Disastro ambientale: 26 arresti per inquinamento dei Regi Lagni
Scarichi comunali abusivi, depuratori che anziché migliorare la qualità delle acque inquinavano, aziende zootecniche bufaline che riversavano liquami nei Regi Lagni. Un disastro ambientale quello emerso in un’indagine durata tre anni, che ha visto due procure, quella di Nola e quella di Santa Maria Capua Vetere, lavorare a stretto contatto, sotto il coordinamento della procura generale di Napoli, rinunciando a interventi parziali, per ricostruire il quadro complesso di responsabilità e omissioni.
Sono 26 gli imprenditori raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare con arresti domiciliari, mentre gli amministratori delegati e i dirigenti della Hydrogest spa, società concessionaria per la Regione Campania della gestione degli impianti di depurazione, che gestiscono tre dei 4 depuratori sequestrati, sono stati raggiunti da misure interdittive dagli uffici direttivi.
Sigilli inoltre a 25 aziende zootecniche. Gli impianti bloccati sono quelli di Villa Literno, Marcianise, Orta di Atella e Marigliano, quest’ultimo gestito dal consorzio “Dondi – Ibc – Impec”. In pratica, la balneazione in tutto il litorale domitio è compromessa dal malfunzionamento degli impianti. Le ipotesi di reato formulate dalle procure rette da Corrado Lembo e Paolo Mancuso vanno dal disastro ambientale, all’avvelenamento delle acque, dalla truffa al danneggiamento di acque ed edifici pubblici, oltre ai reati in materia di smaltimento dei rifiuti.
Agli indagati sono contestati anche l’interruzione di pubblico servizio, l’omissione in atti d’ufficio e la falsità in atti commessa da pubblici ufficiali. Con la collaborazione tecnica dell’Arpac e dell’Enea, realizzato un censimento di tutti gli scarichi e i pozzi abusivi in un’area di circa 1100 chilometri quadrati.
L’antica Campania Felix, come è emerso dalle indagini, è solo un lontano ricordo. I Regi Lagni, canali di deflusso delle acque meteoriche e di approvvigionamento e irrigazione creati dai Borboni, trasformati in fiumi di fanghi altamente inquinanti che confluiscono direttamente sul litorale domitio, dove sono stati registrati valori di inquinamento anche cento volte superiori ai limiti previsti dalla legge.
L’operazione “Acque chiare” ha permesso di scoprire che alcuni comuni casertani, non collegati alla rete di depurazione regionale, imponevano ai cittadini la tassa di depurazione. Nel monitoraggio eseguito dall’Arpac oggi figurano 250 aziende, attive in tutta l’area, che dovranno adeguarsi alla normativa in materia di tutela ambientale. In mare, in questi anni, è finito di tutto: dagli scarichi industriali a quelli fognari, carcasse di animali e di auto, scorie di altoforni, balle di tessuti, rifiuti urbani e fanghi e acque che, pur essendo passati attraverso i depuratori, risultavano più inquinanti che all’origine. (AGI)