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Ue divisa sulla ‘Carbon Tax’, si allontana il taglio delle emissioni di CO2

23 giugno 2010 0 commenti

Emissioni di gas serraLa Commissione europea ha tenuto oggi a Bruxelles, durante la sua riunione settimanale, un “dibattito d’orientamento” sull’ipotesi di introdurre una nuova ‘carbon tax’ nell’Ue, con il risultato di aver reso il varo di una proposta in tal senso meno probabile e più lontana nel tempo.

Inizialmente, il progetto di ‘carbon tax’ era atteso entro l’estate, ma le pressioni dei paesi contrari, che si sono riverberate anche all’interno della stessa Commissione, sembrano aver avuto effetto. Il commissario all’Energia, Gunther Oettinger, non ha partecipato oggi a una conferenza stampa prevista su un altro tema, probabilmente proprio per sottrarsi alle domande dei cronisti sui dissidi fra i suoi colleghi. Quella di oggi, ha detto la portavoce capo della Commissione, Pia Ahrenkilde-Hansen ai cronisti, “era solo una discussione interna, non c’erano decisioni da prendere; si dovevano solo individuare i punti su cui proseguire il lavoro”.

Diversi paesi, tra cui l’Italia (la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ieri e oggi ha espresso la sua opposizione durante una visita a Bruxelles), hanno forti perplessità sull’opportunità di avanzare ora una proposta di questo tipo, che rischia di aumentare i costi dell’energia in un momento di crisi.

Tra i contrari ci sono gli Stati membri fortemente dipendenti dal carbone, (come Polonia e Germania), che temono di essere penalizzati più degli altri, perché la tassa peserebbe maggiormente proprio sulle fonti fossili più ‘sporche’.

Altri paesi, come la Gran Bretagna (che ha una sua ‘carbon tax’ a livello nazionale) e l’Irlanda, si oppongono più per motivi ideologici: non vogliono riconoscere a Bruxelles la possibilità di entrare nel campo della fiscalità, gelosamente custodito dai governi come competenza esclusiva nazionale.

La Commissione aveva concepito questa misura, più che come una nuova tassa, come una revisione dell’attuale sistema di fiscalità dell’energia, che pesa meno sulle fonti più efficienti, come il carbone, e di più su quelle meno efficienti, come il gas. Il commissario alla Fiscalità, Algirdas Semeta, voleva riequilibrare il meccanismo, in modo da penalizzare le fonti che emettono più emissioni di CO2 (il carbone), e alleggerire l’imposizione di quelle che ne emettono di meno (il gas).

Secondo la proposta, che per ora sembra essere tornata nel cassetto, la ‘riconversione’ in chiave climatica del sistema di tassazione dell’energia si sarebbe affiancata, senza sostituirlo, al sistema Ets (la ‘borsa’ dei diritti di emissione) come meccanismo per il contenimento e la riduzione dei gas serra. La nuova ‘Carbon tax’ avrebbe riguardato non l’industria, ma i settori non sottoposti al sistema Ets: agricoltura, turismo, servizi, trasporti.

La tassa, secondo le ultime bozze di Bruxelles, avrebbe dovuto essere di 20 euro per tonnellata di CO2 emessa; più cara, dunque, dei ‘diritti di emissione’ che saranno pagati dall’industria nell’ambito dell’Ets (valutati a 15 euro) a partire dal 2013. Per adesso, comunque, resta tutto allo stadio delle ipotesi.

La Francia è il paese forse più favorevole alla ‘carbon tax’ europea. Da quando un progetto simile a livello nazionale, fortemente voluto dal presidente Sarkozy, si è arenato dopo la sconfitta elettorale della maggioranza alle regionali, Parigi sta spingendo perché la misura sia varata ora a livello europeo.

Favorevole è anche la Svezia, come gli altri paesi nordici, che hanno già una ‘carbon tax’ nazionale in vigore e ben funzionante.