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OGM: prodotti della scienza o strumento finanziario?

26 febbraio 2010 0 commenti

OGM: prodotti della scienza o strumento finanziario?

di MARCELLO BUIATTI

a) La scienza e lo stato dell’arte

Il dibattito sulle piante geneticamente modificate ( i cosiddetti OGM) , dopo un periodo di relativa calma, si é improvvisamente riattivato in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato che ne permette la commercializzazione anche in assenza di una legge nazionale da tempo dovuta ma ancora non attuata che stabilisca le condizioni di controllo. Questo non significa che le piante geneticamente modificate verranno senza dubbio coltivate ma apre la strada alla loro utilizzazione determinando grosse preoccupazioni in chi non le vuole ed esultanza in chi da tempo sta cercando di introdurle nel nostro Paese.

Purtroppo questo dibattito non pare in alcun modo maturato ma si riduce spesso ad uno sventolio di bandiere e a proclami che,  in quanto tali, non rispondono alle richieste della gente che vorrebbe saperne di più per eventualmente decidere in scienza e coscienza. Non solo, ma nei mezzi di comunicazione di massa il confronto avviene fra alcuni ricercatori autonominatisi rappresentanti della scienza tutta da una parte e dall’altra da una parte di ambientalisti che considera gli OGM come prodotti di diavolerie, in questo confermati proprio dall’atteggiamento apodittico di erogatori di verità assolute che assumono alcuni dei miei colleghi che lavorano in questo campo.

Stanno per fortuna un po’ fuori da questo schema gli agricoltori che in genere saggiamente si limitano a discutere di economia e di agricolture senza entrare troppo nel merito dei vantaggi e svantaggi dal punto di vista della salute umana e dei possibili danni agli ecosistemi. Chi scrive appartiene a una ulteriore categoria di persone che lavorano in campo scientifico e che , proprio per questo, senza essere contrarie per principio agli OGM, ne valutano i possibili effetti positivi e negativi. Proverò quindi a portare alcuni dati noti a tutti ma che, per ragioni che mi riesce difficile comprendere non vengono mai menzionati, che permettano di dare giudizi più razionali e di far comprendere che anche in questo caso come in tanti altri “ll re é nudo” e non coperto da abiti inesistenti.
Innanzitutto mi preme sfatare l’opinione diffusa che gran parte delle piante coltivate e disponibili sul mercato siano state “ingegnerizzate”. Al momento invece ne sono largamente coltivate solo quattro ( mais, soia, cotone, colza) e in misura molto minore la papaya. Le prime quattro piante hanno acquisito, per mezzo della “ingegneria genetica” ( così si chiama la biotecnologia che mira a trasferire DNA da una specie ad un’altra ), due soli caratteri e cioé resistenze a insetti e a diserbanti , ambedue ottenute con geni batterici, mentre la papaya , coltivata a Haiti, é resistente ad un virus. Tutto qui quello che c’é veramente sul ,mercato nonostante che le prime piante geneticamente modificate siano del 1983 e siano entrate sul mercato nel 1996, dopo di che l’enorme spesa in ricerca e sperimentazione di possibili futuri OGM non é mai approdata ad un risultato veramente concreto in termini di accettazione da parte del mercato. Questo non é colpa degli ambientalisti, perchè nulla é cambiato nemmeno nei Paesi come gli Stati Uniti in cui il movimento anti-OGM é quasi inesistente e si spendno miliardi di euro non solo per la ricerca ma anche per esercitare pressioni economiche su quei Paesi che ancora non hanno ammesso sui loro mercati piante “transgeniche”. Non che non vi siano nei laboratori e anche nei campi sperimentali altri OGM ma nessuno di questi fino ad ora é entrato massicciamente in produzione perché hanno tutti problemi dal punto di vista delle rese e della appetibilità da parte dei consumatori.
La ragione di questo fallimento tecnologico deriva dalla vecchia ed errata impostazione della ricerca che parte dal presupposto che un gene o comunque una sequenza di DNA presente nel patrimonio genetico di un organismo compia la stessa funzione se spostata in un altro e non venga modificata nel percorso di trasferimento. Questa visione, veramente sorpassata in Biologia, non tiene conto delle inevitabili interazioni fra il gene inserito e la pianta ospite , fra questa e l’ambiente ed fra cibo OGM e la salute dei consumatori siano essi umani o animali. Vediamo allora per ordine quello che si sa in questo campo anche grazie al lavoro indipendente di un nucleo per niente irrilevante di ricercatori in parte aderenti ad una “Rete di scienziati con responsabiità sociale ed ambientale” (ENSSER) fondata a Berlino l’anno scorso. Innanzitutto, quando trasformiamo una pianta con un frammento più o meno lungo di DNA non sappiamo a priori se sarà modificato o no dall’organismo ricevente, dove si inserirà nel DNA dell’ospite e in quante copie sarà inserito. Una serie di studi cominciati nel 2000 ( ma indicazioni erano venute anche prima) hanno dimostrato che generalmente le copie inserite sono più di una, la sequenza puà essere spezzettata e riarrangiata , nel genoma ricevente possono entrare altri pezzi di DNA che si usano per la trasformazione e i geni “alieni” possono inserirsi in geni pre-esistenti . Le conseguenze di tutto questo possono essere un imprevisto aumento di espressione del gene , un suo blocco, la inattivazione di geni rilevanti per la vita della pianta, e anche la sintesi di proteine ( le proteine sono gli “strumenti che ci auto-costruiscono”) che non sono mai esistite in natura.

Per capire come questo ultimo problema si può presentare bisogna premettere che il DNA , per produrre le proteine , deve essere “trascritto” in una altra molecola che si chiama RNA che poi viene “tradotta” in proteine. Ora , fino a poco tempo fa si pensava che la trascrizione e la traduzione copiassero fedelmente la serie di “lettere” del DNA in quelle dello RNA mentre adesso sappiamo che la “copiatura” non é necessariamente fedele per cui ci sono singoli geni che danno anche oltre trentamila proteine a seconda della cellula in cui vengono espressi e dei segnali che arrivano dall’esterno. Quindi, quando un gene “alieno” si inserisce in un altro preesistente spesso succede che lo RNA viene copiato un po’ sull’uno e un po’ sull’altro dando quindi, se tradotto, proteine completamente nuove. Che questo possa succedere é stato dimostrato ad esempio in soia e in un mais geneticamente modificato dalla sigla MON 810 ( questo ultimo dato é del nostro laboratorio).
Una volta sintetizzata la proteina poi, é possibile che questa si combini con altre molecole cambiando funzione e comunque interagirà con proteine preesistenti in modi non prevedibili a priori. Sono proteine gli strumenti che ci permettono di sintetizzare una miriade di altre piccole molecole la cui composizione qualitativa e quantitativa potrebbe essere modificata dalla presenza di nuove sequenze di DNA e dei riarrangiamenti imprevisti che introducono nel sistema proteine nuove che non si sono mai adattate ( co-evolute) con il resto della rete. In altre parole il “metaboloma” e cioé l’insieme di molecole della vita di un organismo sarà con ogni probabilità modificato nelle piante OGM rispetto ai loro controlli. Tutto questo, sia ben chiaro , non comporta necessariamente la produzione di veleni di vario tipo nelle piante “transgeniche”, ma può rendere le piante stesse non produttive, con caratteristiche qualitative e nutrizionali modificate e quindi non accette dal mercato. Un esempio famoso da questo punto di vista é il cosiddetto “Golden rice” (riso d’oro) che avrebbe dovuto produrre una grande quantità di provitamina A e risolvere quindi importanti carenze alimentari.

Il riso con il gene necessario inserito fu immesso nel mercato con grande sforzo propagandistico da una delle grandi mutinazionali del settore , Syngenta, diversi anni fa ma fu ritirato poco dopo perché si scoperse che produceva effettivamente la provitamina ma in quantità così basse che una persona normale per soddisfare il suo fabbisogno avrebbe dovuto mangiare svariati chili di riso al giorno. Ora Syngenta sta propagandando in anticipo un variante della stessa varietà e conta di immetterlo sul mercato nei prossimi anni. Vedremo se questa volta il risultato sarà positivo o se anche questo prodotto dovrà essere definitivamente eliminato come é successo in altri casi a cominciare dal pomodoro “Flavr Savr”, il primo in assoluto ed essere lanciato sul mercato, che era stato reso immarcescibile dalla trasformazione ma era duro e dal gusto cattivo. Per ora quindi il successo é limitato alla quattro piante che ho citato prima trasformate per soli due caratteri. Questi OGM sono produttivi e quindi si può affermare che la trasformazione non ha avuto effetti negativi sulla vita delle piante probabilmente perché il prodotto del gene inserito , anche per la sua provenienza batterica, non interagisce negativamente con la rete metabolica vegetale.

E’ tuttavia falso che soia e mais transgenici siano più produttivi di quelli non modificati e lo si può osservare guardando il sito del Dipartimento della Agricoltura statunitense in cui si trovano i dati delle rese unitarie di mais dal 1977 al 2007 . Dato che le piante geneticamente modifcate sono state immesse sul mercato nel 1996 ci si aspetterebbe una impennata produttiva a cominciare da quell’anno , impennata che invece non risulta affatto anche se nel trentennio considerato si registra effettivamente un aumento di produzione costante, probabilmente per la introduzione di innovazioni nelle tecniche culturali.

E’ interessante notare che invece l’impennata appare nei dati che si trovano nel sito di Syngenta , uno dei più grandi produttori di OGM del Mondo , e che sono quindi falsati e attribuiti invece allo stesso Dipartimento dell’Agricoltura americano. Dal che si desume che resistenza ad insetti e a diserbanti non portano ad un aumento di produzione unitaria ma solo ad una possibile riduzione dell’uso di insetticidi dato che la pianta stessa li produce e d’altra parte alla possibilità di dare diserbanti a volontà senza il pericolo che le piante coltivate ne subiscano danno. Appare ovvio quindi che , almeno per ora gli OGM non sono in grado di alleviare la fame di nessuno nonostante la propaganda sfrenata in questo senso. Anzi, indirettamente la fame aumenta quando si coltivano piante transgeniche non perché non producano cibo ma in quanto le loro colture ne soppiantano altre migliori da questo punto di vista come é avvenuto in Argentina dove ‘é stato un aumento vertiginoso di produzione di soia transgenica ma le produzioni di grano , di miglio, di patate sono crollate . Questo perché la produzione industriale di soia ha portato alla cacciata dei piccoli agricoltori, alla distruzione delle loro produzioni, ed alla nascita di enormi aziende di centinaia di migliaia di ettari che basano il loro profitto sulla utilizzazione di braccianti stagionali a bassissimo costo e sulla esportazione della soia o anche del mais come alimento per il bestiame del Nord del Mondo. Alcuni dei miei colleghi, quando gli si fanno presenti questi dati, sorridono con atteggiamento paziente e dicono che non ha più senso discutere di questi prodotti perchè sono vecchi ed obsoleti mentre adesso ce ne sarebbero altri molto migliori.

Questa affermazione purtroppo però non trova riscontro nei dati ripportati da Clive Jones, al sito di ISAAA, molto elogiativo degli OGM, da cui si vede una aumento continuo dell’area mondiale coltivata a OGM tutto però per merito dei soli noti quattro prodotti della ingegneria genetica di cui si é parlato. Per ora quindi si resta a questo punto , e se ne sono rese conto anche le imprese produttrici che puntano adesso a piante che producano farmaci in seguito alla inserzione di geni provenienti dalla nostra specie, o siano resistenti a più di un patogeno e a più di un diserbante ( la cosiddetta tecnica della accumulazione di più geni nello stesso organismo).

b) Non più scienza ma controllo del mercato

E’ interessante notare che in un momento di stallo per quanto riguarda i prodotti sul mercato e senza rilevanti cambiamenti nelle tecniche impiegate, viene invece intensificata la campagna propagandistica perché tutti i Paesi aprano i loro mercati ai prodotti geneticamente modificati ad uso alimentare, e in effetti la superfice mondiale dove questi vengono coltivati sta ancora aumentando nonostante che, come si é visto, le caratteristiche degli OGM presenti sul mercato siano ben lungi dall’essere ottimali per le agricolture.

La propaganda viene condotta con molti mezzi, dalla comunicazione falsata dei progressi della ingegneria genetica e dei possibili sensazionali prodotti che però non pare stiano arrivando, alle pressioni politiche ed economiche e a veri e propri trattati che le grandi multinazionali concludono o cercano di concludere in particolare con i grandi Stati emergenti , potenziali ghiotti mercati da conquistare . Tutto lo sforzo quindi non viene concentrato sul progresso scientifico, che permetterebbe di controllare meglio e di migliorare i prodotti che ci sono e eventualmente di produrne altri ancora ad uso alimentare e al contempo di dissipare i dubbi degli agricoltori e dei consumatori sulla utilità degli OGM e sulla loro possibile pericolosità, individuando tecniche con un minore margine di imprevedibilità. Gli investimenti sono invece su alcuni nuovi prodotti di uso industriale e non alimentare , e soprattutto servono ad esercitare tutte le pressioni possibili per allargare il mercato disponibile fra cui non ultimo il veto all’aggionamento necessario dei sistemi di controllo che gli Stati hanno sulla sicurezza dei cibi transgenici.

A ben vedere purtroppo questa strategia é molto simile a quella delle grandi e grandissime imprese farmaceutiche che ormai spendono più nel “marketing” e nella propaganda esercitata con tutti i mezzi che nella ricerca di nuovi prodotti e diventano sempre più potenti via via che aumenta la concentrazione industriale. Ne é esempio il caso della cosiddetta “influenza suina” che , almeno per ora, sembra non avere lontanamente la pericolosità che le era stata attribuita e su cui aumentano le perplessità e le accuse di possibili intrighi fra imprese e Stati nazionali che coinvolgono la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità. Sia nel caso delle piante transgeniche che per i prodotti farmaceutici si assiste ad una lotta dura anche se in parte sotterranea fra chi chiede ed esige una maggiore sicurezza di controlli e chi invece spinge perché non ci siano o perché vengano abolite le ultime barriere che alcuni Stati nazionali pongono alla entrata di prodotti la cui sicurezza non é dimostrata.

E’ così che agenzie come l’EFSA europea, che si occupa dei controlli degli alimenti, agiscono con criteri che si potrebbero , a essere gentili, definire singolari. Questa agenzia infatti, non per colpa dei tecnici che ci lavorano ma delle linee guida dettate dalla Commissione Europea, non ha suoi laboratori, né si serve di laboratori indipendenti per il controllo della veridicità delle affermazioni delle imprese che vogliono immettere sul mercato i loro prodotti, ma si limita a chiedere a queste di eseguire i controlli. Così questi vengono effettuati da “controllori-controllati” , con una prassi che dovrebbe essere del tutto vietata per l’ovvio conflitto di interessi, e le tecniche richieste alle imprese per il controlo della sicurezza, contrariamente a quanto affermano le regole internazionali della analisi di qualunque rischio, non sono aggiornate e non tengono conto dei rapidissimi progressi della genetica e della biologia molecolare in campo scientifico. Anzi, si arriva al paradosso , come accennavo all’inizio di questo articolo, dei tecnologi che attaccano chi fa ancora scienza di base con successi tanto importanti quanto ignoti ai mezzi di comunicazione di massa, affermando che tutta la scienza é favorevole alle piante geneticamente modificate in quanto tali che non avrebbero e non potrebbero avere comunque alcun problema.

Sia ben chiaro, personalmente io credo che i problemi principali degli OGM attualmente in commercio dal punto di vista della salute umana non siano particolarmente gravi ma questo non toglie che le modalità di controllo siano sbagliate e desuete e che quindi il dubbio sulla innocuità delle piante transgeniche sia del tutto giustificabile.. Del resto il livello di imprevedibilità di cui ho parlato, che ha impedito lo sviluppo di piante veramente utili per la alimentazione , dovrebbe porre seri dubbi anche sulla sicurezza alimentare e far chedere con forza che anche in questo campo si usino tecniche aggiornate per valutare la sicurezza o meno degli OGM passati presenti e futuri e cioé ancora non commercializzati. Si può , a rinforzo di questa affermazione, citare il caso di due mais geneticamente modificati, il già cotato MON810 e MON 863 . Ebbene , in MON810 é stato scoperto molto presto che un frammento del DNA inserito era scomparso il che ha costretto la impresa produttrice a modificare il brevetto , poi si é osservato che l’inserto era entrato in un gene importante per il metabolismo della pianta ( la “ubiquitin-ligasi”), che come ho già accennato diversi RNA imprevisti venivano sintetizzati, e infine che la composizione del prodotto mostrava notevoli differenze dal controllo sia per la composizione proteica che per il metaboloma complessivo .

Il caso di MON 863 é ancora più preoccupante perché ha a che fare direttamente con il rischio. Per questo mais EFSA ha accettato le conclusioni della impresa produttrice basate su un esperimento condotto su topi allevati con questo mais, da cui sono stati ottenuti dati analizzati però con metodi statistici obsoleti e non sufficienti per rilevare eventuali significatività nelle differenze fra trattati e controlli. . Dato che era trapelata qualche incertezza, i dati sono stati richiesti da diverse associazioni di cittadini e da ricercatori competenti nel campo e dopo una strenua difesa di Monsanto che non voleva renderli disponibili, sono stati resi analizzabili dopo la ingiunzione di un giudice tedesco. Si é così visto che la analisi statistica era stata fatta in modo veramente approssimativo mentre una elaborazione corretta ha dimostrato un livello di pericolosità tale da spingere più d un Paese al blocco della immissione sul mercato del prodotto . Nonostante tutto questo le linee guida di EFSA non sono state cambiate e anzi ora é in discussione la emissione di nuove norme ancora meno restrittive.
Questi ed altri dati inevitabilmente hanno aumentato forse anche oltre misura la preoccupazione delle popolazioni e di intere Nazioni che si fidano semre meno dei dati sulla sicurezza degli OGM e ne impedscono la importazione come é successo in Francia e Germania per MON 810 e in India molto recentemente per una melanzana geneticamente modificata. E’ per questa stessa ragione che la papaya resistente a virus , ampiamente coltivata nelle Hawai é stata un insuccesso nel senso che le esportazioni sono diminuite per il basso livello di accettazione delle piante transgeniche, in assenza di una analisi di rischio scentificamente corretta. Di fatto quindi il veto alla modificazione delle procedure di controllo, da parte delle grandi imprese ha avuto un ritorno negativo per la vendita del prodotto e la giustificata diffidenza dei consumatori. Alle preoccupazioni sulla sicurezza alimentare si aggiunge in diversi casi, come in Italia , in altri Paesi europei e anche in India, la ostilità alla agricoltura industriale che punta sugli OGM e la difesa delle “sovranità sul cibo”e delle tradizioni , delle produzioni tipiche spesso migliori dal punto di vista economico, del tessuto di piccole e piccolissime aziende agricole destinate a sparire con la concentrazione e quindi la supremazia delle grandi imprese agricole industriali.

Pesano su questo i dati di quanto é successo in Argentina ma anche in India dove migliaia di contadini si sono suicidati oer l’elevato cost dei prodotti industriali , la distruzione della foresta amazzonica per la coltivazione di soia OGM, i bassi prezzi sul mercato delle piante transgeniche. A tutto questo la grandi imprese multinazionali che controllano quasi tutto il mercato sementiero, completamente la produzione di OGM e i prodotti farmaceutici grazie ad accordi sovranazionali , non rispondono in alcun modo cercando di migliorare il prodotto, permettendo ad organi indipendenti la analisi integrata del rischio, cercando ,sulla base della scienza contemporanea nuovi sistemi per ridurre la imprevedbilità ecc., ma si affidano sempre di più ad azioni di forza e ad un uso indiscriminato delle regole della Organizzazione Mondiale del Commercio da loro parzialmente dominata. Di fatto é lo stesso concetto stesso di mercato che viene distorto perchè non si lavora per rendere competitivo e più appetibile il prodotto vincendo lealmente la concorrenza, secondo le regole della domanda e della offerta, ma la si sconfigge creando situazioni di oligopolio vietate dalle leggi nazionali ma non a livello globale e usando contemporaneamente pressioni politiche e anche militari come é successo in vaste zone della America latina dove si sono distrutte agricolture locali, cacciati i coltivatori, persi patrimoni fondamentali per l’umanità di culture e di colture .

In realtà gli OGM sono un esempio di come la concorrenza come ce la insegnavano i padri fondatori della economia moderna non esiste più nel senso che é sempre meno legata al prodotto e sempre di più alle manovre finanziarie , all’acquisto e vendita di moneta, ai frutti de brevetti e non dei prodott brevettati. E infatti ogni singolo OGM é gravato da centinaia di brevetti sulle tecniche fondamentali per produrli, sugli strumenti molecolari e sulle macchine che si usano, sulle sequenze chevengono introdotte, sui metodi di analisi delle piante modificate ecc. Questi brevetti producono profitto anche se non si vendono i prodotti che ne dervano perché vengono venduti e scambiati in quanto tali. C’é poi ovviamente il mercato azionario in cui le grandi del settore farmaceutico e biotecnologico sono quotate , mercato molto sensibile non tanto ai successi sul mercato quanto alle promesse di questi. Da questo punto di vista vale molto di più la notizia che un particolare Paese che si era sempre rifutato di comprare e commerciare OGM ha ceduto alle pressioni, dello sviluppo di una innovazione acquisita con un miglioramento della tecnica e del prodotto. Valgono in questo ambiente anche i lanci pubblictari di prodotti futuribili e magari mai realizzati, le notizie date da laboratori delle imprese sulla assoluta affidabilitò degli OGM, quelle di un ulteriore accorpamento delle grandi imprese, le assicurazioni dal tutto ingiustificate del valore degli OGM in relazione al cambiamento climatico ( vedi la bufala delle piante resistenti al secco e al calore ) o per la fame del Mondo che invece fino ad ora gli stessi OGM hanno aggravato.

Tutto questo impedisce che la verità delle cose sia conosciuta e valutata dai consumatori e anche dagli agricoltori stessi che vengono subissati di notizie sensazionali generalmente del tutto false di scoperte di geni “salvifici” per alimenti straordinari e , anche per cure di gravi malattie purtroppo in molti casi non veritiere. Al momento é estremamente difficile rendere razionale il dibattito anche perchè le grandi sementiere , sono grandi produttrici di OGM, di brevetti in diversi campi , di sostanze chimiche ( classica la impresa come Monsanto che seleziona le piante resistenti ai diserbanti prodotti dalla stessa impresa per venderne di più), di farmaci, stanno cercando di avere il monopolio della variabilità genetica delle piante e degli animali domestici attraverso ancora la brevettazione, stanno acquistando o controllando il cosiddetto “oro bianco” e cioé l’acqua in previsione delle siccità provocate dal cambiamento climatico globale ecc. L’unica cosa che donne ed uomini di scienza possono fare in proposito é da un lato non cedere ai soldi, ai ricatti ed alle lusinghe dei padroni del Mondo ma continuare invece a fare ricerca di valore , smascherando le bugie e dicendo pedantemente , coraggiosamente, e continuamente , che il re é nudo con la forza dei propri dati ed esperimenti.

E’ per questo che si sono formate e si stanno formando una serie di associazioni di ricercatori che si occupano di tutte le aree in cui é urgente intervenire subito in questo senso. Tali sono ad esempio la storica “Union of Concerned scientists” Statunitense, la europea ENSSER e tante altre che stanno cercando di creare una rete delle reti a questo scopo.