Home » Claudia Bettiol » Azioni, Clima, energia, greenreport, Letture, Politiche »

Parigi, la cultura e le rinnovabili

18 luglio 2010 0 commenti

Oggi una notizia mi ha particolarmente colpito ma anche rattristato per il tempo e le occasioni perse.

La città di Parigi ha dato inizio ad una interessante iniziativa: 8 impianti idraulici di piccola taglia per ricavare energia dal fluire della Senna. Gli impianti sono piccoli e saranno posizionati in modo da non interferire con la navigazione dei numerosi battelli che solcano il fiume ogni giorno Questi impianti ancora non hanno una comprovata maturità tecnica, e quindi il loro costo è alto e i tempi di ritorno dell’investimento non lo renderebbero appetibile per imprese private.

Così sono nate critiche a questo progetto da parte di coloro che gridano allo sperpero di denaro. Ma l’amministrazione di Parigi ha risposto a queste critiche sorprendendo tutti. Ha detto che questi costi non sono da considerarsi come un investimento in energia ma come un investimento in comunicazione. La notizia degli impianti ha ormai già raggiunto milioni di persone in tutto il mondo e gli impianti saranno realizzati con una forte attenzione all’interfaccia con il turista e con accordi con scuole e università.
Finalmente la giusta risposta ad una domanda sbagliata!

L’amarezza che provo, infatti, deriva dal fatto che questa è la mia risposta da sempre alle critiche che vari soggetti hanno avanzato al programma di incentivi al fotovoltaico chiamato “conto energia”. A tutti coloro che mi presentavano conti economici circa la validità di questi programmi, che sempre più governi avviano, ho sempre risposto articolando due concetti.

Il primo è che la valenza industriale di un programma di incentivi al consumo esiste solo se qualche anno prima si è fatta una strategia di politica industriale di incentivi alla produzione di quella specifica tecnologia. O si sono elaborate visioni sul modo di massimizzare le ricadute dovute al cambiamento socio-economico che la diffusione di queste tecnologie porterà nel paese.

Il secondo punto riguarda il fatto che anche senza le politiche industriali correlate, l’incentivo alla produzione di energia rinnovabile ha senso se lo si valuta con parametri delle compagnie di marketing e di educazione. Il marketing basa la sua efficacia sul numero di contatti e la qualità delle persone raggiunte (target di riferimento) in funzione degli obiettivi che ci si è prefissati. I costi di una campagna di educazione, invece, si valutano sulla qualità delle persone raggiunge e sul loro livello di coinvolgimento.

Analizzato da questa prospettiva gli incentivi del conto energia si dimostrano convenienti senza alcuna ombra di dubbio praticamente in ogni parte del mondo. Generalmente già dopo un anno, il numero dei giornalisti coinvolti è considerevole e l’attenzione dei media è altissima. E per alcuni paese questo è strategico per ogni ulteriore iniziativa rivolta alle energie rinnovabili e al implementare misure di efficienza energetica, praticamente per la cosiddetta Green Economy. A parte aree tradizionalmente “tecnologiche” (Germania, Giappone, Corea) in molti paesi si può dire che prima del conto energia praticamente non esistevano giornalisti esperti in ambiente e, soprattutto, in tecnologie legate all’ambiente.

Dopo l’avvio di queste misure, invece, si osserva ad un crescente aumento di persone che dibattono di chilowatt e di rendimenti e che fanno a gara per avere il dettaglio tecnico più raffinato per poter essere protagonisti nelle discussioni pubbliche.

Questo è un chiaro esempio di come la realtà è complessa e il ragionamento lineare non è sempre il migliore per poterla semplificare. Ma non tutto è perduto e c’è sempre tempo di imparare a guardare il mondo da altre angolature.