Vent’anni dopo il naufragio della Exxon Valdez l’ambiente è ancora contaminato
Vent'anni fa, il 24 marzo 1989, la superpetroliera Exxon Valdez naufragò per un errore di manovra sulle coste dell'Alaska, versando in mare oltre 40 milioni di litri di greggio.
Si trattò di un vero e proprio genocidio ambientale: migliaia di mammiferi marini e centinaia di migliaia di pesci e uccelli furono annientati e per molti aspetti l'ecosistema non si è ancora ripreso, come mostra l'inquietante grafico qui sopra, relativo alla pesca delle aringhe. (1) I pescatori ritengono che il livello di pesca sia ormai compromesso per decenni.
Dopo vent'anni, solo 10 specie su 31 si sono riprese dal disastro. E una parte di petrolio è ancora lì, nella zona intertidale (la parte di costa che è coperta e scoperta dalle acqua in base al livello della marea) a creare problemi ai slmoni e alle otarie.
Sembra che la contaminazione di greggio abbia avuto effetti negativi anche sulla capacità delle aringhe di deporre le uova.
Per questo terribile disastro la Exxon ha patteggiato lo scorso anno (non è solo la giustizia italiana a essere lenta...) in modo da pagare 400 milioni di dollari. Un'inezia per la multinazionale, che ne guadagna circa 40 miliardi all'anno.
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