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Acque minerali, canoni di concessione spesso quasi regalati

22 marzo 2010 0 commenti

bottiglie di plastica.

In Italia nel 2008 sono stati imbottigliati 12,5 miliardi di litri di acqua, per un consumo pro capite di 194 litri, piu’ del doppio della media europea e americana che si aggirano sugli 80 litri. Acqua di sorgente prelevata da 189 fonti da cui attingono 321 aziende imbottigliatrici “che pagano spesso cifre irrisorie per realizzare poi enormi profitti, come dimostra il giro di affari di 2,3 miliardi di euro raggiunto nel 2008″. In occasione della Giornata mondiale dell’Acqua, con il dossier ‘Il far west dei canoni di concessione sulle acque minerali’ Legambiente e la rivista Altreconomia tornano a denunciare “l’imbarazzante quadro nazionale sulle tariffe pagate alle Regioni italiane dalle societa’ imbottigliatrici”. In assenza di una legge nazionale che definisca gli importi dei canoni di concessione per l’imbottigliamento delle acque minerali, infatti, ciascuna Regione decide in autonomia. È ancora “un obiettivo lontano l’adeguamento delle leggi regionali sui canoni di concessione alle linee guida nazionali approvate nel 2006 e che prevedono tre tariffe: da 1 a 2,5 euro per metro cubo o frazione di acqua imbottigliata; da 0,5 a 2 euro per metro cubo o frazione di acqua utilizzata o emunta; almeno 30 euro per ettaro o frazione di superficie concessa”. Dal 2006 ad oggi undici Regioni hanno rivisto la normativa, ma solo cinque lo hanno fatto adeguando i canoni alle linee guida nazionali. Alcune regolano ancora i canoni di concessione “con leggi del secolo scorso”: e’ il caso del Molise e della Sardegna dove vige il Regio Decreto del 1927, mentre in Liguria e’ vigente la legge regionale del 1977 e in Emilia Romagna quella del 1988.

Promosse a pieni voti nell’esame di Legambiente e Altreconomia solo il Veneto e il Lazio che hanno previsto i canoni piu’ alti: 3 euro a metro cubo di acqua e fino a 587 euro per ettaro nella prima e 2 euro per metro cubo imbottigliato e fino a 120 euro per ettaro nella seconda. Promosse con riserva per aver previsto il doppio canone sulla superficie della concessione e sui volumi di acqua, superiore o uguale a 1 euro a metro cubo: Valle d’Aosta, Marche, Provincia autonoma di Trento, Sicilia (anche se fa pagare solo 11 euro per ettaro), Umbria, Friuli Venezia Giulia. In questa categoria anche le due Regioni che fanno pagare le aziende solo per i metri cubi emunti con canoni in linea con le indicazioni nazionali, e cioe’ Toscana e Abruzzo. Rimandate, perche’ prevedono canoni in funzione dei volumi di acqua ma al di sotto di 1 euro per metro cubo imbottigliato, Piemonte, Lombardia, Basilicata e Campania. Bocciate, invece, perche’ fanno pagare solo in base alla superficie della concessione e non sui metri cubi, Liguria (5 euro per ettaro, e’ il canone piu’ basso d’Italia), Calabria, Molise, Emilia Romagna, Sardegna e Puglia (50 euro per ettaro). In questa categoria rientra anche la provincia autonoma di Bolzano che fa pagare un canone davvero discutibile fondato sulle portate medie annue in concessione. Il ‘business dell’oro blu in bottiglia’ continua ad essere “insostenibile per la collettivita’ sotto il punto di vista economico e ambientale”. Le Regioni incassano dalle aziende “cifre irrisorie e insufficienti a ricoprire anche solo le spese sostenute per la gestione amministrativa delle concessioni o per i controlli, senza considerare quanto viene speso dagli enti locali per smaltire in discarica o in un inceneritore il 65% delle bottiglie in plastica che sfuggono al riciclaggio”. L’impatto ambientale delle acque in bottiglia non si limita solo a questo aspetto. L’imbottigliamento di 12,5 miliardi di litri comporta l’uso di 365mila tonnellate di Pet, un consumo di 693mila tonnellate di petrolio e l’emissione di 950mila tonnellate di CO2 equivalente in atmosfera.

Per la fase di trasporto poi solo il 18% delle bottiglie di acqua minerale viaggia su ferro, mentre il resto e’ affidato ai grandi Tir che viaggiano per centinaia di chilometri lungo le autostrade d’Italia consumando combustibili fossili (gasolio) ed emettendo grandi quantita’ di inquinanti in atmosfera (da quelli globali come la CO2 a quelli locali come il PM10). Secondo Legambiente e Altreconomia, un processo di revisione e innalzamento dei canoni non solo consentirebbe di “ripagare” il territorio dell’impatto di queste attivita’, ma anche di “recuperare fondi, in un periodo in cui e’ sempre piu’ difficile reperirli, da destinare a finalita’ ambientali”. Anche aumentando a 2,5 euro il canone per metro cubo di acqua “le aziende imbottigliatrici non subirebbero nessun salasso- dice Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente- considerando che la spesa totale annua ammonterebbe a circa 31 milioni di euro a fronte di un giro di affari di 2,3 miliardi di euro, mentre le casse regionali ne trarrebbero sicuramente giovamento”. Tanto per fare un esempio la Campania, che oggi prevede uno dei canoni piu’ bassi vigenti per metro cubo imbottigliato (0,3 euro per metro cubo), nonostante sia tra le regioni dove si imbottigliano le maggiori quantita’ di acqua minerale (1 miliardo di litri all’anno), se adeguasse il canone alla cifra di 2,5 euro, potrebbe incassare 2,5 milioni di euro, rispetto ai 300mila attuali. Lo stesso si potrebbe dire per il Piemonte (tra le Regioni in cui vengono imbottigliati piu’ litri di acqua in Italia, pari a 1,7 miliardi di litri all’anno, pur pagando un canone per metro cubo imbottigliato di soli 0,70 euro), dove con un adeguamento del canone alla cifra di 2,5 euro per metro cubo imbottigliato, si passerebbe dagli attuali 1,2 a 4,2 milioni di euro.

Per non parlare di realta’ come la Puglia che oggi non chiede nessun corrispettivo per l’imbottigliamento dei circa 92 milioni di litri d’acqua che viene effettuato sul suo territorio e che potrebbe invece far incassare annualmente 230mila euro in piu’. Il regime concessorio per le minerali “e’ ancora ben lontano dall’essere equo”, segnala Pietro Raitano, direttore di Altreconomia. “Per questo motivo invitiamo tutte le istituzioni a fare finalmente la loro parte e sanare una situazione non piu’ sostenibile. Noi facciamo la nostra: informare i cittadini e tenere alta l’attenzione”. Per Legambiente e Altreconomia tutte le Regioni italiane inadempienti “devono procedere all’immediato adeguamento della normativa regionale ai canoni previsti dalle linee guida nazionali, replicando le esperienze praticate con successo dalle Regioni Veneto e Lazio”. La Conferenza delle Regioni, da parte sua, “deve recuperare il ritardo nella revisione dei criteri sui canoni definiti nel 2006″, e’ previsto che lo faccia almeno ogni due anni- stabilendo (come gia’ fatto per la superficie concessa) non un intervallo ma una cifra di almeno 2,5 euro per il metro cubo imbottigliato o emunto e definendo anche un criterio di penalita’ per chi utilizza le bottiglie di plastica e di premialita’ per chi attua il vuoto a rendere del vetro. “Solo cosi’- concludono Legambiente e Altreconomia- potremo lasciarci alle spalle una pagina davvero imbarazzante per il Paese, quella della ‘lotteria dei canoni di concessione per le acque minerali’, e portare risorse aggiuntive agli enti locali sempre piu’ in difficolta’ economica, gravando davvero poco sulle casse delle societa’ che imbottigliano questa preziosa risorsa”.