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2010: anno internazionale della biodiversità

15 ottobre 2010 0 commenti

La biodiversità comprende la varietà di geni, specie, ecosistemi e processi ecologici che costituiscono ed assicurano la vita sulla Terra. Attualmente stiamo assistendo ad una crescente perdita di biodiversità, con conseguenze profonde per il mondo naturale e per il benessere umano. Arrestare la perdita di biodiversità è una delle grandi sfide ambientali del XXI secolo.

La perdita di habitat e di specie continua ad avvenire in dimensioni spaziali e numeriche sempre maggiori, ed in tempi sempre più ridotti, al punto che per alcuni autorevoli rappresentanti del mondo scientifico a livello internazionale ci troviamo ormai coinvolti nella VI° grande estinzione a livello globale. Molteplici sono le cause della perdita di biodiversità, dai cambiamenti climatici alla frammentazione degli habitat, dalla distruzione diretta degli ecosistemi all’introduzione di specie alloctone. Ognuna di queste specifiche cause si manifesta a livello globale e locale ed è riconducibile all’azione della nostra specie. Le attività antropiche determinano sui sistemi naturali pressioni ed impatti oggi paragonabili ai mutamenti apportati in milioni di anni da eventi di natura geologica e climatica. Vittima delle sue stesse azioni finirà con essere in prospettiva proprio l’uomo che a causa della perdita di biodiversità mina le fondamenta della sua casa o ne determina una profonda alterazione delle caratteristiche e delle funzioni rendendola inabitabile per la sua specie e per le altre specie.

La perdita di biodiversità non si misura solo in termini quantitativi, con perdita del numero degli habitat o del numero delle specie, ma anche qualitativi in relazione alla qualità ambientale ed alla percezione degli spazi, dei territori, storicamente abitati da parte delle diverse popolazioni umane.

L’Assemblea Generale dell’ONU ha proclamato il 2010 Anno Internazionale della Biodiversità ponendo all’attenzione del mondo intero la questione dell’impoverimento ambientale del pianeta a seguito della distruzione degli ecosistemi.

Le cause principali sono da ricercare nei cambiamenti degli habitat naturali causati da attività antropiche come la produzione agricola intensiva, le attività edilizie ed estrattive, uno sfruttamento eccessivo delle foreste, oceani, fiumi, laghi e suolo, le invasioni di specie esotiche, l’inquinamento e, sempre di più, il cambiamento climatico. Tutelare la biodiversità significa mantenere la resilienza e la funzionalità degli ecosistemi naturali, sia per il loro valore intrinseco che per i beni e servizi che possono fornire all’uomo. Il depauperamento delle risorse naturali in atto in tutto il pianeta rappresenta un fattore di rischio non trascurabile anche per gli equilibri economico finanziari mondiali.

La Convenzione sulla Diversità Biologica

Sono trascorsi 17 anni da quando, nel corso della Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992, venne firmata la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), una delle tre Convenzioni internazionali definite in occasione del Summit insieme alle Convenzioni sui Cambiamenti Climatici e contro la Desertificazione.

La Convenzione, entrata in vigore il 29 dicembre 1993, indica tre obiettivi principali:

1.Conservare la diversità biologica.

2.L’utilizzazione sostenibile delle sue componenti, in modo durevole.

3.La ripartizione giusta ed equa dei vantaggi derivanti dallo sfruttamento delle risorse genetiche.

Gli aderenti si assunsero l’impegno di raggiungere una significativa riduzione del tasso di perdita della biodiversità a livello globale, regionale e nazionale come contributo per alleviare la povertà, a vantaggio di tutta la vita sulla Terra.

Conformemente all’art.6 della CBD, ciascuna parte contraente elabora per questo strategie, piani o programmi nazionali volti a garantire la conservazione e l’utilizzazione durevole della diversità biologica oppure adatta a questo fine le strategie, i piani ed i programmi esistenti; integra, per quanto possibile ed opportuno, la conservazione e l’utilizzazione durevole della diversità biologica nei suoi piani, programmi e politiche settoriali o plurisettoriali pertinenti.

Con la definizione della Strategia nazionale per la biodiversità, ogni Paese dovrebbe identificare le componenti della diversità biologica importanti per la conservazione e l’uso sostenibile; effettuare un monitoraggio, attraverso campionamento o altre tecniche, sulle componenti della diversità biologica; identificare i processi e le categorie di attività che hanno o potrebbero avere degli impatti negativi importanti sulla conservazione e sull’uso sostenibile della diversità biologica ed effettuare un monitoraggio sui loro effetti; mantenere ed organizzare in forma utile ed accessibile i dati relativi al monitoraggio, alla gestione sostenibile e all’analisi delle minacce.

La Strategia nazionale per la biodiversità dovrebbe riassumere i principali obiettivi da perseguire per la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità, anche attraverso specifici Piani di Azione che, settore per settore, identificano le azioni che si intendono mettere in atto, i modi ed i tempi. I Piani d’Azione dovranno essere redatti sulla base delle informazioni rese disponibili dalla ricerca scientifica ed attraverso la partecipazione dei diversi attori sociali ed economici dei settori interessati. Il coinvolgimento dei diversi e numerosi attori sociali ed economici richiede un impegno gravoso ma importante al fine d’integrare le necessità di conservazione della biodiversità nei diversi settori produttivi di un Paese. Questo approccio partecipativo rappresenta una delle innovazioni della CBD, l’integrazione delle necessità di conservazione della biodiversità nelle politiche economiche di settore viene considerata una delle sfide politiche più importanti per la conservazione della biodiversità. La CBD riconosce quindi, per la prima volta, che la conservazione della diversità biologica è parte integrante del processo di sviluppo economico e sociale.

Per l’attuazione della CBD è stato definito un approccio “ecosistemico”, come metodologia che considera la comunità umana come parte integrante degli ecosistemi e dei meccanismi che li regolano. I principi generali dell’approccio “ecosistemico” possono essere riassunti come segue:

1.Le comunità che vivono in un’area sono responsabili della conservazione della biodiversità. Per una efficace azione di conservazione della biodiversità è indispensabile responsabilizzare le comunità locali riguardo la gestione delle risorse naturali. Per questo devono essere coinvolte nel processo decisionale riguardo la gestione delle risorse naturali del loro territorio e devono prendere parte della ripartizione dei benefici.

2.La sostenibilità si regge su tre pilastri: ambiente, economia e contesto socio-culturale. Per garantire che la gestione di una risorsa naturale sia durevole, tutti e tre gli ambiti devono essere rispettati. Nessuna attività infatti potrebbe svolgersi in modo sostenibile se crea un danno ambientale tale da compromettere lo sfruttamento della risorsa in futuro e la produttività dell’ecosistema, se i costi totali dell’attività di sfruttamento sono maggiori dei ricavi, se l’impatto nella struttura sociale e culturale delle comunità locali è negativo.

3.Per gestire un ambiente bisogna unire le conoscenze scientifiche e quelle tradizionali. Integrare le conoscenze scientifiche con i sistemi tradizionali di uso delle risorse ambientali è dimostrato essere ormai un approccio indispensabile.

4.Le attività di gestione devono essere attuate attraverso il sistema di adaptive management. Il sistema dell’adaptive management non è altro che la standardizzazione di un sistema di ciclo di progetto che consente di ridefinire periodicamente le attività sulla base dei successi o degli errori riscontrati.

Nell’aprile 2002, i paesi firmatari  della Convenzione, hanno deciso entro il 2010 “una riduzione significativa dell’attuale ritmo di impoverimento della biodiversità a livello mondiale, regionale e nazionale col fine di contribuire all’attenuazione della povertà e al profitto di tutte le forme di vita sulla Terra”.

L’azione dell’Unione Europea

per la Biodiversità

Anche l’Unione Europea si è posta l’obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 adottando una nuova Strategia europea dal titolo significativo: “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 e oltre. Sostenere i servizi ecosistemici per il benessere umano”. Nelle sue conclusioni il Consiglio europeo sollecitava gli Stati membri della UE a rafforzare ulteriormente l’integrazione degli obiettivi di conservazione della biodiversità nelle politiche e nei programmi di tutti i settori pertinenti. Il Consiglio europeo ha inoltre posto l’accento sulla necessità di continuare ad aggiornare e attuare le Strategie nazionali in materia di biodiversità e sottolineava la necessità di migliorare il coordinamento e la complementarietà tra le Strategie in materia di biodiversità a livello di Stati membri e di Comunità.

La Strategia ha rappresentato un importante ed inedito approccio dell’Unione Europea alla conservazione della biodiversità, perché riguardava sia la Comunità che gli Stati membri, specificando il ruolo di ciascuno di essi in merito ad ogni azione proposta.

Le analisi e le valutazioni dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (European Environment Agency – EEA) hanno dimostrato il fallimento dell’obiettivo 2010. L’Agenzia Europea per l’Ambiente sottolinea che per mantenere la biodiversità e gli ecosistemi in buono stato, è necessario integrare urgentemente questi aspetti nelle rilevanti politiche settoriali, specialmente: agricoltura, foreste e pesca.

Il Consiglio Ambiente dell’UE ha evidenziato, nelle Conclusioni adottate il 2 marzo 2009, la necessità di stabilire, al più tardi nella metà del 2010, una visione e degli obiettivi post – 2010 sulla conservazione e uso sostenibile della biodiversità nell’Unione Europea.

Con la comunicazione della Commissione Europea del 19 gennaio 2010, “Soluzioni per una visione e un obiettivo dell’UE in materia di biodiversità dopo il 2010”, viene esplicitata la visione a lungo termine dell’UE per la biodiversità, viene evidenziata una tempistica chiara (fino al 2050) e sottolineata l’urgenza della situazione critica della biodiversità e l’importanza dei servizi che questa offre. Il 2020 viene identificato come obiettivo chiave per permettere di tradurre la visione in realtà, obiettivo misurabile, realizzabile ed efficace sotto il profilo economico per contribuire alla realizzazione degli impegni che l’UE ha assunto a livello internazionale nel campo della biodiversità.

Le conclusioni del Consiglio d’Europa del 15 marzo 2010 recepiscono tali indicazioni e sanciscono che la biodiversità e i servizi ecosistemici – il capitale naturale mondiale – devono essere preservati, valutati e, nei limiti del possibile, ripristinati per il loro valore intrinseco in modo che possano continuare a sostenere la prosperità economica e il benessere umano ed evitare mutamenti catastrofici legati alla perdita di biodiversità.

Con le nuova strategia al 2020 l’Europa rilancia quindi l’applicazione dall’articolo 6 della CBD.