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Onu: le città si mobilitino contro le catastrofi naturali

12 ottobre 2010 0 commenti

Ban Ki Moondi BAN KI MOON
Segretario generale delle Nazioni Unite

Il più grande, il più mortale, il peggiore di sempre. Abbiamo letto queste parole troppo spesso nelle testate giornalistiche di quest’anno. Le abbiamo usate per parlare di terremoti, inondazioni e incendi, ma anche per parlare di perdite di vite e di redditi. Probabilmente ascolteremo questi termini ancora per alcuni anni, visto che il cambiamento e i disastri climatici si stanno moltiplicando. A rendere più complessa la situazione c’è il fatto che la società umana sta cambiando. Ci stiamo urbanizzando. Se i terremoti, le inondazioni e le tempeste erano letali già in passato, lo sono ancora di più in un mondo sempre più urbanizzato.
Molte città si trovano sulla costa e sono vulnerabili a tempeste, inondazioni ed innalzamenti del livello del mare. Oltre un miliardo di persone in Asia vivono a meno di 100 km dal mare e due terzi della popolazione dell’America Latina e Caraibica vivono entro un raggio di 200 km dalla costa. Troppe persone vivono in pianure soggette a inondazioni, così come altre vivono su faglie soggette a terremoti. Alcuni costruiscono insediamenti in aree deforestate. Il rischio di essere vittime di disastri si accumula silenziosamente. I disastri naturali costituiscono una minaccia per tutti, ma i più poveri sono certamente i più vulnerabili.
Guardando agli aspetti positivi, stiamo imparando a cooperare. Nella Giornata Internazionale della Riduzione dei Disastri, riconosciamo il contributo dei governi locali e delle comunità nell’incrementare la propria protezione nei confronti delle catastrofi e nella creazione di città e comuni più sostenibili.
Lo scorso maggio, nell’ambito della Strategia Internazionale delle Nazioni Unite per la Riduzione dei Disastri, è stata lanciata la campagna mondiale “Rendere le città più resistenti”. Oltre 100 città, per un totale di circa 110 milioni di abitanti, hanno adottato le “10 Regole Fondamentali” che incrementeranno le difese delle comunità coinvolte nei disastri. I casi di buone pratiche presi a modello includono quelli della Provincia di Albay nelle Filippine, della Prefettura di Hyogo in Giappone, ma anche di Bangkok, Bonn, Città del Messico e Mumbai.
Le 10 Regole Fondamentali hanno come obiettivo quello di tradurre varie idee sulla sostenibilità delle città in soluzioni concretamente applicabili. Raccomandano ai governi di prevedere un budget a favore di tutti – ricchi e poveri – e di investire nella diagnosi dei rischi, nella formazione sulla riduzione della possibilità di disastri, nella protezione dell’ecosistema e nello sviluppo di sistemi di allerta precoce.
Coloro che pianificano l’assetto delle città devono anche tener conto delle principali fonti di rischio nelle aree urbane, come ad esempio quelle causate da management, pianificazione ed esecuzione inadeguati. I processi decisionali dovrebbero essere globali e partecipativi e i principi dell’urbanizzazione sostenibile dovrebbero essere accolti e difesi, soprattutto per il benessere di coloro che vivono nelle baraccopoli o in sistemazioni di fortuna.
La riduzione del rischio di disastri riguarda tutti noi ed ha bisogno della partecipazione e dell’investimento da parte della società civile, dei network professionali, così come di comuni e dei governi nazionali. Nella Giornata Mondiale della Riduzione dei Disastri, voglio lodare le città che lavorano per migliorare la propria resistenza nei confronti dei rischi climatici, ambientali e sociali. A tutti gli altri chiedo: è pronta la vostra città a far fronte a questi rischi?