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Sindacati in rivolta

2 novembre 2010 0 commenti

Ogni rivoluzione tecnologica sposta i centri economici, e quindi la geopolitica del potere. E questo perché le rivoluzioni avvengono più facilmente in paesi giovani, dove il ritardo tecnologico contribuisce a creare lo stimolo per compiere un salto tecnologico e, quindi, politico. I paesi forti, invece, hanno industrie consolidate che si oppongono al cambiamento e, nella speranza di mantenere le posizioni di privilegio conquistate, conducono al declino. Oggi siamo di fronte a due nuove rivoluzioni: quella tecnologica, dell’energia distribuita, e a quella sociale con inizi di rivoluzione in varie piazze Europee dove si manifesta contro la fine delle posizioni di privilegio del presente. Ma spesso invano.

La rivoluzione tecnologica, comunque, offre ancora opportunità positive e può essere gestita dai politici a patto di fare un’operazione alla “Nelson Mandela” sul passato e chiamare tutti a costruire un futuro nuovo: il sogno di un mondo più pulito e con meno discriminazioni. E’ un’operazione dolorosa ma inevitabile se non si vuole che il conflitto tecnologico diventi un conflitto relazionale. Chiunque si occupi di teoria dei conflitti sa perfettamente che il primo è creativo mentre il secondo è distruttivo e finisce solo quando si avrà un vincitore e un perdente.

Se rimaniamo nel conflitto tecnico possiamo far competere i nostri giovani ingegneri e le nostre imprese con quelle cinesi, sfruttando i nostri punti di forza e la vastità del mercato che lascerà spazi per tutti. E la realizzazione di un sogno convoglierà tutte le energie della società e le impegnerà nella sua realizzazione. Altrimenti si avvieranno migliaia di battaglie politico-legali come quella iniziata a settembre del 2010 dal sindacato statunitense United Steelworkers per chiedere che gli aiuti statali cinesi al settore delle energie rinnovabili vengano riconosciuti come lesivi della concorrenza internazionale.

E di questo passo il mondo anziché essere concentrato sul “fare” ancora una volta sarà concentrato solo sul “codificare”. Come i paesi in via di sviluppo che vogliono portare alla corte internazionale di giustizia dell’Aja i paesi sviluppati per l’entità delle loro emissioni. Come la California, il cui governatore Schwarzenegger avviò una causa contro le maggiori case automobilistiche per l’inquinamento del suo Stato. Pagare spese legali deprime, mentre produrre energia pulita e utilizzarla in modo “smart” è “cool” e rende positivi.

E invece di pagare avvocati, potremo cominciare a fare come un piccolo paese in provincia di Chieti (Castelguidone) che con il ricavato dell’energia eolica paga gli stipendi alle maestre e investe nel futuro dei ragazzi.

I governi e gli imprenditori che capiranno in fretta le opportunità offerte dal cambiamento potranno diventare protagonisti per i prossimi anni. Quelli che hanno paura e tentano di ritardare la rivoluzione saranno solo i nuovi perdenti di domani.