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Clima, Barcellona non scioglie l’impasse

6 novembre 2009 0 commenti

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La conferenza preparatoria di Barcellona era l’ultima prima di Copenaghen. Si è conclusa questa sera, con qualche passo avanti, ma niente di decisivo. Ora tutto e’ nelle mani dei capi di stato e di governo e dei ministri dell’ambiente che si ritroveranno al Vertice del clima di Copenaghen dal 7 al 18 dicembre per cercare di fermare la spirale autodistruttiva innescata dal cambio climatico.
Il segretario esecutivo della convenzione Onu Yvo de Boer ha chiuso i lavori di Barcellona lanciando un appello ai governi perche’ Copenaghen sia ”il punto di svolta nella lotta internazionale contro il cambio climatico”. Ma il pessimismo negli ultimi giorni si e’ esteso durante i lavori dei 4.000 delegati nella capitale catalana. I tempi sono stretti, i progressi forse non sufficienti, e soprattutto c’e’ il ‘fattore americano’, l’assenza di indicazioni concrete sugli impegni che gli Usa, principale produttore di ‘gas serra’, intendono
prendere, che preoccupa. ”Pochi progressi” sono stati fatti sui ”due punti chiave” della trattativa, ha ammesso de Boer, la riduzione delle emissioni entro il 2020 dei paesi industrializzati e il volume degli aiuti da destinare al mondo in via di sviluppo per attenuare gli effetti gia’ disastrosi del cambio climatico e aiutarlo a produrre pulito.
L’Ue e’ pronta a una riduzione del 20% entro il 2020, rispetto ai livelli del 1990, e del 30% se ci fosse un consenso internazionale, e parla di 100 miliardi di euro (10 miliardi subito, dice de Boer) da destinare ai paesi in via di sviluppo entro il 2020. Ma Washington, nonostante le buone parole del presidente Barak Obama, per ora non prende impegni, affermando di avere le mani legate fino al voto del Senato (forse a inizio 2010) sulla Legge Clima (riduzione del 17% rispetto ai livelli attuali per il 2020). ”Senza questi due tasselli del puzzle, non ci sara’ un accordo a Copenaghen” ha avvertito oggi de Boer. L’accordo potrebbe così slittare al 2010.

La sensazione generale a Barcellona e’ che probabilmente, salvo miracolo dell’ultima ora teoricamente possibile grazie alla nutrita presenza di capi di stato e di governo (40 gia’ annunciati), nella capitale danese non si fara’ un trattato internazionale giuridicamente vincolante, “il nuovo Kyoto”, bensi’ un accordo politico quadro, che indichi impegni di emissioni, stanziamenti e ‘azioni’ positive dei paesi in sviluppo (produzione pulita, stop alla deforestazione), e anche una scadenza entro la quale i negoziati finali dovranno concludersi. Auspicabilmente, nel 2010.

Per il Wwf _ come sempre ottimista _ tutto e’ però ancora possibile a Copenaghen:”La questione cruciale non e’ il tempo rimasto, ma la volonta’ politica, che puo’ essere dimostrata in pochi secondi” ha detto la responsabile clima Mariagrazia Midulla.
Altre associazioni sono più critiche. A Barcellona, lamentano Oxfam International e Ucodep, “i paesi industrializzati non sono riusciti a trovare un accordo sul taglio delle emissioni di CO2, ne’ a mettere sul tavolo impegni sicuri sulle risorse finanziarie per il clima”. Inoltre, “non c’e’ stato nessun miglioramento su una questione cruciale: il rischio che i fondi per combattere i cambiamenti climatici siano prelevati dall’aiuto pubblico allo sviluppo”.
“Anche nell’ultima settimana di negoziati in vista di Copenhagen, ancora una volta gli Stati Uniti si rifiutano di prendere impegni concreti per garantire il successo di un accordo ‘salva-clima’ legalmente vincolante”, critica Martin Kaiser, direttore delle Politiche climatiche di Greenpeace International. “Il fallimento di Copenhagen e’ una seria possibilita'”, avverte. Per cui, aggiunge Kaiser, “se alle parole di Obama, Merkel, e Sarkozy, non seguiranno impegni concreti, l’accordo non si fara’ certo da solo”. Tuttavia, sostiene, “tutti i pezzi sono sul tavolo, c’e’ ancora tempo, e sappiamo bene come deve essere un accordo giusto, ambizioso e legalmente vincolante”. Volendo.