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Caccia: la Lega vuole usare le aree protette per addestrare i cani. Anche sparando

11 luglio 2010 0 commenti

cacciaNella Lega c’è chi vorrebbe utilizzare le aree protette come centri di addestramento per i cani da caccia. La proposta è del parlamentare Giacomo Stucchi che lancia l’idea del ‘federalismo venatoriò, affidando alle Regioni la competenza di decidere se e quali zone di parchi regionali e nazionali destinare all’addestramento dei segugi.

La finalità della incredibile proposta di legge targata Carroccio è _ secondo il deputato bergamasco componente dell’Intergruppo parlamentare Amici della Caccia _ quella di «contribuire al rilancio dell’economia nelle aree protette, favorendo lo svolgimento di attività legate all’addestramento di cani da caccia, anche attraverso la diffusione del turismo cinofilo». Non si tratterebbe di attività venatoria, sostiene Stucchi nella relazione che accompagna l’articolato della proposta. Ma in realtà quello è. «E’ consentito -recita infatti l’articolo 2 della proposta- l’abbattimento, durante le gare cinofile, della fauna allevata, previamente immessa che, ad ogni effetto di legge, non è considerata selvatica. L’attività svolta nei campi per l’addestramento dei cani non si configura in alcun caso come una forma di esercizio venatorio». Abbattimento, quindi caccia. Raggiungendo quello che molti cacciatori neppure osavano sognare: aprire i parchi alla attività venatoria.

L’approccio è quello di togliere i parchi da quella che i loro nemici chiamano “la campana di vetro” (che in questi anni li ha protetti dalle speculazioni). «È giusto – afferma infattil’esponente leghista- che le attività agricole e quelle venatorie avvengano nel rispetto delle norme di tutela ambientale, ma l’ambiente non è da considerare come un insieme di originarie risorse naturali e incontaminate, ma come il risultato della plurisecolare interazione tra le attività umane e il contesto naturale in cui quelle stesse attività si sono svolte». Un territorio utilizzabile, quindi. E per Stucchi tra le attività che possono «tranquillamente» ritenersi coerenti con le esigenze di tutela delle aree protette, «ma anche rappresentare interessanti possibilità di diversificazione economica, e quindi di produzione di reddito per quelle stesse aree, vi sono sicuramente -insiste Stucchi- le attività cinofile legate all’addestramento dei cani». Compresa la caccia durante l’addestramento. «Le recenti evoluzioni della normativa europea sull’ambiente -sostiene l’esponente leghista – indicano che occorre ricercare l’integrazione tra le misure di tutela degli habitat e delle specie animali e vegetali e le caratteristiche economiche e sociali delle aree interessate. È il superamento di alcune tradizionali rigidità, tipiche di certe forme di ambientalismo». Come dire che i parchi sono utilizzabili, entro certi limiti, anche per la caccia e _ immaginiamo _ per u a lunga serie di attività economiche, dalla costrzione di piste e skilift in montagna, alla costruzione di edifici, al transito con natanti a motore nei parchi marini.

Secondo la proposta Stucchi, all’interno delle aree protette che ricadono nel territorio degli enti-parco, le Regioni «possono istituire zone di riproduzione di fauna selvatica di interesse cinofilo-venatorio da immettere negli ambiti territoriali di caccia pèresenti nelle Regioni stesse». E le amministrazioni regionali possono anche affidare queste stesse zone «a cooperative di giovani residenti nei Comuni interessati o a imprenditori agricoli, singoli o associati». Zone che devono avere un’estensione minima pari a 2 mila ettari e una superficie fino al 10% delle stesse zone «può essere riservata alla realizzazione di centri pubblici e privati di riproduzione di fauna selvatica di interesse cinofilo-venatorio». E i Comuni il cui territorio ricade, in tutto o in parte, negli enti-parco «possono istituire apposite aree di estensione minima pari a 2mila ettari da adibire esclusivamente all’addestramento dei cani da caccia di proprietà di coloro che permangono negli stessi Comuni anche a fini turistici».

I parchi al servizio della caccia è qualcosa che va oltre i limiti della decenza, ma un altro parlamentare – il senatore Valerio Carrara (Pdl) _ sottolinea il segretario dei Verdi Angelo Bonelli, non è stato da meno proponendo un DDL per l’istituzione in Italia del reato di “ostruzionismo agli atti di caccia”. Invece di concentrasi sulla creazione delle condizioni per un corretto esercizio del prelievo venetorio, compresa la repressione del bracconaggio, si vorrebbero punire gli ambientalisti. Premesso che se questi davvero commettono un reato vanno perseguiti come qualsiasi altro cittadino, sono queste le priorità del Paese?

Alessandro Farruggia