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Affondamento della piattaforma Bp nel Golfo del Messico: la macchia nera si sposta verso le coste della Louisiana

26 aprile 2010 0 commenti

Louisiana Oil Rig Explosion
Più che di un timore si tratta ormai di una certezza l’incendio e poi il crollo della piattaforma petrolifera della Bp, 70 chilometri al largo delle coste della Louisiana, nel Golfo del Messico, sta causando un disastro ambientale . Ogni giorno fuoriescono circa 1.000 barili di greggio e le operazioni per tentare di bloccare le perdite sono state interrotte dal maltempo. La macchia nera potrebbe raggiungere le spiagge e la regione paludosa della Louisiana causando un disastro ecologico senza precedenti: secondo la Guardia Costiera dovrebbe però, grazie alle condizioni meoteomarine, rimanere ad una trentina di miglia dalle le coste “per almeno altre 72 ore”.

Il servizio della tv americana MSNBC

Le foto dell\'incidente

Le ricerche degli undici operai dispersi dopo l’esplosione della piattaforma Deep Water Horizon si sono concluse sabato. In tutto erano 126 le persone presenti sulla piattaforma al momento dell’esplosione. I feriti sono 17 di cui quattro in gravi condizioni. La piattaforma estraeva 8.000 barili di greggio al giorno, circa 90.000 litri.

 

 

La BP, inizialmente ottimista sulle possibilità di evitare il disastro, ha assicurato di fare il possibile per bloccare la fuoriuscita di greggio dalle valvole e dalle tubature, un compito che si sta rivelando “estremamente complicato” e “potrebbe non riuscire”, come ha detto il responsabile delle perforazioni della Bp, Doug Suttles. “Stiamo attaccando queste fuoriuscite su due fronti”, ha spiegato Tony Hayward, amministratore delegato di British petroleum. “Stiamo lavorando alla fonte (la piattaforma, ndr) e sulla superficie marina. La squadra ha tutto dispone di tutto il sostegno e di tutte le risorse del gruppo”, ha aggiunto. Ma le operazioni non sono semplici. Bp ha fatto sapere che la perdita si registra in due diverse falle a cinquemila metri di profondita’ sull’impianto di risalita che collega la bocca del pozzo alla piattaforma affondata. Non solo: il capo delle operazioni, Doug Suttles, ha ammesso che ci vorranno dai due ai tre mesi per fermare la fuoriuscita di greggio

 

Durante la notte la macchia si è allargata del 50% e ora copre un’area di oltre 1.500 chilometri quadrati, anche se secondo gli esperti si tratta perlopiù di un sottile velo di greggio sulla superficie. La Deepwater Horizon è affondata giovedì scorso, due giorni dopo una violenta esplosione costata la vita a 11 operai. La Bp ha reso noto che quattro robot sottomarini sono stati dispiegati per impedire che l’incidente si trasformi in un disastro ambientale.

 

Doug Suttles, capo delle operazioni, ha detto durante una conferenza stampa a New Orleans che un’apparecchiatura sistemata sull’imboccatura del pozzo per contenere le perdite si è rivelata in efficace e ha avvertito che ci vorranno dai due ai tre mesi per fermare la fuoriuscita. “Non è stato mai fatto prima”  ha detto, “ma abbiamo al lavoro gli esperti più preparati”. Quello che la compagnia sta cercando di fare, ha sintetizzato l’ingegnere meccanico Richard Metcalf, “è di mettere un tappo di sughero a una bottiglia di champagne”.

 

La Guardia Costiera, che sorvola l’area del disastro, parla di “una perdita molto seria”, anche se per adesso non è minacciata la costa della Louisiana dove la chiazza di greggio potrebbe danneggiare il fragile ecosistema delle paludi. L’incidente di martedì scorso sarebbe stato causato da un tubo di trivellazione che ha innescato un’esplosione che ha sviluppato un incendio di vaste proporzioni. I resti della piattaforma si trovano a 80 km dalla costa della Louisiana. Sul caso giovedì scorso era intervenuto anche il presidente Barack Obama che aveva detto che il governo degli Stati Uniti considera “una priorità” la risposta ad un’eventuale catastrofe ecologica.

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GREENPEACE: SERVIRANNO MESI PER QUANTIFICARE IL DISASTRO

“Serviranno mesi per capire l’entita’ del disastro”. Questo il giudizio di Greenpeace sull’incidente della piattaforma petrolifera della Bp al largo delle coste del Messico. Per Alessandro Gianni’, direttore delle Campagne di Greenpeace, “il disastro della Deepwater Horizon ha smascherato i rischi che corrono anche i mari italiani – in particolare Adriatico e Canale di Sicilia -oggetto sempre piu’ spesso di permessi di ricerca off-shore”. Questo perche’ nel golfo del Messico “il sistema di blocco automatico, che avrebbe dovuto arrestare il flusso in caso di incidente, non ha funzionato”, denuncia l’ambientalista. “Il Governo continua a rilasciare autorizzazioni a valanga, soprattutto in Adriatico e, da ultimo, anche al largo delle isole Tremiti, ma ormai e’ tempo di dedicarsi davvero alle energie rinnovabili e all’efficienza energetica”, aggiunge Gianni’. In questo modo, sostiene, “invece di uccidere i lavoratori, potremmo creare migliaia di posti di lavoro e raggiungere una maggiore indipendenza energetica”. Intanto al largo della Louisiana “il maltempo tiene per ora il petrolio lontano dalle coste”, sottolinea l’ambientalista. Ma, avverte, il petrolio in queste condizioni si emulsiona con l’acqua e “le operazioni di recupero saranno praticamente impossibili”. Il tutto a scapito dell’ambiente marino: come ricorda, “in questo periodo nel golfo del Messico e’ in corso la stagione riproduttiva del tonno rosso e sta cominciando quella di quattro specie di tartarughe marine”. Inoltre, “nell’area sono presenti sei specie di balene e la fascia costiera ospita circa oltre due milioni di ettari di paludi”.

“Potrebbe essere _ avverte Alessandro Giannì _ un disastro superiore anche a quello della Haven, la petroliera con bandiera cipriota affondata nel 1991 al largo di Genova e che segna ancora il nefasto record degli sversamenti del Mediterraneo”. Per l’ambientalista, per evitare il ripetersi di disastri ambientali ed ecologici, “l’unica soluzione e’ smetterla con le esplorazioni off-shore e avviare una decisa rivoluzione energetica”, cosi’ da “poterci liberare dalla schiavitu’ del petrolio e dai pericoli del trasporto degli idrocarburi”, conclude Gianni’.