Un altro modo di considerare l’energia distribuita: energia sociale
Il terremoto del Giappone è destinato a cambiare la geopolitica dell’energia. Alle questioni sull’indipendenza energetica saranno sostituite le questioni sulla sicurezza. Proviamo però a capire come cambierà il concetto di sicurezza.
Da un lato abbiamo la sicurezza (intrinseca ed estrinseca) degli impianti di produzione energetica e dall’altra la sicurezza delle persone, anche quelle non direttamente coinvolte dai disastri. L’energia è talmente tanto connessa alla vita dell’uomo che ogni scelta dovrebbe essere analizzata tecnologicamente e sociologicamente.
Non sappiamo ancora le conseguenze dei problemi nella centrale nucleare giapponese, ma credo che nessuno possa più dimostrare come una costruzione dell’uomo possa essere più forte della natura. Si è infranto il sogno di Prometeo e l’uomo si ritrova in balia di forze che non riesce a gestire. Certamente se non si può imbrigliare la natura, allora l’unico modo di vivere su questo pianeta è quello di trovare un’armonia con lei. L’uomo dovrebbe smettere di seguire le chimere dei grandi impianti centralizzati collegati a tutto il mondo e cominciare realmente a riflettere sulla filosofia dell’energia distribuita.
Le tecnologie per l’energia distribuita sono ormai mature ed hanno raggiunto costi paragonabili a quelle degli impianti centralizzati anche senza tenere conto dei costi sociologici. Tecnologie come il fotovoltaico DSC funzionano con la luce diffusa, sono indipendenti dalla inclinazione e possono essere utilizzati in qualsiasi circostanza. E su supporto plastico sono estremamente leggeri e possono essere trasportati facilmente
La soluzione della produzione distribuita dell’energia con il fotovoltaico risolve anche altri problemi connessi alla sicurezza delle persone. Nei report e negli studi di chi si occupa di soccorrere le popolazioni colpite da calamità, si evince come la situazione di maggiore stress sociale è dovuta alla mancanza d’informazione. Viviamo in una società perennemente connessa e siamo abituati all’eccesso d’informazione. Ritrovarsi senza la possibilità di ricevere informazioni dall’esterno, soprattutto in un momento di fragilità in cui si vede crollare il mondo e non si hanno notizie dei propri cari, crea situazioni di panico ed aumenta l’impegno dei soccorritori.
Per mantenere attiva una rete di comunicazione, ancora una volta si può ricorrere solo a impianti fotovoltaici distribuiti. Il problema delle comunicazioni sono gli apparecchi mobili e le stazioni riceventi. Entrambi possono essere alimentati solo con impianti fotovoltaici.
Ogni gruppo di soccorso, quindi, dovrebbe provvedere a distribuire anche piccoli impianti fotovoltaici. Questo semplice accorgimento permetterebbe di abbassare il livello di tensione fra le popolazioni colpite e facilitare la logistica del soccorso.
L’energia distribuita diventa allora una “energia sociale” e supera il semplice concetto di bene da vendere, che è l’unico risultato che si può ottenere con la produzione centralizzata.