Home » Redazione Ecquo » Agricoltura »

Un’Arca di Noè per tutte le piante del mondo fra i ghiacci norvegesi delle Svalbard

2 marzo 2009 0 commenti
svabardRoma, 2 marzo 2009 – Un’enorme cella frigorifera dove congelare semi di ogni genere, chiamata ‘Arca di Noe’, perché ha la missione di preservare tutte le piante necessarie alla sopravvivenza dell’uomo in caso di un’eventuale catastrofe. Realizzato in Norvegia, nel cuore della montagna dell’isola di Spitsbergen, appartenente all’arcipelago delle Svalbard, l’enorme ‘magazzino frigo’ dovrà custodire le specie vegetali da una possibile estinzione o distruzione in caso di catastrofi naturali o guerre. La ‘Svalbard Global Seed Vault’, nome tecnico dell’Arca, è stata realizzata grazie ai finanziamenti del Fondo per la Diversità delle Colture nel Mondo e può contenere 4 milioni e mezzo di semi, provenienti da cento paesi diversi del mondo. Un patrimonio che potrà essere conservato intatto molto a lungo grazie alle particolari condizioni climatiche delle isole Svalbard.
Gli esperti hanno calcolato, per esempio, che l’orzo all’interno di questo ‘magazzino’ sopravviverà per duemila anni, il grano 1.700 anno e il sorgo addirittura per 20mila anni. Semi che potranno, in caso di ‘estrema’ necessità riportare alla vita colture dimenticate, o andate distrutte.

La struttura è solida, costruita 130 metri sopra il livello del mare su uno strato di ‘permafrost’, e con sopra altri 120 metri di roccia, a mille chilometri di distanza dal Polo Nord, non potrebbe essere sommersa neppure se i ghiacciai della Terra si sciogliessero completamente, è in grado di resistere a cambiamenti climatici, a guerre nucleari e qualsiasi altro scenario catastrofico.

I progettisti sostengono che in questo modo viene assicurata la refrigerazione a meno 4-6 gradi centigradi anche in assenza di corrente elettrica per almeno 200 anni. Nella realtà l’elettricità è data da una serie di motori che portano la temperatura interna dell’arca a -200 centigradi.

L’ingresso è di cemento e metallo, con l’illuminazione che varia a seconda del variare delle luci dell’Artico: nei mesi estivi sembrerà un gemma che splende al sole mentre nella lunga notte invernale polare saranno delle luci delicate che lo illumineranno e che cambieranno di ora in ora.

Per un magazzino di tale importanza per il futuro del pianeta e dell’uomo, deve essere ben vigilata tanto che godrà di un sistema di videosorveglianza, di due pesanti porte blindate ma soprattutto godrà della guardia di una comunità di tremila orsi bianchi che vivono sull’isola.

Un deposito, un caveau di semi in rappresentanza di tutte le specie di piante agricole conosciute e coltivate sul nostro pianeta, dalle Filippine al Messico, dalla Siria alla Nigeria, che devono essere conservate, custodite per proteggere la biodiversità dell’agricoltura, un patrimonio dell’umanità che garantisce all’uomo la possibilità, in caso di guerre mondiale, di cambiamenti climatici, terrorismo biologico, terremoti o qualsiasi altra catastrofe planetaria di poter continuare a vivere grazie alle risorse agricole.

Un progetto che sembra oltrepassare la fantascienza. Nulla a confronto delle colture idroponiche o di altro genere che la fanno da protagoniste nella letteratura fantascientifica e nei film e telefilm americani o britannici. Necessarie per esempio agli abitanti della base sulla Luna in ‘Spazio 1999’ a sopravvivere durante il viaggio del pianeta dopo che una violenta esplosione nucleare fa sì che lasci l’orbita terrestre e il sistema solare. O come il film ‘Mission to Mars’ nel quale un superstite di una prima missione sul Pianeta Rosso, sopravvive grazie appunto a colture particolari che gli danno il sostentamento necessario.

Il finanziatore principale di questo progetto dovrebbe essere la Fondazione Rockefeller, insieme a Monsanto e Syngenta, due colossi del geneticamente modificato, la Pioner Hi Bred che studia gli Ogm per la DuPont e infine si è unito all’avventura anche Bill Gates, attraverso la sua fondazione Biul&Melinda Gates Foundation. Da ricordare che la Rockfeller foundation è la stessa che negli anni Settanta finanziò con 100 milioni di dollari di allora la prima idea di ‘rivoluzione agricola genetica’.