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Ambiente, l’Ispra lancia l’allarme: il suolo italiano per l’80% è di scarsa qualità

10 febbraio 2010 0 commenti

Suolo arido, foto genericaIn Italia, l’80% del suolo è di scarsa qualità. Un degrado provocato da cemento, specie invasive e inquinamento. E’ quanto emerge dai dati Ispra. Pur essendo tra i Paesi più ricchi di biodiversità in Europa, l’Italia è tra gli ultimi nella protezione della vita del suolo. Le scarse conoscenze sulla risorsa e le tante pressioni a cui è sottoposto, fanno oggi del suolo la “cenerentola” della biodiversità. Circa l’80% del suolo italiano è povero di carbonio organico e, quindi, non può essere definito “di qualità” a causa della scarsa presenza di sostanza organica e di un elevato rischio di erosione.

In Italia, è in calo il numero di specie di microrganismi che popolano il terreno e ne determinano fertilità e stabilità.

Moltissime specie sono poi endemiche, spiega l’Ispra, vivono cioè esclusivamente nel nostro Paese, spesso limitate in “ambienti fragili e minacciati”. Siamo il paese europeo con la più grande biodiversità del suolo, attualmente dieci volte superiore a quella del Regno Unito e doppia rispetto a Francia o Spagna, ma rischiamo anche di perdere gran parte di questo patrimonio.

Segnali incoraggianti arrivano, però, dalla bozza di “Strategia nazionale per la biodiversità”, in fase avanzata di lavoro, dove per la prima volta si propone l’istituzione di un programma nazionale di monitoraggio della biodiversità del suolo. Il suolo ospita il 95% della biodiversità dell’intero pianeta e in un solo grammo di terra vivono milioni di microrganismi, gran parte dei quali ancora sconosciuti.

Nel corso degli ultimi 100 anni, il suolo ha visto moltiplicarsi il numero e la varietà delle minacce indotte dall’uomo. “Come è stato sancito nel 2006 dalla Commissione europea, esistono una serie di fattori che mettono a rischio il suolo italiano” – ha dichiarato il commissario dell’Ispra, Vincenzo Grimaldi introducendo il seminario -. C’è anzitutto la perdita di biodiversità del suolo, ma anche la contaminazione, la perdita di sostanza organica, la compattazione, l’impermeabilizzazione, l’erosione, le inondazioni e le frane”.

“Il problema più grave – osserva Grimaldi – è che solamente una piccolissima percentuale degli organismi che popolano il suolo è stata studiata e classificata”. A minacciare la biodiversità del suolo c’è anche la comparsa di specie invasive, com’è il caso della “lumaca killer”, che ha infestato l’intera Europa, distruggendo i raccolti senza incontrare ostacoli.

Tra le principali minacce che colpiscono il suolo italiano c’è il “consumo di superficie, che sta aumentando a una velocità tra le più alte d’Europa”. Con 43 milioni di tonnellate di cemento prodotto nel 2008, il nostro Paese è al quarto posto nel mondo per rapporto cemento prodotto-superficie, e il quinto per rapporto cemento prodotto-abitante.

Il fenomeno si definisce “impermeabilizzazione” e ha molteplici effetti negativi: sottrae all’agricoltura e alla conservazione naturale porzioni sempre crescenti di terreno, limita e impedisce l’infiltrazione delle acque e la funzione di ritenzione, aumentando le possibilità di repentini eventi di piena.

Se tra 1994 e 2000 il consumo di suolo era pari a 203 ettari l’anno, tra 2000 e 2006 i dati Ispra segnano un aumento del processo di impermeabilizzazione pari a 392 ettari l’anno. A Roma, l’espansione delle aree urbane ha portato ad una crescita del suolo impermeabilizzato dal 4% (1994-2000) al 7% (2000-2006).