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Usa, Ue, Giappone, Norvegia: sì all’accordo di Copenhagen. E anche Cina e India seguiranno

28 gennaio 2010 0 commenti

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La deadline per formalizzare gli impegni volontari di riduzione delle emissioni era fissata per il 31 gennaio, e la maggior parte dei paesi la sta rispettando, anche se il direttore esecutivo della Convenzione quadro sul clima (UNFCCC), Ivo De Boer, aveva parlato di “soft target”.

E’ il caso _ ovviamente, visto che se sono stati promotori di assieme alla Cina _ degli Stati Uniti di Barack Obama, che hanno confermato l’adesione all’accordo sul clima di Copenhagen ribadendo l’obiettivo di un taglio del 17% delle emissioni di anidride carbonica entro il 2020, prendendo però come anno di riferimento il 2005 anzichè, come prassi nelle trattive sul clima e come hanno fatto tutti gli altri paesi, il 1990. La scelta non è avviamente casuale, perchè dal 1990 al 2005 le emissioni sono aumentate significativamente. Parametrata al 1990 la riduzione americana è circa del 4%. Poco rispetto a quel che servirebbe. Ma per l’America è importante invertire il trend e abbraciare una legislazione che introduca il sistema “cap and trade” (che fissa un tetto alle emissioni e crea un mercato del carbonio come quello europeo) che è bloccata al Senato. Per riuscirci Obama ha affidato la gestione della delicata pratica al democratico John Kerry, che, in spirito bipartisan, ha allargato l’invito al senatore repubblicano Lindsey Graham e all’indipendente Joe Libermann. Per superare l’opposizione delle lobby, l’idea di Kerry, supportata da Obama è quello di fare a loro volta lobby bloccando leggi che interessano molto all’industria del nucleare (incentivi) e a quelle petrolifera (trivellazioni in mare).

Intanto impegni sono stati presentati in queste ore dall’Unione Europea (-20% rispetto al 1990), il Giappone (-25% rispetto al 1990) la Norvegia (-30%). Anche i paesi del gruppo BASIC (Cina, India, Brasile e Sudafrica) hanno confermato che invieranno all’Unfccc i loro piani di riduzione volontaria, che in questo caso saranno pini per aumentare l’intesità energetica, procucendo meno emissioni per unità di prodotto. Ma c’è anche chi fa marcia indietro:  il Canada non invierà all’Unfccc nessun impegno, rimangiandosi la promessa di un taglio del 20% e così la Nigeria.

Da sottolineare che il ministro dell’ambiente indiano, a nome dei paesi BASIC, ha scritto al ministro del clima e dell’energia danese (in quanto la Danimarca ha presieduto la Conferenza della parti di Copenaghen) chiedendogli di fissare una agenda intensa (cinque incontri, il primo a marzo) da qui alla prossima Conferenza delle parti (COP/MOP) di Città del Messico del prossimo novembre perchè “pur confermano il sostegno all’accordo di Copenaghen, riteniamo urgente riattivare il processo negoziale basato sui due binari del gruppo di lavoro sulle azioni cooperative di lungo termine e quello sul Kyoto protocol”. Come dire che i grandi paesi in via di sviluppo tengono il piede in due scarpe. E questa non è una cattiva notizia.

(alessandro farruggia)