Elementi di finanza islamica
scritto con Simone Marcelli
Un interessante articolo dell’OECD Observer analizza il modello finanziario islamico, fino a trent’anni fa inesistente ed oggi capace di circa tre trilioni di dollari; abbastanza piccolo in termini globali, ma apparentemente tenace di fronte alla crisi economica in corso.
L’Asian Devolopment Bank ha prospettato una crescita annuale di circa il 15% nei prossimi 5-10 anni dato il potenziale mercato globale di 1,5 miliardi di Musulmani. I maggiori istituti finanziari come Al Rajhi Bank of Saudi Arabia, il Kuwait Finance House e Malaysia’s Maybank Islamic competono con grandi istituzioni finanziarie come Barclays, HSBC e Deutsche Bank.
Vista la potenziale espansione, diverse banche hanno istituito dei dipartimenti per i servizi finanziari Islamici all’interno dei propri mercati. In Gran Bretagna la Financial Services Authority ha introdotto norme regolamentari per i prodotti finanziari islamici e dispone di uno specifico reparto che si occupa del rapporto con le istituzioni finanziarie islamiche.
La giustizia e l’equità sono probabilmente i principi fondamentali della finanza islamica, gli utili e le perdite sono ripartiti tra finanziatori e risparmiatori, e non sono scaricate l’uno su l’altro. Le innovazioni finanziarie, destinate a distribuire il rischio del sistema mediante spezzettature di mutui e crediti in altri prodotti derivati, hanno avuto l’effetto inverso, quello di aumentare il rischio sistemico. I prodotti finanziari con valore incerto sono stati utilizzati come garanzia per guidare un mercato che è cresciuto in modo esponenziale e l’ingegneria finanziaria ha semplicemente nascosto il vero rischio dei prodotti che venivano trattati. La Finanza islamica, per alcuni aspetti, ha un approccio più prudente: il valore e i prezzi dei prodotti finanziari devono essere sostenuti da attività fisiche esistenti, come ad esempio beni immobili o merci, come il petrolio e il grano. Questi non possono essere basati su altri prodotti finanziari (strumenti derivati), dal momento che il pilastro fondamentale del Corano di riba (interesse) e gli altri principi devono essere rispettati dagli operatori e dalle autorità di vigilanza per conformarsi alle giurisprudenza islamica. Inoltre, sono proibite le pratiche ad alto rischio, come la vendita speculativa a breve termine.
Anche se tali criteri sono ritenuti rassicuranti da alcuni, da molti sono ritenuti troppo restrittivi. Le banche islamiche mancano di alcuni dei più sofisticati strumenti moderni che contribuiscono ad una migliore gestione dei rischi. Ad esempio, la copertura dai tassi di cambio è vietata, come la protezione contro shock improvvisi, visto che l’operazione non è supportata da attività “fisiche”. Anche le Commodity Futures sono vietate, dato che non è possibile trarre vantaggio da attività non ancora esistenti. Per quanto riguarda la compatibilità dei contratti commerciali (bancari) con il divieto di riba, il correntista non ha interessi ma non ha neanche spese effettive di gestione del conto corrente. La banca è obbligata quindi a garantire solo la restituzione del capitale come se fosse un contratto di deposito.
Dato tale principio vincolante sull’interesse, la finanza islamica ha sviluppato una serie di veicoli di investimento alternativi agli strumenti finanziari tradizionali:
Ijara - un contratto di leasing nel quale la banca acquista un bene per un cliente, lo cede in locazione con la restituzione del bene stesso dopo un determinato periodo.
Ijara-wa-Iqtina - è un contratto simile al Ijara, ad eccezione del fatto che il cliente è in grado di acquistare l’oggetto alla fine del contratto (diritto di opzione).
Mudaraba - un investimento specifico in cui la banca e il cliente dividono gli eventuali utili derivanti dall’operazione. I clienti rischiano di perdere il loro denaro se l’investimento fallisce, ma alla banca sono accreditate le spese di commissione se il rendimento dell’ investimento porta un profitto. E’ un contratto di ripartizione dell’utile netto o delle perdite dei risparmiatori, una parte (il cliente) fornisce il capitale, mentre la controparte (la banca) lo investe. Se l’investimento ha portato profitto, questo viene distribuito secondo quote predeterminate sulla base della valutazione del rischio dell’operazione.
Murabaha - Rappresenta una forma di finanziamento indiretto mediante il quale la banca acquista un bene e lo vende al cliente a prezzo fisso, fungendo da intermediario dell’operazione.
Musharaka - contratto di associazione in partecipazione che ricalca lo schema delle joint ventures di capitali, qui la posizione del cliente e della banca è tendenzialmente paritaria, visto che entrambe le parti decidono come investire il capitale.
Da qualche anno a questa parte vengono utilizzati dalle banche occidentale Gli Islamic Bonds, sukuk: titoli che trasformano gli interessi da versare in canoni d’affitto di terreni o immobili (la banca compra per conto del cliente un bene e si impegna a pagare una rata d’affitto). Il bene appartiene formalmente all’investitore ma viene utilizzato della banca, legando l’investimento a un bene materiale.
Lo regione tedesca della Sassonia-Anhalt ha emesso per la prima volta nel 2004 i sukuk, con un programma di finanziamento di circa €100 milioni. In soli dieci anni il mercato globale degli Islamic Bonds ha raggiunto i $112 miliardi con una stima di $200 miliardi entro il 2010.
In tema di vigilanza bancaria, sono prese in considerazione principi etici e religiosi. Studiosi musulmani garantiscono che i prodotti e i servizi emessi dagli istituti bancari islamici siano compatibili con la Shariah.
I principi e le norme fondamentali del mercato di riferimento sono fissate da organizzazioni come l’Islamic Financial Services Board (IFSB) e la Accounting and Auditing Organization for Islamic Finance Institutions (AAOIFI). Grandi passi avanti sono stati compiuti nella standardizzazione delle regole, ma persistono delle precisazioni sul modo in cui i principi, compresi quello della Shariah, sono applicati nei diversi paesi.
L’Islamic Financial Services Board (IFSB) nata nel gennaio del 2008, è un’organizzazione di 150 membri, nella quasi vi sono 37 autorità di regolamentazione e vigilanza, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, la Banca dei regolamenti internazionali, Islamic Development Bank, la Banca Asiatica di sviluppo e 108 tra operatori di mercato e professionisti d’impresa che operano in 29 paesi. L’Organo emette le norme, i principi guida e le note tecniche in materia di gestione del rischio, adeguatezza patrimoniale, corporate governance, controllo dei processi di revisione, trasparenza e disciplina di mercato, valutazioni degli strumenti finanziari basati sulla Shariah-compliant e sullo sviluppo e regole del mercato monetario.
L’Accounting and Auditing Organization for Islamic Istituzioni finanziarie (AAOIFI) formula le norme in settori come corporate governance, contabilità e adeguatezza patrimoniale.
L’International Islamic Financial Market (IIFM) fondata da Banche Centrali e organismi monetari del Bahrein, Brunei, Indonesia, Malesia, Sudan e Banca islamica di sviluppo, con sede in Arabia Saudita, è un istituto di infrastrutture con il mandato di prendere parte alla creazione, sviluppo, promozione e self-regulation di capitali islamici e mercati monetari.
Il Fondo monetario internazionale, in particolare nel contesto del suo Financial Sector Assessment Programs, emette norme e principi sulle questioni relative alla finanza islamica per quanto riguarda la stabilità del sistema bancario. La Banca mondiale si occupa principalmente della disciplina in tema di “corporate governance”.
Le banche islamiche sono in continua evoluzione, ma data la scarsità di studiosi in materia di Shariah bancaria ad oggi è ancora difficile proporre prodotti finanziari non standardizzati. La finanza islamica non è considerata un rifugio sicuro alle turbolenze finanziarie globali, ma è comunque percepita come un mercato equo e giusto se paragonato al modello occidentale. I policymakers dovrebbero prendere in considerazione il modello in esame ed adeguarsi ai principi ispiratori, come le norme morali che mirano al raggiungimento del profitto attraverso la prudenza e l’imparziale consulenza al cliente.