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Caccia alle balene, il Giappone ci riprova

21 giugno 2010 0 commenti

Una balena Minke pescata assieme al suo cucciolo dai balenieri giapponesi

Una balena Minke pescata assieme al suo cucciolo dai balenieri giapponesi


I balenieri ci riprovano. anche con la corruzione. Da oggi a venerdi’ ad Agadir in Marocco, si svolge la 62/a riunione annuale degli 88 Stati membri della Commissione baleniera internazionale (Iwc) e il summit si apre con sospetti di corruzione. Anthony Liverpool, vicepresidente della Commissione – secondo il Sunday Times – ha accettato voli e soggiorno in hotel di lusso pagati da un’azienda giapponese, uno dei paesi che spingono fortemente per una riapertura della caccia commerciale ai cetacei, contro la quale si battono molti paesi (dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, dalla Francia all’Italia, dalla Germania e l’Australia) e gli ambientalisti.

Nel mirino finisce anche l’Islanda per altri motivi. Bruxelles ha infatti avvertito Reykjavik: va risolta la questione della caccia alle balene. Questo potrebbe essere un ostacolo sulla strada che dovrebbe portare l’isola ad essere il ventottesimo Stato membro dell’Unione. Intanto sul fronte piu’ tecnico il summit si apre con una proposta secondo la quale Giappone, Norvegia e Islanda potrebbero praticare ‘legalmente’ la caccia commerciale alle balene per i prossimi dieci anni, nonostante la moratoria in vigore dal 1986. Cosa che ha fatto arrabbiare gli ambientalisti molto prima dell’inizio della discussione. L’ipotesi caccia, sostengono, anche se a quote, peggiorera’ le minacce per questi animali.

In particolare, l’idea della mediazione sul tavolo delle trattative e’ quella di decidere le quote di pesca dei Paesi cacciatori, piuttosto che continuare ad assistere ad una pratica che dall’avvio della moratoria, 24 anni fa, ha causato la morte di 35mila balene. Si parla di salvare fra 4mila e 18mila animali in un arco di tempo di dieci anni, imponendo quote di cattura inferiori a quelle che Giappone, Islanda e Norvegia si sono nel frattempo assegnati per conto proprio. Il piano costituirebbe comunque un via libera ufficiale ad una pratica vietata per andare incontro ai tre Paesi fuorilegge. Mentre il Giappone pratica la sua pesca ‘a fini scientifici’, Islanda e Norvegia da sempre oppongono obiezioni legali al divieto. Il Giappone avrebbe diritto per i primi cinque anni ad una quota limitata a 410 esemplari l’anno di balenottere minori, da cacciare nelle acque dell’Antartico meridionale; una quota che sarebbe poi dimezzata per i cinque anni successivi. Allo stesso tempo, sarebbe consentita la caccia di 120 balenottere minori nelle sue acque costiere.

Attualmente, Tokyo prevede di uccidere tra le 765 e le 935 balene ogni anno in Antartico, anche se le ultime spedizioni di caccia si sono fermate a quota 507 dopo l’azione disturbatrice degli ambientalisti. Decisamente contrari all’ipotesi quote sono Nuova Zelanda e Australia, in prima fila nella difesa dei giganti del mare. Quindi i tentativi dei cacciatori di prendere consensi. Venerdi’ scorso il vicepresidente Liverpool, che viene da Antigua, ha ammesso di non sapere chi paghi per il suo viaggio: ”So di avere il sostegno attraverso varie agenzie”, ha detto. Ma un’indagine, scrive il Times, ha rivelato che il conto del suo hotel ad Agadir viene pagato dall’agenzia Japan Tours and Travel di Houston (Usa), una societa’ collegata a Hideuki ‘Harry’ Wakasa, gia’ identificato come il ‘mediatore’ che paga segretamente i Paesi caraibici pro-caccia. Dal canto suo il britannico Richard Benyon, sottosegretario alla Pesca, ha detto che ”porra’ il problema di queste accuse molto serie” al summit in Marocco.