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Balene: ad Agadir nessun accordo. Giappone, Norvegia e Islanda continueranno la caccia. Indiscriminata

26 giugno 2010 0 commenti

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Giappone, Norvegia e Islanda continueranno a cacciare balene. E’ stata infatti un fiasco la Commissione baleniera internazionale (Iwc) che si e’ riunita ad Agadir, in Marocco, e che avrebbe voluto traovare una mediazione che aprendo alla caccia giungesse almeno ad un dimezzamento delle quote dei paesi che di fatto _ con cavilli formali o suppooste pesche a fini scientifici _ di fatto catturano i cetacei.

“Le posizioni dei favorevoli e dei contrari- ha spiegato Stephane Lohuaur, addetto del ministero degli Esteri francese alle convenzioni marittine- erano troppo distanti tra loro per sperare di poter trovare un accordo”. Il rappresentante francese ha quindi fatto sapere che “le riunioni, organizzate in piccoli gruppi, tra i tre paesi cacciatori e gli altri 88 stati membri non hanno portato nessun risultato utile”.

Cosi’ Giappone, Norvegia e Islanda continueranno la caccia alle balene nonostante la pratica sia vietata da una moratoria entrata in vigore addirittura nel 1986 e, ogni anno, uccidono non meno di 1500 balene, che diventano n ben oltre 1800 considerando anche le deroghe per le “cacce tradizionali” come quelle condotte dagli inuit in Groenlandia e in Siberia. Il Giappone, in particolare, si nasconde dietro a un cavillo della convenzione internazionale che autorizza la caccia per fini scientifici, mentre piu’ semplicemente Norvegia e Islanda si muovono _ utilizzando una opposizione formale al bando _ in palese violazione degli accordi internazionali.

In Marocco s’e’ tentata una discutibile e spericolata mediazione: togliere pragmaticamente il bando assoluto alla pesca in cambio di una netta riduzione dei cetacei catturati. Per il solo Oceano Antarico si pensava di  portare a 400 il tetto massimo di esemplari cacciabili annualmente dal Giappone (che oggi si è assegnato una quota di 925 balene minke e 100 tra fin e humpback)  fino al 2015, e portarlo a 200 dal 2016 in avanti. Ma il Giappone, pur felice della rimozione del bando, non era disponibile a ridurre le quote oltre un certo limite e questa proposta _ supportata dagli Stati Uniti _ e’ subito affondata grazie all’opposione di Unione Europea, Australia, Nuova Zelanda e del “gruppo degli 11″ paesi sudamericani guidati dall’Argentina che erano contrari eticamente alla riapertura e ne temevano gli effetti ecologici, perchè fatalmente avrebbe costituito la premessa per un aumento degli esemplari cacciabili nel medio termine.

Greenpeace è molto delusa dell’esito complessivo della conferenza. “Purtroppo, ancora una volta non si e’ raggiunto alcun tipo di accordo per proteggere le balene- denuncia Greenpeace- un’altra riunione fatta di sole chiacchiere, mentre il prossimo anno Giappone, Norvegia e Islanda continueranno a massacrarne impunemente migliaia di esemplari”. I governi riuniti ad Agadir “dovrebbero vergognarsi– commenta Giorgia Monti, responsabile campagna Mare di Greenpeace – di essersi ritirati a discutere a ‘porte chiuse’ per nascondere le loro discussioni sterili che non hanno permesso di fare nessun passo avanti nella protezione delle balene. Ma non possono certo nascondere la vergogna della caccia baleniera e della loro incapacita’ per cercare di fermarla”. A giudizio di Greenpeace “e’ giunto il momento per tutti quei Governi che si schierano per la conservazione delle balene, come l’Italia, di mettere immediatamente in atto azioni politiche decise per porre fine alla falsa ‘caccia per ragioni scientifiche’ del Giappone nel Santuario dell’Oceano Antartico e la caccia della Norvegia e dell’Islanda, portata avanti in totale violazione della moratoria esistente”.

«Nell’anno della biodiversità _ osserva da parte sua il Wwf _ questo è un ennesimo brutto segnale. La Iwc, iniziata lunedi, ha preso la decisione senza precedenti di avviare una discussione a porte chiuse, lasciando fuori la società civile e i rappresentanti dei media e non ha consentito alle Ong di parlare fino a giovedi. La Commissione deve essere più democratica e partecipata e deve occuparsi dei cetacei a tutto tondo, tornando ad avere un ruolo significativo per la loro conservazione». Per l’associazione ambientalista, «non deve più accadere come in questa riunione che la politica ancora una volta scavalchi la conservazione delle balene, non tenendo conto dei dati scientifici». Anche l’Italia, afferma Massimiliano Rocco, responsabile specie Wwf Italia, «deve essere più presente e avere un ruolo più attivo per raggiungere questo risultato».