Energia eolica di una volta
Tramonto in Sardegna visto dalla "Caterina Madre", barca storica a vela latina
Quest'anno, a furia di parlare di aquiloni e di kitegen, ho deciso di rispoverare una vecchia passione, quella per la vela, e di farmi qualche giorno di ferie in Sardegna, dove ho potuto navigare un po' su una barca storica a vela latina e riguadagnare confidenza con il vento e con il modo di sfruttarlo.
Non che io mi consideri un grande esperto di vela, ma qualche esperienza ce l'ho e questa breve navigazione con la vela latina mi ha inspirato qualche riflessione che credo potrete trovare interessante. Una è che mi ha fatto ricordare il fatto che le barche a vela sono piene di oggetti duri e spigolosi che tendono a muoversi rapidamente da un posto all'altro, specialmente quando tira molto vento. Per questo, mentre scrivo, 15 giorni dopo, sono ancora un po' dolorante a una costola che si è scontrata con l'antenna della barca. Ma questo tipo di cose sono ben note a chi va a vela.
Piuttosto, mi ha colpito la differenza di stile e di filosofia della barca a vela latina rispetto a quella più comune a vela triangolare. Il principio di funzionamento è lo stesso; entrambe i tipi di attrezzatura sono basati sulla combinazione di due vele contigue, dette fiocco e randa. Ma in una vela triangolare, quando vai di bolina tutto è teso al limite, vele e scotte. Una vela latina è molto più rilassata; è un altro andare. Più lento, ovviamente, non sarebbe possibile altrimenti dato il peso della barca che, inoltre, non si piega nemmeno lontanamente così tanto come una barca moderna.
Ora, c'è una storia tecnologica della vela che si potrebbe interpretare come di un continuo progresso a partire dalle vele quadre dei nostri remoti antenati, fino alle vele triangolari moderne. In realtà, credo che le cose non siano così semplici e lineari.
Mi sembra probabile che il vero "breakthrough" nella tecnologia della vela è stato la combinazione fiocco e randa, che permette di sfruttare i principi dell'aerodinamica. Su una barca a vela, vi rendete subito conto della differenza fra "lift machine" (l'ala di un aereo) e "drag machine" (un paracadute). La lift machine è molto più efficiente e il trucco della combinazione fiocco/randa è proprio questo: far funzionare la vela come l'ala di un aereo. Se "stringete il vento" andando di bolina o in traverso, è proprio così che la barca viaggia al massimo. Col vento in poppa, le vele si trasformano in grandi paracadute, la barca viaggia, ma molto più lentamente. Il kitegen, incidentalmente, è una "lift machine".
Fra i vari tipi di velatura che sfruttano il principio della "lift machine" (principalmente latina, aurica e triangolare), non credo che ci sia grandissima differenza. Se ci fate caso, tuttavia, vedrete che la vela latina si sviluppa di più in orizzontale, mentre quella triangolare di più in verticale. La vela latina, fra le altre cose, usa il cosiddetto "spigone" che è quel palo che si protende in avanti dalla prua, proprio per estendere in orizzontale la superficie velica.
Lo spigone della Caterina Madre, con il fiocco ancorato.
Tenere la vela più bassa in altezza vuol dire ridurre il braccio di leva formato dall'albero. Così, a parità di superficie velata, lo sforzo sull'albero è minore, la barca si inclina di meno ed è meno sensibile ai colpi di vento; tutte cose che la rendono più pratica e più sicura. Tutto questo si paga con una minore velocità ma, evidentemente i nostri antenati non avevano tanta fretta.
In altre parole, io credo che i nostri antenati avevano sviluppato un tipo di velatura, quella latina, perfettamente adatta a navigare nel Mediterraneo; anzi ottimizzata per questo scopo. Non erano certamente più ignoranti di noi o più ostili all'innovazione, anzi, erano perfettamente in grado di sperimentare nuovi tipi di velatura. Per esempio, quando Colombo si accorse che le vele latine della "Nina" non erano adatte alla navigazione oceanica, le fece cambiare in rotta in vele quadre. Quindi, molto spesso non è questione di progresso tecnologico ma di adattamento intelligente. Non tutto quello che viene propagandato per "progresso" è necessariamente migliore.
Come è ovvio, in Sardegna ci siamo messi a discutere di equipaggiare i gozzi storici con dei motori elettrici e batterie al litio al posto dei puzzolenti diesel che ormai hanno tutti. Tutto sommato, però, il fascino della vela è tale che parlare di motori di qualsiasi tipo sa leggermente di turpiloquio. Curiosamente, in effetti, sembrerebbe che con il graduale esaurimento del petrolio il futuro non siano motori, ma, piuttosto, lo skysail, un aquilone che tira la nave, un concetto simile a quello del kitegen. Vedremo allora il ritorno del vento come mezzo di propulsione marina? Molto probabile, ma lo skysail sembra più che altro adatto a navi di una certa dimensione e chissà che per barche piccole non si ritorni alla vela latina?
Barche storiche a vela latina ormeggiate al molo di Stintino, in Sardegna. La Caterina Madre, di proprietà della famiglia Addis, è la seconda da sinistra. Ringrazio Elisabetta Addis e Antonio Segni per avermi dato la possibilità di navigare su una così stupenda barca.