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Biodiversità, l’Ispra lancia l’allarme: “In Italia si registra una perdita di specie a ritmi record”

15 aprile 2010 0 commenti

ORSO BRUNOIn Italia la perdita della biodiversità “procede a ritmi senza precedenti”. E’ infatti “in aumento il numero di specie a rischio estinzione nel nostro paese”. In particolare “il 23 per cento degli uccelli e il 15 per cento dei mammiferi rischiano di scomparire per sempre: la percentuale di specie minacciate di vertebrati oscilla tra il 47,5% e il 68,4%”.

 

 

 

Situazione più critica per pesci d’acqua dolce, rettili e anfibi: il 66 per cento di queste specie sono infatti “fortemente a rischio estinzione”. Lo dice l’Annuario Ispra 2009, realizzato dallo stesso Istituto superiore di Protezione e ricerca ambientale, e presentato oggi a Roma.

 

In pericolo anche la flora: sono infatti a rischio il 15% delle piante superiori e il 40% elle piante inferiori. Aumenta invece il patrimonio forestale nazionale, “stimato in circa 5500 ettari l’anno”. In crescita anche le Zone di protezione speciale (Zps) oggi 597 e pari al 14,5% del territorio nazionale, e i Siti di importanza comunitaria (Sic), pari a 2228 e corrispondenti al 15% della superficie italiana. Aumenta poi la densità di verde urbano (riferita ai Comuni capoluoghi di provincia), passata dal 7,8% del 2000 all’8,3% del 2008.

CRESCE IL RISCHIO FRANE

In Italia “si e’ incrementato” il rischio frane, rischio che nel nostro paese corrono attualmente 992.403 abitanti pari all’1,7% dell’intera popolazione italiana. Attualmente, precisa il Rapporto dell’Istituto superiore di protezione e ricerca ambientale, sono state censite “piu’ di 485 mila frane, che interessano un’area di oltre 20.700 chilometri quadrati, pari al 6,9% della Penisola. In Italia a essere interessati dalle frane sono 5.708 comuni italiani. Di questi, continua il rapporto Ispra, 2.940 sono a livello molto elevato di rischio, 1.732 a livello elevato e 1.036 a livello medio.
 A determinare le frane in Italia, precisa Luca Guerrieri, ricercatore del dipartimento Difesa del suolo Ispra, tre fattori.
“Si tratta delle caratteristiche geomorfologiche del territorio italiano, delle condizioni metereologiche- spiega- e quindi ad esempio di inverni con piogge abbondanti, e delle politiche di edificazione”. Inoltre, aggiunge Guerrieri, “quelli che una volta erano semplici fenomeni naturali, oggi diventano disastri perche’ si e’ costruito in aree ad elevato rischio frane”.

EMISSIONI DI GAS SERRA ANCORA LONTANISSIME DALL’OBIETTIVO DI KYOTO

Crescono rispetto al 1990 le emissioni di gas climalteranti in Italia e tra i maggiori responsabili ci sono le industrie energetiche ed il settore dei trasporti.  I dati dell’inventario nazionale delle emissioni di gas serra mostrano che le emissioni _ nonostante un raffreddamento dal 2005 e un lieve calo negli anni successivi _ sono passate da 516,3 a 552,8 milioni di tonnellate di CO2 eq nel periodo 1990-2007, mentre secondo il Protocollo di Kyoto l’Italia dovrebbe riportare le proprie emissioni nel periodo 2008-2012 a livelli del 6,5% inferiori rispetto alle emissioni del 1990, ossia a 482,8 Mt CO2 eq, conseguentemente nel 2007 le emissioni di gas serra sono risultate di 70 Mt superiori a quelle dell’obiettivo di Kyoto (+14,5%). Secondo i ricercatori dellIspra, i principali settori che contribuiscono all’incremento delle emissioni di gas serra sono il settore trasporti (+25,47 milioni di tonnellate equivalenti) il settore industrie energetiche (+20,61 milioni di tonnellate equivalenti), cui si aggiungono il settore residenziale e dei servizi ( +3,71 milioni di tonnellate equivalenti), e il settore rifiuti (+0,52 milioni di tonnellate equivalenti).