L’uranio è eterno finchè dura. Rischio deficit, il prezzo potrebbe impennarsi
Nei prossimi anni ci potrebbe essere una carenza di uranio nel pianeta fino a 44mila tonnellate. La stima è contenuta in una analisi del gruppo finanziario RBC Capital Markets.
“La nostra previsione è di deficit molto significativi, a partire dal 2012-2013, che cresceranno fino al 2020 fino a 100 milioni di libbre (44mila tonnellate) – ha affermato Adam Schatzker, uno degli analisti della compagnia – questo si tradurrà in un forte aumento dei prezzi del minerale a partire da fine 2011, inizio 2012 al massimo, e ci saranno riflessi positivi sulle quotazioni delle compagnie legate all’estrazione”. A determinare la carenza, spiega l’analista, sarà il boom dell’atomo nel mondo, specie in Cina e India, unito alla fine nel 2013 delle operazioni di smantellamento dell’arsenale nucleare da parte della Russia, che garantisce attualmente 20mila tonnellate all’anno.
A febbraio 2010 il parco elettronucleare aveva una potenza complessiva, sui dei 436 reattori in esercizio, pari a 370,407 GW. Eppure il suo peso nella torta energetica _ esclusa la Francia e la Lituania e, su scala inferiore, altri paesi come Belgio, Bulgaria, Armenia, Repubblica Ceca, Finlandia, Slovacchia, Svizzera, Slovenia, Svezia, Ucraina e in parte Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone, Germania _ è relativamente basso. Nel 2007 il nucleare copriva il 5.9% del fabbisogno di energia primaria, ma nonostante le nuove centrali in costruzione o in progettazione il nucleare vedrà scendere _ fonte Aiea – la sua percentuale sino al 5-5.2% attorno all’anno 2030. Non è quindi la risposta alla fame di energia del mondo.