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Centomila tonnellate di rifiuti tossici smaltiti illegalmente da azienda marchigiana

16 luglio 2010 0 commenti

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Centomila tonnellate di rifiuti pericolosi, compresi scarti della raffineria di Gela, smaltiti illegalmente fra il 2005 e il 2009 in discariche italiane ed europee, con la copertura di un ufficiale di polizia giudiziaria in servizio presso la procura della Repubblica di Macerata.

I carabinieri del Noe di Roma hanno eseguito undici misure di custodia cautelare – di cui cinque in carcere, quattro degli arresti domiciliari e due dell’obbligo di dimora nel comune di residenza – emesse dal gip del tribunale di Napoli sulla base di indagini del Noe di Ancona nei confronti di indagati nell’ambito di una inchiesta su una associazione per delinquere che gestiva un traffico illecito di rifiuti, e che ha commesso anche reati di truffa aggravata, corruzione accesso abusivo a sistemi informatici. Eseguito anche un decreto di sequestro preventivo del complesso aziendale della Ecoservice srl di Corridonia, nella provincia di Macerata, e di una somma di danaro pari a oltre 89mila euro, corrispettivo dell’evasione dell’«ecotassa».

L’indagine e’ partita da un controllo del Noe nella discarica di Casoria, in Campania. Da li’, gli investigatori del Nucleo per la tutela dell’ambiente hanno ricostruito l’intero percorso dei flussi illegali di rifiuti: un business da 5 milioni di euro per l’organizzazione malavitosa, che poteva contare sulla collaborazione compiacente di produttori, trasportatori, laboratori di analisi e impianti di gestione e discariche di mezza Italia. Accompagnati da formulari, certificati e registri di carico e scarico falsificati, gli scarti, provenienti in genere dal centro-sud (anche dall’azienda multiservizi di Roma e da un sito dismesso di Colleferro) erano diretti nelle Marche, o in discariche della Puglia, dell’Abruzzo, della Lombardia e della Germania, per essere smaltiti dopo essere transitati nell’impianto di Corridonia per un trattamento specializzato fittizio.

Scarti del petrolchimico siciliano, melme, terre e rocce da scavo, miscele di rifiuti pericolosi, fanghi industriali, filtri, ceneri pesanti, fanghi di perforazione, polveri di caldaia e altre sostanze tossico-nocive, contaminate da arsenico, cromo, rame, piombo, zinco e idrocarburi, avrebbero dovuto essere trattati come rifiuti speciali pericolosi. Invece, venivano ‘ripuliti’ solo sulla carta, per risparmiare sui costi di gestione di macchinari e procedure, e avviati a discariche pubbliche, come normali rifiuti. Gli accertamenti hanno rivelato che l’impianto marchigiano riceveva flussi ingenti di rifiuti da molti siti sparsi nel territorio nazionale tra cui quelli pericolosi prodotti dalla bonifica di un sito in dismissione a Colleferro; quelli pericolosi provenienti delle raffinerie di Gela; quelli prodotti dall’Ama di Roma.

I rifiuti, dopo le finte operazioni di lavorazione a Corridonia, che sarebbero state necessarie per trasformarli in rifiuti in non pericolosi, sono stati smaltiti in sversatoi incompatibili con la loro reale natura, tra cui la discarica Senesi di Morrovalle, la discarica Bleu di Canosa di Puglia, la discarica WEV di Dresda in Germania. Il tutto con documenti di accompagnamento contraffatti.

Il titolare della Ecoservice, Pietro Palmieri, si è servito anche di un ufficiale di polizia giudiziaria, il tenente della polizia Provinciale Marcello Cioppettini, in servizio presso la Procura di Macerata, che gli forniva notizie coperte da segreto in modo da sviare le indagini, in cambio di denaro e regali. L’inchiesta, che vede complessivamente 30 indagati, si è sviluppata con appostamenti, perquisizioni e sequestri, consulenze e soprattutto con intercettazioni.