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Allarme caccia: in Italia almeno 300 mila cacciatori senza abilitazione

28 settembre 2010 0 commenti

400326-cacciaL’attività venatoria in questo paese non rappresenta solo un problema per la biodiversità visto che l’Italia è il crocevia strategico di numerose specie migratorie patrimonio della comunità europea: la caccia è diventato un problema di sicurezza pubblica: a lanciare l’accusa è il Wwf Italia. “L’incolumità dei cittadini è messa seriamente a rischio dato che oltre un terzo dei cacciatori italiani non ha mai sostenuto l’esame di abilitazione all’uso delle armi, avendo la licenza di caccia da più di 40 anni e all’epoca questa abilitazione non era richiesta. Non dobbiamo quindi stupirci se si susseguono ad ogni stagione venatoria gli incidenti di caccia : lo scorso anno le vittime sono state 23 (e 50 i feriti), ma in passato si sono avute sino a 80 vittime. Questi incidenti sono in realtà omicidi colposi che si verificano esclusivamente per imperizia, negligenza e colpa grave da parte dello sparatore, che spesso ignora la pericolosità delle armi che imbraccia” dice Raniero Maggini vicepresidente WWF Italia.

Tra il 30 e il 40% dei 900.000 cacciatori ha più di 60 anni e non ha l’abilitazione all’uso delle armi,  non ha una adeguata conoscenza delle leggi che regolano oggi la caccia, né è stata aggiornata  visto che tale esame è stato instituito soltanto nel 1967 a seguito dell’entrata in vigore della Legge Quadro 799,  la quale sostituiva la precedente farraginosa normativa del Regio Decreto nel 1939. Prima del 1967 non c’era esame o valutazione, era sufficiente pagare le tasse governative e di iscrizione ad un associazione venatoria e il rilascio della licenza di caccia era automatico senza alcuna valutazione di merito, soltanto la condotta morale poteva essere ostativa (precedenti penali, rissosità ecc.). Questo ha permesso il transito in blocco, senza nessun filtro, di 300.000 persone di cui non si conosce nè preparazione, nè perizia nell’uso delle armi.

Ed è per questo che il WWF chiede che anche questa quota di cacciatori si doti di apposita abilitazione in considerazione del fatto non trascurabile, tra l’altro, che le armi usate per alcuni tipi di caccia sono sempre più micidiali. Infatti, altro aspetto che fa della caccia un’attività ad alto rischio per chi la pratica e chi la “subisce” è la pericolosità delle armi stesse, denuncia il WWF.

Chi va a caccia del cinghiale o degli altri ungulati usa e detiene carabine a canna rigata, armi potentissime e precise.  Alcuni modelli di carabine, come il fucile da guerra Kalanishkov oggi demilitarizzato, senza la funzionalità che consente di sparare a raffica, è oggi consentito per l’uso venatorio. Questo tipo di arma, utilizzata per la caccia, può sparare un proiettile (seppur senza alcuna precisione) fino a 3 chilometri di distanza, una  potenza di fuoco inaudita e sproporzionata per il suo uso dilettantistico.

E’ bene precisare che l’attuale norma vigente in materia venatoria, pur consentendo la liceità di acquisto e detenzione ad esempio delle micidiali carabine a canna rigata, ne vieterebbe di fatto l’uso, perché queste armi a lunga gittata non consentono di sparare in sicurezza,  in prossimità di strade, immobili, vie di comunicazione. Tenuto conto che la Carabina Remington calibro 30.06 spara proiettili ad oltre 3.000 metri  e che la legge italiana consente di sparare ad una distanza di almeno una volta e mezzo della gittata massima dell’arma che si imbraccia, la domanda legittima è che fa il WWF: quanti sono i posti in Italia ove in linea d’aria non esistono strade, immobili, vie di comunicazione nel raggio di 4,5 chilometri? Queste armi “da guerra” non potrebbero essere usate in sicurezza in nessun luogo, ecco spiegate le ragioni per le quali sempre più Procure della Repubblica  contestano ai cacciatori  che le usano provocando gravi incidenti di caccia, il reato di omicidio colposo provocato da negligenza, imperizia e/o colpa grave nell’uso e maneggio delle armi, di chi  spara da terra ad altezza preda e spesso uomo.

E infatti in Molise, nei boschi di Civitanova del Sannio, in provincia di Isernia, nei giorni scorsi un cacciatore locale e’ morto per le gravi ferite d’arma da fuoco riportate. Non e’ ancora chiara la dinamica su cui stanno facendo accertamenti i Carabinieri. . La preapertura del primo settembre, infatti, non c’e’ stata su decisione del Tar Molise che ha accolto il ricorso dell’Ente nazionale cinofilia italiana (Enci) e del Comitato tecnico faunistico venatorio del Molise.

Altri incidenti ci sono stati in questi giorni in Veneto: “Il 26 settembre verso le 7.00, a Zerman di Mogliano Veneto, un cacciatore è stato ferito alla gamba dal compagno di battuta alla lepre. Il cacciatore, che è stato ricoverato d’urgenza all’ospedale regionale di Treviso intervenuto con un’ambulanza, pare essere in gravi condizioni». A renderlo noto è stata la Lac del Veneto.
“Incidenti del genere purtroppo risultano sin troppo frequenti -prosegue la Lac- solo nella recente stagione di caccia 2008/2009 in Italia si sono verificati ben 96 incidenti di caccia con 65 feriti e ben 31 morti, tra i quali un cercatore di funghi”. “Le attuali leggi sulla caccia sono ormai inadeguate e sorpassate per una società moderna come la nostra e per le nostre campagne fortemente urbanizzate -ha commentato Andrea Zanoni presidente della Lac Veneto- bisognerebbe bloccare subito la caccia e far rifare seri esami a tutti i cacciatori”.
“Sono troppi i morti e i feriti per incidenti di caccia e non c’è da stupirsene viste le condizioni in cui si caccia con un altissimo numero di cacciatori che esercita la sua attività pericolosa in un territorio tra i più densamente popolati al mondo – prosegue Zanoni – Si tratta di una schiera di dilettanti perchè la stragrande maggioranza dei cacciatori italiani non hanno avuto un addestramento professionale all’uso delle armi, la maggior parte di loro non ha neanche superato un esame in proposito perchè ha preso la licenza di caccia prima che le leggi lo prevedessero ovvero prima del 1977″.

“CAPOFILA” DELL’INSICUREZZA: LIGURIA E LOMBARDIA: CACCIA DI NOTTE E CANCELLAZIONE DELLA DISTANZA DI SICUREZZA

La Liguria si appresta a ‘festeggiare’ l’anno internazionale per la difesa della biodiversità introducendo la caccia al buio, con una proposta di legge palesemente incostituzionale che rischia di produrre migliaia di animali protetti uccisi per ‘sbaglio’ e accrescere il pericolo di incidenti alle persone. Martedi 28 va in aula la proposta di di estendere l’attività venatoria da appostamento fisso di mezz’ora oltre il tramonto.

I cittadini lombardi invece  rischiano di avere i cacciatori nel cortile di casa se passeranno le modifiche  alla legge caccia L.26/93 da martedi 28 in discussione in Consiglio Regionale.

Le modifiche prevedono in modo del tutto illegittimo, visto che la legge nazionale lo vieta di legittimare la pratica del trasporto di armi nei pressi di abitazioni e di strade vicinali ad uso pubblico senza che queste siano in custodia, senza rispettare le distanze di sicurezza fissata ora a 150 metri. Di fatto un cacciatore con un’arma pronta per la carica potrebbe  passare vicino alle abitazioni mettendo in pericolo l’incolumità dei residenti.