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Oceani, nuovi rischi per l’ecosistema dall’acidificazione delle acque. Il pericolo è la velocità del cambiamento

22 luglio 2010 0 commenti

Mare genericoNuovi rischi per l’ecosistema degli oceani a causa dell’acidificazione delle acque.

Emergono dallo studio svolto da un gruppo di geologi della Statale di Milano in collaborazione con colleghi di Zurigo che sarà pubblicato su Science il 23 luglio. Inserendosi nel complesso scenario dei cambiamenti ambientali legati all’emissione di gas serra, lo studio si è occupato in particolare delle variazioni che si potranno produrre a seguito dei cambiamenti climatico-ambientali sull’Oceano, il più grande e antico ecosistema della Terra.

Il gruppo di geologi dell’Università Statale di Milano ha analizzato un evento di circa 120 milioni di anni fa, durante il quale straordinarie eruzioni vulcaniche hanno introdotto in atmosfera enormi quantità di CO2 (pari a 2000-3000 ppm) facendo scendere il pH oceanico a circa 7,5. Un livello di acidificazione decisamente superiore a quello odierno, anche se raggiunto a un tasso di crescita ben più lento rispetto a quello che si sta verificando oggi.

Studiando microscopici resti fossili di alghe unicellulari planctoniche marine, dette Coccolitoforidi, dotate di una specie di guscio calcitico che dopo la loro morte cade sul fondale oceanico costituendo un sedimento calcareo, i geologi hanno messo in evidenza le variazioni in abbondanza e composizione di questi organismi durante l’episodio di acidificazione oceanica.

Ad una fase in cui si è registrata una diminuzione nel numero di queste alghe, è seguita una fase di “mutazione” di alcune specie, divenute nane o malformate probabilmente come strategia adattativa per sopravvivere in acque divenute acide. Dal punto di vista evolutivo, la crisi di questi organismi non ha tuttavia prodotto estinzioni: la drastica riduzione della loro abbondanza rappresenta un caso di “falsa estinzione”, che in realtà corrisponde al rifugiarsi della specie nelle poche e ristrette nicchie ecologiche poco influenzate dalla perturbazione ambientale.

In conclusione, lo studio ha dimostrato che, “pur subendone gli effetti nella sua totalità, dal plancton al fondo del mare, la vita nell’oceano è in grado di adattarsi alla progressiva acidificazione oceanica associata a riscaldamento globale ed eutrofizzazione”.

Va tuttavia ricordato che “gli esempi geologici presi in considerazione si sono sviluppati su archi temporali di decine di migliaia di anni, il che ha dato agli organismi la possibilità di adeguarsi a concentrazioni di CO2 così alte, mentre i cambiamenti in atto stanno avvenendo a tassi molto più veloci e dunque non è certo che gli organismi avranno a disposizione tempi sufficientemente lunghi per adottare strategie di vita vincenti”.