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Maremoti, il geologo: “Aree costiere italiane a rischio”

29 aprile 2010 0 commenti

tsunamiNegli ultimi 2000 anni vi sono stati 72 movimenti anomali del Mar Mediterraneo che hanno interessato le coste italiane con diversa intensità. Ma le aree costiere italiane a rischio da tsunami, già individuate con vari studi, ancora non sono tutelate da interventi strutturali preventivi né da attive misure di monitoraggio, di didattica e protezione civile. Il rischio da tsunami non è nemmeno preso in considerazione nei piani stralcio per la difesa dal rischio idrogeologico elaborati dalle Autorità di Bacino”.

La denuncia è di Franco Ortolani, direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio dell’Università Federico II di Napoli che oggi in edicola, sul quotidiano ecologista Terra, pubblica uno studio su tsunami e rischio vulcanico nel Mediterraneo.

Il rischio principale sono le scosse legate alle faglie siciliano/calabre e i vulcani sottomarini del Tirreno come il Monte Marsili, come sottolinea anche il professore: “Le aree interessate dai movimenti anomali del mare sono Liguria (14 eventi), Stretto di Messina-Sicilia Orientale-Calabria meridionale tirrenica-Isole Eolie (23), Adriatico (10 ), Golfo di Napoli (10), Toscana (3), Sicilia settentrionale (2), Sicilia meridionale (2), Calabria settentrionale ionica (1), Lazio (1). Enzo Boschi, presidente dell’Ingv, e Guido Bertolaso, capo della Protezione civile – scrive ancora Ortolani su Terra – spieghino perché non si siano attivati, finora, per attivare una moderna rete di monitoraggio per individuare l’innesco di eventuali tsunami e perché non hanno predisposto una legge che consenta di tutelare dagli tsunami le coste, i cittadini e l’economia turistica mediante la redazione di piani per la sicurezza ambientale”.