E’ tempo di sterminare gli animali domestici?
Pare che i veterinari italiani stiano ricevendo richieste sempre più frequenti di sopprimere cani e gatti perfettamente sani. La gente, semplicemente, non ce la fa più a trovare i soldi per nutrirli. E' in questo clima certamente non simpatico che si inserisce un libro che ha suscitato un certo interesse "Time to eat the dog" ("E' tempo di mangiare il cane") di Brenda e Robert Vale. Secondo quanto riportato nell'articolo di Repubblica che ha dato inizio alla discussione in Italia, gli autori sostengono che un cane di grossa taglia consumerebbe più risorse di una SUV in termini di energia.
E' vero questo? Sono andato a rivedermi i conti e vi posso dire che, sostanzialmente, è una fesseria. Il meglio che possiamo dire è che un cane di grossa taglia nutrito con carne, in effetti, può richiedere una quantità di energia non tanto più piccola di quella di una SUV usata con molta moderazione. A parte l'aver stiracchiato i termini del confronto (per esempio, è raro che i cani siano nutriti a carne) è proprio il concetto che non funziona: non ha senso paragonare l'energia di origine biologica usata da un essere vivente con quella fossile usata da un SUV. Non è neanche un paragonare mele con cipolle, è come paragonare mele con bulloni. Gli autori avrebbero dovuto utilizzare concetti più evoluti, tipo quello di "impronta ecologica". In realtà hanno solo voluto ottenere un risultato un po' eclatante per farsi pubblicità. Questo lo si vede anche dal titolo "E' tempo di mangiare il cane." Messo così, il libro finirà per essere interpretato come una facile scusa per giustificare il possesso di una SUV: in fondo cosa c'è di male? Consuma meno energia di un cane.
Tuttavia, il dato degli autori, pur nei suoi limiti, ci ricorda quanto sia impattante l'agricoltura. E' qualcosa di cui dovremmo tener conto quando si parla con tanta leggerezza di sostituire i combustibili fossili con biocombustibili. In prima approssimazione, usare una SUV alimentata a biocombustibili vuol dire portar via il cibo a una creatura biologica delle dimensioni di un cane. E un essere umano è anche leggermente più grande.
Ma c'è una considerazione ancora più fondamentale. L'intenzione degli autori del libro, secondo quello che si può leggere in proposito, era più che altro di allertarci sullo spreco di cibo da parte degli animali domestici. Si è detto che circa il 10% dell'industria alimentare mondiale è dedicata a nutrire gli animali domestici. Ammesso che sia vero, e probabilmente lo è almeno in parte, si potrebbe saltare alla conclusione che è un imperativo morale sterminare gli animali domestici per dare cibo agli affamati umani. C'è chi, in effetti, ha detto qualcosa di simile a commento del libro.
Ahimé, questo tipo di posizione serve solo a sottolineare l'incapacità umana di ragionare in termini dinamici, ovvero di valutare le conseguenze a lungo termine delle azioni che decidiamo di fare. Potremmo sterminare gli animali domestici e questo porterebbe - forse - ad aumentare del 10% la disponibilità di cibo per gli umani. Di conseguenza, il numero di esseri umani potrebbe aumentare di un ulteriore 10%. Considerando che oggi siamo circa sette miliardi, vorrebbe dire che potremmo aggiungere altre 700 milioni di umani sul pianeta.
E poi? E poi saremmo al punto di prima, solo con 700 milioni di umani in più. Rimarrebbero invariati, ma più gravi, i problemi dell'erosione dei terreni agricoli, della scarsità di fertilizzanti che oggi vengono tutti dal petrolio e di tutti i vari problemi che abbiamo con l'agricoltura. In altre parole, lo sterminio degli animali domestici porterebbe soltanto ad aggravare la condizione di "overshoot" in cui ci troviamo.
Nella pratica, che si veda o no come un imperativo morale lo sterminio degli animali domestici, è probabile che le conseguenze della crisi si abbatteranno prima su di loro che sugli umani. Come dicevo all'inizio di questo post; tenere un cane di media taglia sta diventando costoso e stiamo ritornando verso una condizione che era comune nel passato, ovvero quando solo i ricchi si potevano permettere di avere dei cani. Per i poveri, il massimo possibile era qualche uccello in gabbia e Konrad Lorenz aveva definito il merlo "il cane dei poveri cristi" (cito a memoria, non riesco più a trovare la sorgente, forse non era il merlo ma il tordo). Credo che ben presto arriveremo a qualcosa del genere e forse anche il merlo (o il tordo) rischierà forte di finire in padella.
Credo di poter concludere ricordando una vecchia storia di Isaac Asimov, del 1970, che si intitolava "2430 AD". Qui, Asimov cui descriveva l'uccisione degli ultimi animali esistenti sulla terra. Era un piccolo gruppetto tenuto in uno zoo che veniva eliminato per far posto a una massa equivalente di esseri umani. Nella storia, quelli che decidevano lo sterminio lo descrivevano come il completamento del destino umano: quello di formare tutta la biomassa animale possibile sul pianeta Terra. Qualcuno, sicuramente, interpreta in questo modo il comandamento biblico "crescete e moltiplicatevi"; a mio parere decisamente un po' troppo alla lettera.