EUROPEAN COMMON GOODS Liberare l’Europa dalla finanza
Ormai tutti hanno capito l’errore che è stato commesso nel pensare che la finanza e il libero mercato potessero rendere il mondo migliore. Abbiamo favorito la delocalizzazione delle imprese produttive pensando che quella che veniva definita come “economia della conoscenza” fosse la soluzione della felicità eterna.
L’Europa aveva creato addirittura un gruppo di lavoro di economisti che si riunisce per la prima volta a Lisbona nel 2000 ed elabora la visione dell’Europa del III Millennio. Tutta basata sulla conoscenza. Peccato che gli economisti si sono dimenticati di considerare la cultura industriale come la prima forma di economia della conoscenza.
Ci sono cose che non si imparano nelle università. Generalmente nelle industrie ci sono dei tecnici non laureati che sono i veri depositari del sapere. E’ l’esperienza e la comprensione degli errori commessi che crea il “saper fare”. Spostando le industrie muore definitivamente la cultura del “saper fare” che viene patrimonializzata da altri paesi.
E’ mentre da noi avveniva una finanziarizzazione dell’economia, in Cina crescevano le industrie al punto tale che ora sono loro che delocalizzano in Vietnam.
Ma non è un caso che le economie più solide sono quelle in cui prevale l’economia reale delle industrie a quella finanziaria della carta. Le industrie redistribuiscono ricchezze meglio della finanza che è anonima e vive nei paradisi fiscali.
Se vogliamo riequilibrare questo sistema distorto dobbiamo tornare a concentrarci sulla economia reale ma con alcuni obiettivi nuovi. Sappiamo per certo che andremo verso una energia rinnovabile distribuita e che questi saranno settori trainanti. E lo dobbiamo fare prima di aver perso i depositari del “saper fare” ossia coloro che ancora conoscono i processi produttivi.
Ma sappiamo anche che per difendere le nostre tradizioni e le nostre protezioni sociali dobbiamo ripensare ad un piano di interventi.
Per prima cosa, se superiamo il PIL come misuratore del benessere, dobbiamo pensare a preservare ciò che migliora la nostra qualità di vita. Molte di queste cose sono la qualità delle strutture pubbliche: dalle scuole alle infrastrutture dei trasporti, dagli ospedali alle università, ai musei, ai teatri e alla cultura storica.
Tutto questo deve diventare un Bene Comune Europeo e non dobbiamo permettere la svendita di questi beni. Dovremo costituire società pubbliche che possono essere partecipate solo da Stati Membri e cittadini Europei.
In questo modo i cittadini anziché sottoscrivere dei bond di carta, potrebbero acquistare azioni di queste società e diventare comproprietari dei Beni Pubblici. Il modello si avvicina a quello delle Banche Cooperative che, nel momento della crisi, si sono rivelate come le uniche vicine ai piccoli imprenditori.
Maggiori dettagli si possono trovare sul sito www.europeancommongoods.org dove si può sottoscrivere il Manifesto dei Beni Comuni Europei.