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Tuvalu: non vogliamo elemosine, vogliamo salvarci. E siamo pronti a non firmare un accordo farsa

17 dicembre 2009 0 commenti

Apisai Ielemia, premier di Tuvalu

Apisai Ielemia, premier di Tuvalu


“Non vogliamo elemosine, vogliamo salvarci”. E’ duro l’atto d’accusa di Apisai Ielemia, premier dello stato-isola di Tuvalu, nel Pacifico. La cui mozione ha mobilitato i 42 “stati isola” e ha trovato il consenso di oltre 60 stati sulla richiesta di prendere le misure adeguate per non superare il grado e mezzo di riscaldamento rispetto all’epoca preindustriale. Bolla l’offerta della Clinton come “una carota dopo tante bastonate di carbonio” e promette che non si piegherà.

”Le vere vittime del cambiamento climatico non sono state ascoltate _ denuncia deluso Apisai Ielemia che dopo aver commosso il mondo con le lacrime versate alla sua prima apparizione sul podio di Copenaghen – oggi annuncia che Tuvalu _ non firmera’ un accordo che fissa a 2 gradi il tetto massimo di un ulteriore riscaldamento globale”. ”Abbiamo subito pressioni considerevoli” per accettare quest’accordo, ma ”Tuvalu non intende cedere”, assicura il primo ministro dell’arcipelago. ”E’ in gioco la sopravvivenza della nostra nazione”, aggiunge. ”La nostra posizione non e’ negoziabile, non firmeremo un eventuale trattato farsa”, incalza Ielemia, che ai leader del summit aveva proposto di creare un nuovo protocollo di Kyoto con un tetto massimo di ulteriore riscaldamento globale di 1,5 gradi centigradi. Una sorta di salvagente per i piccoli stati insulari, come Tuvalu, che rischiano la scomparsa per inabissamento.

Se dovessimo affondare, ricorda ”non abbiamo nessun posto dove andare, nessuna montagna dove rifugiarci e non ci restera’ che subire gli effetti dei cicloni”. Per questo si dice “pronto ad andare fino in fondo”.