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Utopia democratica, soluzioni innovative e nuovi mercati: il web 2.0

23 marzo 2009 0 commenti

(scritto con Alberto Masetti Zannini)

coffeestainSocial media, user-generated content, prosumer, read-write web, podcast, wiki, bookmarking collaborativo, servizi user-powered, intelligenza collettiva, crowdsourcing… come ben evidenziato nel blog Webcafè, «[...] tanti modi esotici di esprimere lo stesso ideale: l’utopia democratica in cui i processi che prima erano riservati a pochi “esperti” vengono aperti alle masse; un nuovo approccio al sapere in cui l’intelligenza di tanti semplici individui che si autocorreggono a vicenda può risultare superiore a quella di un singolo specialista. »

Abbiamo detto “le masse”; in realtà come ben sostenuto da Jakob Nielsen, probabilmente su un campione di 100 utenti di un web 2.0: 90 sono semplici lettori; 1 è animatore della piattaforma e inserisce contenuti; i restanti 9 partecipano con attività di “contorno”(commenti, tags, voti sui post). Il fenomeno comunque sembra in ottima salute ed in continua espansione. Da un lato si evidenzia una maggiore attenzione alla “usabilità” (ed anche all’estetica) delle piattaforme, dall’altro i costi di creazione e manutenzione dello strumento sempre più accessibili. Il blog sull’innovazione sociale di “The Hub” Italia, nel giugno scorso riportava un interessante articolo circa le esperienze in UK.

L’uso di tecnologie informatiche per risolvere sfide di natura sociale o ambientale è infatti ormai comune in Inghilterra, dove – dopo il successo del Social Innovation Camp – si stanno tenendo gli UK Catalyst Awards, rigorosamente in linea e aperti a votazione pubblica. Spiegano gli organizzatori: «[...] Stiamo cercando persone che siano riuscite ad aiutare le loro comunità facendo uso di “tecnologia sociale”, cioè quella tecnologia che permette alle persone di comunicare, culla rete come sui telefoni cellulari.»

“COPIE” - di Peter Ramsden - è il sito di Wikipreneurship che promuove un’imprenditoria responsabile e sociale per tutta Europa.  The Nag - un progetto “incubato” all’Hub di Londra, spinge le persone (letteralmente, esasperandole) a fare scelte di vita più sostenibili, Lift Share, è un sistema in rete che permette a pendolari che usano la macchina di risparmiare soldi ed emissioni di carbonio condividendo il viaggio con altri pendolari che fanno lo stesso percorso.

La prima organizzazione a sostenere questo sposalizio tra tecnologia ed imprenditoria sociale è stata Net Squared, un’organizzazione americana che promuove l’adozione di tecnologie web 2.0 da parte di iniziative che si occupano di questioni sociali o ambientali. Da tre anni a questa parte, Net Squared organizza una conferenza con lo scopo di identificare e sostenere i più innovativi progetti in questo campo. Tra i 21 finalisti, 3 vincitori vengono selezionati ogni anno, i quali ricevono una donazione verso il loro progetto. Nel 2007 i vincitori sono stati:
- maplight.org: un sito che vuole illuminare la relazione tra denaro e politica negli USA, mettendo in relazione i finanziamenti per le campagne elettorali con i voti al Congresso, offrendo pertanto una maggiore trasparenza nei processi decisionali a giornalisti, bloggers e cittadini ordinari.
- miro: un video open source e open standards. Miro sta a Google, AOL e YouTube come la televisione di stato sta alle reti private. È un’organizzazione nonprofit, interamente open source e open standards, intenta a creare la nuova Firefox dei video in rete.
- freecycle.org: è un’iniziativa che usa il potere del social networking in rete per creare un’economia libera e comunitaria. Essendo più facile regalare che buttare via (e si risparmia pure spazio nelle discariche), il sito connette persone che hanno qualcosa di cui disfarsi (un divano, una lavatrice, dei pennarelli…) con persone che hanno bisogno proprio di quelle cose.

Nel 2008, invece, sono stati premiati:

utopia-democratica- ushahidi: un sito originalmente creato per documentare episodi di violenza durante la crisi post-elettorale in Kenya, ed in seguito usato anche per mappare iniziative di pace ed aiuto umanitario.
- knowmore.org: un database con centinaia di “profili responsabili” di grandi corporazioni, che traccia il loro comportamento sociale e ambientale, dalla distruzione di ecosistemi ad abusi di diritti umani ed episodi di corruzione politica. Grazie ad un’applicazione Firefox, chi naviga il sito di una corporazione (ad esempio Nike, o Shell) viene allertato immediatamente di episodi di irresponsabilità sociale da parte di quell’impresa.
- socialactions: è un mash-up (un aggregatore, un sito costruito con i contenuti di altri siti) che aggrega campagne di trasformazione sociale “peer-to-peer”così che individui ed organizzazioni possono individuare e sostenere iniziative comunitarie a problemi locali e globali.

Probabilmente lo scenario italiano del web 2.0 risulta ancora ancorato a vecchie dinamiche, tra queste:
- semplice trasposizione sul web di quanto presente su carta,
- dipendenza da main sponsor “condizionanti” o dal sostegno di amministratori di enti pubblici locali che probabilmente non possono garantire continuità in vista di possibili “cambi di poltrone”,
- utilizzo della piattaforma quale arena di sfogo più che di networking, dibattito e sensibilizzazione.

Un Social Innovation Camp in Italia? Qualcuno ci sta già pensando..