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Green Economy oltre la crisi: negli ultimi anni almeno un milione di posti di lavoro

16 luglio 2010 0 commenti

solareLa Green Economy è per l’Italia, più ancora che per altri paesi, una chiave straordinaria per affrontare le sfide che abbiamo davanti e uscire dalla crisi mobilitando le migliori energie del paese.

Non più una prospettiva futuribile né un impegno da esibire in chiave di marketing. La green economy si sta ormai affermando come uno dei settori pulsanti dell’economia italiana.

Dall’indagine condotta dalla Fondazione Symbola ed Unioncamere con la collaborazione dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, presentata oggi al seminario estivo di Symbola in corso a Monterubbiano, nelle Marche, risulta che il 30% delle piccole e medie imprese manifatturiere italiane (tra 20 e 499 addetti) nella crisi puntano anche su scelte connesse alla green economy, con una percentuale che sale nelle imprese che esportano (33,6%), che sono cresciute economicamente anche nel 2009 (41,2%), che hanno elevato la qualità dei loro prodotti (44,3%).

E spesso sono azioni che si incrociano con una spinta per l’innovazione e per la valorizzazione delle qualità delle risorse umane. L’indagine inoltre individua 317 figure professionali green all’interno di tutte le classi professionali, con picchi oltre il 50% tra i legislatori, dirigenti e imprenditori e più ancora (60.4%) tra artigiani, operai specializzati e agricoltori. Sulla base dell’andamento delle assunzioni green registrate negli ultimi anni si può stimare che tra nuovi occupati e riqualificazione di attività esistenti siano in gioco almeno un milione di posti di lavoro.

Superare la crisi, spiega Ermete Realacci, «è una sfida che l’Italia può vincere se saprà cogliere nelle caratteristiche del suo sistema produttivo le radici di una scommessa sul futuro. Quello che emerge dalla ricerca presentata oggi è il quadro di un’Italia che pur tra ritardi e difficoltà è capace di misurarsi con le sfide di domani».

È questo, rileva Realacci, «il senso della green economy: la prospettiva di un’economia a misura d’uomo che affronta le questioni ambientali scommettendo sull’innovazione, sulla ricerca, sulla conoscenza. È una sfida in cui l’Italia è già presente e può svolgere un ruolo di primo piano se mette in campo le sue qualità migliori. Quelle che sono visibili in controluce nel successo del padiglione italiano all’Expo di Shanghai. Un incrocio unico tra storia e bellezza, made in Italy, comunità e qualità territoriali».

Parliamo di un comparto, dunque, che in pochi anni ha saputo superare la dimensione di nicchia e che ora si candida a fare da traino della ripresa perché crea occupazione, combatte gli sprechi e risponde ai nuovi parametri della crescita sostenibile emersi nel post-crisi. Quando parliamo di green economy, non si intende solo l’insieme delle attività direttamente connesse alle questioni ambientali, rispetto alla sfida del riscaldamento globale, ma la prospettiva ad una transizione dell’economia verso uno sviluppo sostenibile.

Per l’Italia questo significa rilanciare i punti di forza del nostro sistema produttivo (la vocazione manifatturiera, l’orientamento alla qualità e alla creatività, l’immagine internazionale del made in Italy, la flessibilità, le specializzazioni produttive radicate nei territori, ecc.), valorizzando le potenzialità della prospettiva green per superare i nostri punti di debolezza (carenza di materie prime, bassa produttività del lavoro, ridotta capacità di R&D, difficoltà a «fare sistema», ecc.).

Dalla ricerca della Fondazione Symbola e di Unioncamere emerge, inoltre, la risposta a uno dei punti più dibattuti su questo fronte, come coniugare cioè impegno per l’ambiente con le necessità di bilancio: vari studi internazionali hanno dimostrato che gli investimenti necessari alle aziende per rendersi eco-sostenibili vengono ripagati ampiamente dai benefici di medio periodo.

La sfida climatica insieme alla crisi economica come confermato dalla ricerca sta poi spingendo i settori del made in Italy da un lato ad innovare processi sia in termini di efficienza energetica e riduzione dei rifiuti e delle emissioni atmosferiche) e prodotti: dal ceramico che investe sulle tecnologie per la sanificazione degli ambienti e sul fotovoltaico, al settore del legno impegnato nella implementazione di sistemi di certificazione della materia prima, fino al conciario che punta sull’efficienza dei processi e al comparto nautico che sta affrontando il tema del fine vita delle imbarcazioni.