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Mafia dell’eolico: sequestrati 1,5 miliardi di beni a imprenditore trapanese

14 settembre 2010 0 commenti

energia-eolicaLa sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, su richiesta della Direzione investigativa antimafia, ha sequestrato beni per circa 1,5 miliardi di euro ad un importante imprenditore siciliano attivo nel settore dell’energia eolica e fotovoltaica. Sotto la lente della magistratura sono finite diverse società le cui sedi sono dislocate tra Palermo, Trapani, Roma, Milano, nonchè alcuni Paesi esteri.

Secondo i magistrati, che si sono avvalsi delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, l’imprenditore avrebbe intrattenuto da tempo legami con alcuni esponenti mafiosi di spicco, dal boss corleonese Leoluca Bagarella, fedelissimo di Totò Riina; a Salvatore e Sandro Lo Piccolo, al superlatitante Matteo Messina Denaro, indicato tuttora come il numero uno di Cosa nostra. Al fine di ricavare protezione e tutela dalla mafia, l’imprenditore avrebbe versato nelle casse delle cosche somme di denaro calcolate sulla base del valore dei lavori commissionati alla società.

“Alla Dia di Palermo e Trapani va il nostro plauso per l’eccellente lavoro che ha portato al maxi sequestro di oggi. Questa operazione ha una doppia valenza perche’ oltre a sferrare un duro colpo alla criminalita’ organizzata, ripulisce un settore che deve rimanere lontano dagli interessi della mafia”. Cosi’ il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, in una nota commenta il blitz antimafia che ha portato al sequestro di beni per 1,5 miliardi di euro a un imprenditore in odor di mafia di Alcamo (Trapani).

“Le rinnovabili sono un comparto in crescita, l’unico che non ha subito gli effetti della crisi , su cui si puo’ basare il rilancio del paese e del Sud in particolare- ricorda Cogliati Dezza- per questo e’ necessario moltiplicare gli sforzi da parte della Magistratura e delle Forze dell’ordine per liberare le fonti d’energia alternativa dal peso delle cosche e permettere che si sviluppino al meglio producendo energia pulita e un’economia sana”.
Ora “non ci resta che attendere il coro stonato di quanti approfitteranno di questi casi d’infiltrazione mafiosa per screditare tutto il settore- attacca il presidente di Legambiente- e per sostenere che sono meglio le trivellazioni petrolifere delle pale eoliche. Anche per questo le mafie si dimostrano per l’ennesima volta veri ladri di futuro”.

“Immaginare che la criminalita’ organizzata non provi a inserirsi in un affare ghiotto come quello delle rinnovabili sarebbe illusorio- aggiunge Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia- questo fatto ci deve dunque responsabilizzare ulteriormente e imporre alla politica gli interventi necessari a rendere impermeabile alla mafia il settore che piu’ di ogni altro puo’ aiutare la Sicilia a superare la sua marginalita’ economica”.

Per questo, “torniamo a chiedere alla politica siciliana di adeguare il piano energetico ambientale regionale a questa esigenza d’impermeabilizzazione- conclude Fontana- rendendo compatibile lo sviluppo delle rinnovabili con la tutela e la valorizzazione del territorio e del paesaggio, cosi’ come previsto dai piani paesistici in fase di approvazione in questi mesi”.
Per garantire uno sviluppo virtuoso dell’energia rinnovabile, Legambiente ritiene “urgente e indispensabile fissare regole efficaci e trasparenti per i progetti di fonti rinnovabili con obiettivi di sviluppo definiti per tutte le Regioni, indicando dove e con quali attenzioni, studi, valutazioni degli impatti si possono realizzare gli impianti”. E’ d’altra parte “altrettanto fondamentale vigilare sulla trasparenza dei processi e fissare impegni precisi per la legalita’”. Per questo l’associazione ritiene “necessario che dal mondo delle imprese arrivi un segnale preciso come quello avviato con la firma da parte dell’Anev del Protocollo di legalita’ tra Confindustria e ministero dell’Interno”.