Efficienza energetica, uomo e competizioni sportive
Il presidente della Commissione Europea, Barroso ha dichiarato pochi giorni fa che l’Europa difficilmente raggiungerà l’obiettivo del 20 % di efficienza energetica al 2020. Per cercare di analizzare il fenomeno ha indetto una conferenza generale sul tema ai primi di gennaio.
Dai primi discorsi e dichiarazioni di coloro che parteciperanno alla conferenza, penso che non ci sono le premesse culturali per capire che cosa è l’efficienza energetica. E se non si capisce che cosa è, difficilmente si può pensare di individuare un obiettivo e, cosa ancora più complessa, immaginare quale parametro di misura utilizzare per monitorare il suo andamento.
All’inizio l’efficienza energetica è stata considerata allo stesso modo del risparmio energetico. Poi si è capito che uno prevedeva un uso migliore dell’energia mentre l’altro implicava il fatto di non utilizzare l’energia. In sostanza uno prevedeva un atteggiamento attivo e l’altro un atteggiamento passivo.
Poi si è passati all’abbinamento con la parola “uso razionale dell’energia” e si sono costruiti una serie di incentivi economici per spingere le persone a cambiare il modo di gestire l’energia. Sono stati attivati centinaia di portali web e migliaia di articoli, scuole di formazione professionale e corsi per energy manager. Il risultato è stato ancora un nulla di fatto: anzi i consumi sono continuati a crescere fino alla crisi economica.
Allora in Europa hanno abolito la parola “uso razionale” e introdotto “uso intelligente” utilizzando il termine “intelligente” anche nel nome dell’Agenzia Esecutiva che doveva occuparsi di incentivare la diffusione delle energie rinnovabili (IEEA). E’ interessante notare che il fallimento anche di questo tentativo linguistico lo riscontriamo proprio nel fatto che oggi questa agenzia ha cambiato nome preferendo rimarcare la funzione di incentivare l’“innovazione energetica” (EACI).
Poi l’Europa ha provato ad affidare il compito di elaborare strategie per raggiungere gli obiettivi agli Stati Membri, demandando alla costituzione di Agenzie Nazionali questo compito specifico. Le agenzie hanno elaborato Piani Nazionali di Efficienza Energetica che una commissione a Bruxelles li ha esaminati per cercare di travasare le migliori soluzioni da un paese all’altro.
Il risultato: la dichiarazione di Barroso che non sappiamo come raggiungere questo obiettivo entro il 2020. Ossia: non sappiamo “come diventare più efficienti”.
Dall’altra parte abbiamo una serie di organizzazioni e associazioni che sognano Stili di vita diversi e, in buona fede, cercano di cambiare l’uomo spingendolo a cambiare comportamenti assumendo atteggiamenti virtuosi nei confronti dell’ambiente. Anche queste associazioni partono da un assunto di razionalità dei comportamenti umani e del primato dell’intelletto nelle scelte individuali e collettive. E se cercano di arrivare al cuore dell’uomo, lo fanno attraverso la leva psicologica della colpa verso i disastri che l’uomo sta creando nel mondo. Ma il cambiamento non è arrivato: a parte piccole comunità di persone virtuose. Spesso gli stessi promotori di questi movimenti hanno comportamenti privati non in linea con quello che sognerebbero di realizzare.
L’uomo non vuole sentirsi colpevole: sarebbe un atteggiamento in antitesi con l’istinto di sopravvivenza. La storia e la biologia insegnano che non è l’intelletto a guidare i comportamenti. Esistono una serie di istinti che sono alla base dei comportamenti animali grazie ai quali si vince la lotta per la sopravvivenza delle specie. E alcuni di questi istinti sono primordiali e ci fanno quasi paura anche solo a nominarli. Nella nascita cambiamo ambiente in cui viviamo e impariamo a respirare con un trauma guidato dalla sopravvivenza personale. E la maggior parte di noi sopravvive! Uno dei più grandi poeti di tutti i tempi, Borges, diceva che possiamo impazzire se abbiamo il coraggio di vedere la tigre che abbiamo in noi.
E allora torniamo all’efficienza energetica: in natura vince chi è più efficiente. Quindi, in un certo modo, dobbiamo ritrovare la natura “umana” dell’istinto dell’efficienza se vogliamo comprendere che cosa questa sia e se vogliamo raggiungere un’efficienza collettiva a livello di società. E per questo non dobbiamo aver paura di riconoscere che l’uomo è mortale e ama vivere divertendosi negli agi e nella bellezza.
Allora la frontiera del nostro pensiero si deve spostare cercando di capire come coniugare l’efficienza con gli agi, il divertimento e la bellezza. Come raggiungere un’armonia fra uomo e natura che non prescinda dai limiti umani. Altrimenti ci sentiremo soddisfatti del rigore dei nostri ragionamenti e dormiremo il sonno del giusto ma non avremo dato un contributo al cambiamento del mondo. Siamo 7 miliardi di uomini e dobbiamo far presto a capire in che modo vivere in pace su questo pianeta senza distruggerlo.
Per prima cosa definiamo l’efficienza non più collegandola al rendimento di singole apparecchiature ma all’ottimizzazione di micro-sistemi energetici che hanno al centro l’uomo. Un sistema che prevede modo di produrre, di consumare e di riciclare l’energia. Sistemi che, in sostanza, sono alla base della realizzazione dei modelli di energia distribuita.
Quindi il nostro campo di attenzione sono i piccoli impianti: quelli che vengono scelti non tanto in base a convenienze economico-finanziarie ma per il soddisfacimento del nostro benessere.
E’ da tempo che scrivo su come la frontiera delle energie rinnovabili ed il ruolo delle industrie occidentali, ed in particolare quelle italiane, sarà proprio nella capacità di coniugare arte e tecnologia. Non più impianti che si mimetizzano nelle nostre case, ma tecnologia in bella vista che valorizzano il significato di una casa capace di essere energeticamente “attiva”. Una casa diversa da quelle del passato.
E in questo scenario “umano/tecnologico”, un ruolo fondamentale sarà quello dello sport e delle associazioni sportive. La competizione sportiva nel nostro periodo è capace di surrogare la tradizionale competizione militare. Se in occidente si combattono meno guerre sono invece aumentate le competizioni in altri settori. E gli stadi sono sempre più grandi e le manifestazioni internazionali sempre più importanti. Per la prima volta alcune innovazioni tecnologiche nascono nel mondo delle competizioni e non in quello militare. Il budget a disposizione dell’industria dei videogiochi, ad esempio, è maggiore della somma di tutte le spese militari degli Stati del mondo. D’altra parte i clienti dei videogiochi si misurano ormai in “miliardi” di individui.
La stessa cosa avviene nelle corse automobilistiche che nella loro tradizione rappresentavano l’emblema dell’inquinamento. Eppure già oggi le competizioni vertono non più sullo spreco di energia ma sull’efficienza energetica, ossia su una corretta gestione di un limitato quantitativo di energia. E questo settore coinvolge miliardi di persone, tra competizioni virtuali e competizioni reali.
Allora anche qui il ruolo di chi si occupa di efficienza energetica deve essere quello di capire queste dinamiche e di dare la direzione del cambiamento utilizzando le stesse debolezze dell’uomo. Non piani di efficienza energetica destinati a dimostrare la bravura di coloro che li hanno scritti, ma piani politici capaci di indicare in che direzione convogliare gli sforzi in modo da raggiungere insieme in breve tempo l’obiettivo di limitare gli sprechi di energia del mondo e di stabilire un rapporto diverso fra l’uomo e il pianeta.
Per questo dobbiamo concettualmente far evolvere alcune parole che rappresentano un freno culturale al cambiamento. Dobbiamo superare il concetto di energia rinnovabile e arrivare a quello di sistemi digitali (dove ovviamente i piccoli impianti di energia rinnovabile rappresentano il cuore tecnologico). Dobbiamo superare il concetto di auto elettrica e arrivare a quello di auto digitale inserita in diverse reti: energetica, digitale, urbana e sociale. E dobbiamo accettare i nostri limiti.
E su queste premesse dobbiamo costruire una politica industriale che sappia guardare al futuro ridando un ruolo al mondo occidentale che è stato trasformato in un mondo di consumatori. Ma consumatori senza soldi possono solo scendere in piazza a protestare e noi sprechiamo ancora una volta le energie di quelle persone che potrebbero essere impegnate a costruire un mondo energeticamente più efficiente.
Queste sono le basi per una politica sulla efficienza energetica che, come si può dedurre dal percorso logico, è in realtà l’unica vera politica energetica, sociale e industriale.