire il cambiamento e rispondere attivamente e rapidamente durante i cicli vitali e non solo per la lenta selezione. Noi esseri umani, grazie agli incredibili strumenti di raccolta di informazioni e di elaborazione di invenzioni che sono i nostri cervelli, abbiamo sviluppato capacità aggiuntive di comunicazione, elaborazione, immaginazione ed invenzione che ci hanno permesso di inventare una nuova strategia di adattamento presente solo in forma embrionale negli altri animali. Quando una popolazione di una specie animale si trova ad affrontare un ambiente nuovo i suoi componenti non hanno tutti la stessa capacità di riprodursi trasmettendo il loro corredo genetico alle generazioni successive ma sono favoriti gli individui che hanno i geni , o meglio i varianti di questi (“alleli”), che permettono di adattarsi meglio al nuovo. Così le diverse popolazioni diventano geneticamente diverse le une dalle altre perché vengono diversamente selezionate. Questo invece non avviene nella nostra specie che non si adatta passivamente per via genetica con la selezione, ma modifica attivamente l’ambiente , scegliendo in ogni luogo piante ed animali diversi da cui trarre il cibo, sviluppando linguaggi, riti, religioni, filosofie, scienze, tecnologie ,culture complesse e ricche in grado di modificarsi con una velocità infinitamente superiore a quella della selezione.

E infatti noi, individui appartenenti alla specie Homo sapiens, siamo partiti in poche migliaia di uomini e donne dall’Africa circa centomila anni fa, tutti “abbronzati” come direbbe graziosamente il nostro attuale “conducator”, ed abbiamo colonizzato il Pianeta inventando una enorme diversità di culture e solo in misura infinitamente minore utilizzando la variabilità genetica. E infatti , se si misura la quantità di “varianti”genetici presenti nelle nostre popolazioni ( tutti gli individui di una stessa specie hanno gli stessi geni in varianti diverse) e la si paragona a quella dei nostri “cugini”più stretti ( chimpanzè, gorilla, bonobo, orangutan ) si trova che la loro é molto superiore anche se noi siamo in numero di molto superiore. E’ per per la nostra bassissima variabilità genetica, che nel caso degli esseri umani il termine razza non ha significato biologico dato che tutte le popolazioni umane hanno per oltre il 95% gli stessi varianti. .

Per questo le centinaia classificazioni razziali tentate son risultate tutte diverse con grande scorno di chi mira alla razza “pura” e non conosce la saggezza dei lupi. Da tutto questo emerge che l’eredità che ci viene dai nostri avi a cui si deve la nostra stessa esistenza é la variabilità e diversità cultrale, poco o niente legata ai geni ma dipendente dai nostri comportamenti individuali e collettivi. La omologazione delle culture, dei modi di vivere e di pensare ci avvicina alla possibile estinzione perché ci impedisce di inventare nuovi sistemi di sopravvivenza in risposta ai cambiamenti continui del contesto. In questo particolare momento storico, dominato dalle crisi economiche ed ambientali determinate dalla nostra mancanza del senso del limite e dal tentativo fallimentare di trattare il Mondo come se fosse una macchina incapace di reagire ai nostri atti, la necessità di cambiare é impellente ma l’innovazione é possibile solo utilizzando il nostro ancora grandissimo patrimonio di diversità culturale.

Ad esempio , la soluzione dei problemi del cibo e dell’acqua, risorse che stanno diventando semre più determinanti, dipende dalla nostra capacità e volontà di utilizzare le sapienze contadine dei Paesi poveri , che permettono di risparmiare l’acqua e di coltivare con pochi additivi artificiali, mantenenendo la diversità genetica di piante ed animali, producendo per consumare e non soltanto per vendere , utilizzando tecniche diverse da territorio a territorio. Ma soprattutto la nostra rinascita deve comportare un cambiamento radicale dei rapporti individuali e collettivi degli esseri umani e una rivalutazione della vita quale é veramente, fatta di carne e sangue, di vita e di morte ,di rapporti ricchi fra le persone e fra i popoli e non solo di danaro come ci vogliono far credere . Vanno quindi integralmente modificate le regole dell’economia , costituita ora solo per meno di un sessantesimo da scambi di merci reali e per il resto da acquisto e vendita di danaro , e quelle di un vivere civile fra esseri umani che sappiano apprezzare l’esistenza dell’altro come fonte di gioia e di “buen vivir” e non la tollerino per sentirsi “buoni” verso persone che in realtà non sopportano. Se invece saranno ancora le esigenze di una economia sempre più fatta di danaro e non di beni e servizi a dominare le nostre scelte, i razzismi aumenteranno e saranno fomentati come lo sono stati sempre di più nell’ultimo secolo dai poteri economici e nazionali.

Non soltanto, ma la frammentazione sarà sempre di più non solo fra individui all’interno di nazioni, etnie, popoli fra ma anche fra di essi. Non é un mistero che molte delle guerre civili fra etnie presenti sullo stesso territorio, come é avvenuto nella ex-Jugoslavia , in Israele, Afghanistan, Iraq ecc.sono state stimolate ed indotte dai rapporti fra le forze che dirigono le economie del Mondo. Anche i più feroci conflitti religiosi sono del resto sorti da contese che con la religione avevano poco in molti casi, dalle crociate , alla invasione delle Americhe, alle guerre coloniali, ai conflitti per il petrolio e altre risorse spesso mascherate con lotte fra religioni e fra etnie. Possiamo comunque , e dobbiamo per sopravvivere, cominciare a fare chiarezza su cosa veramente sono i razzismi eliminando gli stereotipi che impediscono il cambiamento.